Il luogo dove noi viviamo, il nostro mondo, è formato da una varietà straordinaria di esseri viventi, talmente differenti gli uni dagli altri che, sono certo, un alieno difficilmente li ricondurrebbe allo stesso luogo d’origine. Pensate alla differenza tra un essere umano e un’aragosta o tra un’ameba e un elefante. Differenze fisiologiche, biologiche, ma anche di comportamento e di adattabilità all’ambiente.
Una delle differenze che salta all’occhio e che mi ha sempre intrigato è di quante “cose” abbiamo bisogno noi esseri umani per vivere, rispetto alle altre specie. Sarà grazie alla cosiddetta evoluzione, ma sta di fatto che noi oggi non siamo in grado di sopravvivere, se non grazie a tutta una serie di strumenti e di apparati che abbiamo predisposto nel corso dei millenni. Non parlo solo di strumenti che ci rendono possibile la sopravvivenza, come i vestiti e le case, o di quelli sviluppati nei secoli come i mezzi di locomozione, le strade, gli acquedotti, le fognature, il riscaldamento, ecc., ma anche e soprattutto, degli apparati burocratico-amministrativi, dalla politica alla magistratura, dalle forze armate a quelle di polizia.
È vero che ci sono altre forme di vita che necessitano molto più del loro semplice corpo per sopravvivere, come, per esempio, le api, le formiche, le termiti, tutte forme di vita comunitarie che hanno sviluppato una cooperazione sofisticata, caratterizzata da una elevata specializzazione. Ma ci sono altre specie che hanno trovato un modo per vivere in comunione che si scosta leggermente dal concetto di vita sociale, così come lo intendiamo noi. Forme di vita che hanno adottato un sistema collaborativo più flessibile, come i lupi che prevalentemente sono solitari, ma si uniscono al branco in occasioni particolari, come la caccia; oppure alcuni tipi di uccelli, come gli storni che, quando sono con e nello stormo, formano disegni meravigliosi nel cielo muovendosi all’unisono, ma poi vivono la propria esistenza insieme alla propria compagna nel loro nido. Non sono un biologo o un naturalista, ma credo ci siano decine di esempi simili in natura, dove c’è un bilanciamento tra vita sociale e privata, dove non ci si immola per la collettività, ma c’è un giusto rapporto tra individuo e società.
Stiamo attraversando un periodo della storia umana che molti osservatori e commentatori non esitano a definire di transizione. Naturalmente tutti ci auguriamo che sia una transizione verso una condizione umana migliore. Mi vengono in mente un paio di considerazioni, a questo proposito. Se c’è una transizione chi l’ha decisa e voluta, oppure si tratta di un fenomeno spontaneo? Possiamo noi in quanto membri della società umana, partecipare a questa transizione non da spettatori, ma da attori consapevoli?
Direi che le risposte a queste due domande sono abbastanza scontate: la transizione in atto, se c’è, non è un fenomeno spontaneo e naturale, proprio perché implica tutti quegli apparati di cui ho parlato in precedenza - ai quali, in questo caso specifico, possiamo aggiungere l’economia, la finanza e l’industria - e che sono stati creati da noi nel corso dei millenni e quindi ben poco hanno a che vedere con qualcosa di naturale e spontaneo. E no, noi non siamo chiamati a partecipare a programmare la transizione, ma ci viene solo chiesto di approvarla, se non di accettarla o, dovrei dire, di subirla.
Ad ogni modo, ammesso che le cose stiano così, nulla ci vieta di credere che noi siamo fondamentali tanto quanto lo è una goccia, senza la quale non ci sarebbe il mare e, pertanto, di credere di poter esprimere la nostra opinione sulla direzione intrapresa dall’umanità, ammesso che sia palesata.
Facciamo una prova, facciamo finta che il manovratore chieda la nostra opinione sulla direzione da intraprendere per consentire l’evoluzione della società umana: riuscite ad immaginare un modo completamente nuovo, diverso, innovativo di intendere la nostra vita in questo mondo? Abbiamo molti esempi di come le cose potrebbero cambiare nei prossimi anni, ma la maggior parte di loro sono negativi, apocalittici, come quelli suggeriti da Orwell, Huxley, Dick e molti altri che come loro hanno prospettato una condizione non proprio idilliaca per noi nel futuro. Ma proviamo, per una volta, a lasciare libera la nostra fantasia e i nostri desideri, a non sentirci legati da nessuna restrizione e vediamo cosa riusciamo a pensare.
Siamo esseri sociali, su questo vi sono pochi dubbi, anche se non siamo ancora in grado di vivere pienamente e serenamente la relazione con i nostri simili, mi pare del tutto evidente, ma non siamo neppure fatti per condurre la vita in solitudine.
Ma la nostra incapacità a relazionarci con il prossimo non si trasformerà in un’attitudine positiva e propositiva tramite le norme che ci siamo dati. Pensate che si possa vivere in un mondo migliore se le regole fossero più restrittive? Avrò un sano rapporto con il mio vicino se la legge prevedesse regole inflessibili e condanne severe? Saremo così tutti fratelli?
L’evoluzione su questo pianeta sceglie quasi sempre le strade più semplici, come l’acqua che scorre trova sempre il modo per continuare a farlo seguendo strade praticabili, non andando in salita. Probabilmente altrettanto ha fatto l’essere umano: ha trovato più semplice darsi delle regole esteriori, piuttosto che concentrarsi su un apprendimento del sé che, probabilmente, potrebbe aiutarci nelle nostre relazioni e non solo. Proviamo per una volta ad essere seri, ad andare all’origine dei problemi, a cercare di capire se c’è il modo per risolverli o se dobbiamo conviverci accettando la nostra condizione imperfetta, anzi, altamente imperfetta.
Per fare ciò bisogna essere disposti a soffrire molto, soprattutto inizialmente, perché si tratta di scardinare completamente il senso del sé. Bisogna essere disposti a farsi del male, a scavare senza pietà nel profondo del nostro essere o, come diceva ironicamente Gurdjieff, a “tuffarsi nelle galosce del profeta”. Quindi… non lo facciamo, perché questo significherebbe uscire dal guscio, dal nostro nido, dal nostro luogo sicuro e aprirci all’ignoto. Questa è la vera fede. Molto più facile seguire le regole che altri hanno pensato per noi; molto più semplice accettare questo sistema sociale piuttosto che darsi da fare per pensarne un altro; molto più comodo crogiolarsi nelle nostre abitudini. E poi ci definiamo esseri evoluti. Di che tipo d’evoluzione è protagonista chi è obbligato a lavorare 10/12 ore al giorno, in cronica insufficienza di tempo e di denaro e che il pochissimo tempo libero a sua disposizione lo passa annichilito davanti a uno schermo, televisivo o meno?
In migliaia di anni siamo riusciti a inventare cose meravigliose e utili, a sviluppare abilità artigianali e artistiche che ci avvicinano al divino, a scrivere testi e poemi che rimarranno per sempre patrimonio dell’umanità, ma il massimo che siamo riusciti ad elaborare come sistema sociale è quello in cui viviamo, un giardino per l’infanzia dove poter esternare tutti i nostri lati migliori, come la corruzione, la disonestà, la violenza, l’ingordigia, l’egocentrismo, la smania di protagonismo e qui mi fermo per decenza.
Non sappiamo fare niente di meglio che saccheggiare la Natura, causando sconvolgimenti che mettono a rischio la nostra stessa vita sul pianeta per poter produrre, vendere, comprare in un contesto di guerre, violenze, imposizioni, corruzione, ipocrisie?
Molti anni fa ho conosciuto una persona che riusciva ad avere uno sguardo interessante sul futuro dell’uomo e, proprio per questo, fondò una sua società della quale feci parte per qualche anno. Ma prima di mettere in pratica il suo progetto chiese a tutti noi che eravamo intenzionati a seguirlo in questa nuova strada, di immaginare la società che volevamo creare, di pensarla e di pensarla con una certa intensità e positività perché, diceva, la società che vorremmo deve prima nascere dentro di noi, dobbiamo pensarla, crederci, farla crescere in noi stessi e poi mettere i nostri pensieri in pratica. Così facemmo e quella società esiste da più di 40 anni e resiste, nonostante quello che la circonda.
Proviamo a pensare in un modo diverso, proviamo a immaginare un mondo completamente diverso, qualcosa del genere l’aveva sintetizzato John Lennon in Imagine: “Immagina che non ci siano nazioni, non è così difficile farlo, nessun motivo per uccidere o per cui morire e nemmeno nessuna religione, immagina che tutti vivano una vita in pace”… È così difficile?
Sì, se pensiamo che si possa giungere a questo tramite il modello societario in essere. Una società basata sulla produzione di beni assolutamente inutili, dove l’obiettivo primario è il profitto di pochi e non il benessere dei suoi componenti, dove tutti, nessuno escluso, sgomita per avere un posto in prima fila, dove l’apparire è assolutamente più importante e gratificante dell’essere, secondo voi potrà mai portare a un futuro radioso, a un essere evoluto?
Proprio stamattina ho sentito al notiziario che i nostri cari parlamentari hanno modificato la legge che regolamenta il loro vitalizio e da oggi ne avranno diritto anche se non completeranno la legislatura. Pensate quindi che queste persone stiano facendo tutto per il vostro bene?
Modificare qualche legge o indirizzarci verso un’economia verde (economia verde è un ossimoro) non servirà assolutamente a nulla, sarebbe come spalmare un po' di Nivea su Jan Palach, pace a lui. Non abbiamo bisogno di piccoli aggiustamenti, ma di una revisione totale del nostro modo di stare al mondo.
Se sono onesto, se mi sono evoluto e non ho nessun desiderio di prevaricazione, se per me è inconcepibile “fregare” il mio prossimo che bisogno ho di una legge che mi punisce se, per esempio, frodo il fisco? Non lo farò mai, perché non sono così, non è nella mia natura esserlo. Come per questo esempio, così potrebbe essere per tutte le altre situazioni dove un rigore etico-morale annullerebbe l’esigenza di qualsiasi legge. Io non ho bisogno di regolamentare la mia vita, perché le regole interiori che mi sono dato sono molto più forti di quelle che un qualunque giurista potrà mai immaginare.
Lasciamo andare la nostra immaginazione, apriamoci all’ignoto con fiducia e positività, osiamo addentrarci in terreni mai sondati e ricordiamoci che se noi siamo qui è grazie ad una lunga coda di persone, i nostri antenati, che hanno fatto in modo che noi fossimo qui oggi e siamo responsabili verso di loro di come conduciamo la nostra vita.
Considerate la vostra semenza: fatti non foste per viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza.