Beppe Ghisolfi, pioniere dell’educazione finanziaria e della letteratura dedicata a temi economici in Italia, è un banchiere europeo, consigliere dell’Istituto Mondiale delle Casse di Risparmio WSBI. Leader della finanza internazionale, premiato nel 2022 a Venezia con il Leone d’Oro alla Carriera, il nostro illustre connazionale non conosce la noia e nel tempo libero si dedica al piacere della scrittura. I suoi libri? Best seller, da migliaia di copie.

Qual è la sua carta di identità?

Sono nato a Cervere (Cn), nel 1949, da una famiglia molto modesta. Le mie origini mi fanno tenere sempre i piedi per terra. “Rimani umile, non montarti la testa”, era l’insegnamento principe di mia madre. Quando credi di possedere qualcosa, di aver fatto carriera, di aver raggiunto un obiettivo, il giorno dopo può capitare un imprevisto qualsiasi e sei di nuovo travolto dagli eventi. Bisogna mantenere la calma, questo è quello che conta, osservare ciò che accade attorno a noi e comportarsi di conseguenza.

Italo Calvino nelle “Lezioni americane” per tener testa alle sfide del nuovo millennio propone sei parole chiave; una di esse è la leggerezza. Quanta importanza ha per Lei questa condizione esistenziale?

Tantissima. Mi ritengo un uomo molto impegnato quando devo fare sul serio, ma nel quotidiano la leggerezza, per me, conta parecchio. Tutto va preso con un po’ di ironia e di autoironia. Nulla a che vedere con la superficialità. Nella vita, però, è fondamentale dare il giusto peso alle cose, evitando o perlomeno dando scarsa importanza a ciò che è superfluo o dannoso.

Banchieri è il titolo di uno dei suoi libri che, edito nel 2018 da Aragno, analizza in un’insolita prospettiva la storia economica dell’Italia negli ultimi cinquant’anni e non solo. Ce ne parla?

Molte volte immaginiamo i banchieri come degli uomini di potere freddi e distaccati. Raccogliendo interviste e testimonianze autobiografiche dei maggiori protagonisti italiani della finanza allora viventi, ho voluto sfatare questo luogo comune e descrivere la storia economica italiana dal punto di vista di chi l’ha fatta e vissuta in prima persona, senza essere sottoposto a indagini, né coinvolto o travolto dalla crisi. Luigi Abete, Giovanni Bazoli, Letizia Moratti, Gian Maria Gros-Pietro, Antonio Patuelli sono alcuni dei 35 banchieri, che si sono prestati nel descrivere la propria vita, non solo dal punto di vista lavorativo, ma anche e soprattutto umano, tratteggiando di se stessi un ritratto semiserio e raccontando alcuni episodi inediti, di cui i giornali non hanno mai dato notizia.

In tv i programmi dedicati alla cucina sono parecchi. Ne servirebbe almeno uno sull’educazione finanziaria?

Ciascuno di noi ogni giorno ha a che fare con un conto corrente, un mutuo, un tasso d’interesse e, così come non si può leggere se non si sa l’alfabeto, per affrontare la routine giornaliera occorre avere qualche nozione di economia. Il livello di conoscenza dei termini finanziari da parte della gente comune spesso risulta inadeguato. Sono numerosi coloro i quali non hanno la consapevolezza culturale delle parole mutuo a tasso variabile o fisso, spread, PIL.

Se spieghiamo il significato di questi sostantivi al grande pubblico, facciamo un bene alla collettività e facilitiamo i rapporti dei clienti con le banche. Un minimo di competenze di base in questo campo risulta essenziale, perché è fondamentale tutelare i propri risparmi, possibilmente facendoli pure rendere.

Il piccolo gruzzolo che possediamo è frutto del sudore di una vita, dobbiamo essere coscienti delle scelte che facciamo. Pensavo al valore etico del risparmio, quando ho scritto Il bignamino. Le parole indispensabili per la sopravvivenza nella crisi finanziaria. Di conseguenza ritengo molto valida e utile la proposta di una trasmissione che, con l’ausilio di un linguaggio divulgativo ed accessibile, spieghi il lessico finanziario e il mercato dei capitali.

Ritiene importante educare i più giovani all’economia e alla finanza?

Lo ritengo imprescindibile. Tenni le prime lezioni sul risparmio e sul credito nelle scuole medie una trentina di anni fa. Allora non ne parlava nessuno. Nel 2014 scrissi pure un Manuale di Educazione finanziaria rivolto agli studenti. Inizialmente lo feci stampare come banca e lo regalai agli istituti scolastici che ne fecero richiesta. Volevo fosse un’opera di divulgazione e così fu. Questo libretto ebbe fortuna. La chiave del suo successo? Un ragazzino di terza media legge e capisce i concetti, espressi in modo semplice e chiaro. Casualmente scoprii che sul quotidiano Milano Finanza Angelo De Mattia, ex direttore centrale della Banca d’Italia, nei suoi articoli elogiava il mio impegno nelle scuole. Tutti pensavano che fossimo amici da tempo. Lo conoscevo solo di nome, ma non l’avevo mai visto e non gli avevo mai parlato. Lo conobbi anni dopo.

Nel 2022 con la stesura di Abbecedario. Le parole dell’economia, dedicato ai ragazzi dai sei ai quattordici anni, aggiornai e arricchii il precedente Manuale dei termini italiani e inglesi che negli ultimi anni sono entrati nel linguaggio comune. Tutt’ora porto avanti la mia battaglia per sviluppare politiche educative in campo finanziario nelle scuole e dal prossimo anno scolastico l’educazione finanziaria sarà inserita come materia nell’insegnamento dell’educazione civica.

A parer mio, però, nella programmazione scolastica l’educazione finanziaria dovrebbe essere una materia autonoma e obbligatoria, come negli USA. Negli Stati Uniti il livello di preparazione degli studenti sull’economica è superiore a quello degli studenti in Italia. I giovani statunitensi si occupano dei risparmi in modo più completo e sanno districarsi con maggior facilità nel mondo della finanza.

Qual è il suo rapporto con i giovani?

Ho 75 anni e adoro i giovani, li ritengo simpatici, brillanti. I ragazzi per me sono il futuro. Con loro ho un rapporto splendido. All’Università tengo delle lezioni come docente, ma lo scorso anno accademico e anche quest’anno mi sono calato nei panni di studente e ho frequentato un master all’Ateneo di Torino. Con alcuni compagni di studio ho stretto una profonda amicizia, tant’è che sono stato anche invitato ai loro matrimoni. Invece altri compagni d’Università mi chiedono consigli di lavoro. Poi, andando nelle scuole, trovo i giovani educatissimi. Quando parlo, loro restano a bocca aperta, non fiatano e al termine della relazione si dimostrano interessati nell’approfondire l’argomento con domande. Si nota che sono desiderosi di conoscere e questa è un’ottima impressione.