Il triennio 2019-2021 verrà ricordato per aver condensato le celebrazioni di grandi artisti e letterati italiani: Leonardo, Raffaello, Dante e Caravaggio.
Innumerevoli le mostre dedicate al genio di Leonardo da Vinci (1452-1519) in occasione delle celebrazioni per il cinquecentenario dalla morte. Tra queste quella sulle indagini scientifiche alle Scuderie del Quirinale; di Palazzo Vecchio a Firenze dove sono stati esposti fogli scelti dal Codice Atlantico; del Museo Teylers di Haarlem, la più importante mostra di disegni di Leonardo mai tenutasi in Olanda.
Nel 2020 abbiamo le celebrazioni per il cinquecentenario della morte di Raffaello Sanzio (1483-2020) con molte mostre allestite soprattutto nelle Marche e nella sua Urbino, come quella alla Galleria Nazionale delle Marche, Raphael Ware. I colori del Rinascimento, dove sono stati presentati 147 esemplari di maiolica italiana rinascimentale. Anche Roma ha fornito il suo contributo con la mostra alle Scuderie del Quirinale, dove sono stati esposti circa 200 lavori, dipinti e disegni di mano dell’artista e opere di confronto, e con l’evento multimediale intitolato Raffaello nella Domus Aurea. L’invenzione delle grottesche, con apparati interattivi e multimediali che hanno descritto la storia e l’arte di una delle domus più note al mondo, che con la sua scoperta ha segnato e influenzato l’iconografia rinascimentale.
Nel corso dei secoli il “Sommo Poeta” Dante Alighieri è stato ammirato, citato, imitato come il vertice enciclopedico, politico, mistico, ma anche eretico ed esoterico della poesia di sempre. Dalla sua morte (14 settembre 1321) sono trascorsi settecento anni eppure le tracce della sua opera restano vivide nel nostro immaginario collettivo e nella nostra lingua, frutto di un pensiero che ancora oggi continua a parlarci. Molte sono anche le mostre che esaltano l’evento, allestite soprattutto nelle tre città dantesche, Verona, Ravenna e Firenze, tra queste la Galleria degli Uffizi ha proposto la mostra on-line A riveder le stelle, dedicata alle 88 illustrazioni cinquecentesche della Divina Commedia eseguite da Federico Zuccari (1539-1609), mentre il Museo Galileo ha realizzato la mostra Dall’Inferno all’Empireo - Il mondo di Dante tra scienza e poesia sulle competenze scientifiche di Dante nella cultura del suo tempo.
L’intimo tormento di Caravaggio
Il 29 settembre 1571 nasceva a Milano Michelangelo Merisi, detto universalmente Caravaggio. A 450 anni di distanza diverse sono gli eventi e le mostre che lo celebrano, come quella ai Musei Capitolini Il tempo di Caravaggio, dove è stato esposto il famoso Ragazzo morso da un ramarro; a Palazzo Reale di Milano Dentro Caravaggio, con l’esposizione di venti capolavori dell’artista provenienti dai maggiori musei italiani ed esteri, dove le opere sono state accompagnate con apparati multimediali e da immagini radiografiche.
Anche all’editoria non è sfuggita la data e nel 2021 sono stati pubblicati alcuni libri significativi come Caravaggio. Tormenti e passioni, edito da Solfanelli, che mette in evidenza il conflitto fra l’interiorità di Caravaggio ed il mondo a lui esterno. Fertile protagonista di una vita violenta e tormentata vissuta nelle strade più malfamate tra prostitute e ladri e la raffinata cultura dei palazzi nobiliari del primo Seicento, Caravaggio assassino e raffinatissimo pittore, viene analizzato nelle valenze ideologiche delle opere prodotte e nelle sue passioni e i suoi tormenti.
Storie di passione
In effetti la pittura di Caravaggio è partecipazione e testimonianza al dramma dell’umanità, incline ad una identificazione esistenziale dell’arte e del peccato, è pura catarsi, le sue tele emanano una coscienza tragica, un fervore spirituale che si concretizzano nella trasposizione di immagini quotidiane in immagini mistiche, assistendo al passaggio da una pittura di simboli ad una vita che è essa stessa simbolo.
Le caratteristiche comportamentali di Caravaggio, come il rifiuto di ogni legame familiare, le nevrosi e il narcisismo, sono interpretabili soltanto in chiave psicoanalitica, certamente già a Milano, dove collaborava con l’artista Simone Peterzano, aveva avuto modo di esternare tutta la sua violenza, anche uccidendo un amico.
Poco più che ventenne, nel 1593, giunse a Roma, quando nella città gli artisti lavoravano soprattutto, e ancora, alle vaste decorazioni ad affresco nel Laterano o nel Vaticano. Per il giovane riuscire ad ottenere un incarico del genere avrebbe significato sicurezza e garanzia, ma essendo inesperto di quella tecnica, questo non poteva avvenire. Inoltre, il suo carattere fortemente asociale e aggressivo, mal si sarebbe adattato ad un lavoro di gruppo indispensabile in un cantiere dalle vaste dimensioni.
Per Caravaggio sono anni di miseria e sono pure gli anni in cui Clemente VIII Aldobrandini (1592-1605) impone una violenta sterzata repressiva per ripulire la vita di strada a Roma: la prostituzione e l’omosessualità vennero poste fuori legge. Dopo aver realizzato la Buona ventura (1593-1594, Pinacoteca Capitolina di Roma) e I bari (1594, Kimbell Art Museum di Fort Worth), dipinti in cui la vita della strada era tradotta e raffigurata con fedeltà assoluta al “vero”, il giovane trovò protezione dal cardinale Francesco Maria Del Monte, che “si dilettava della familiarità dei giovincelli”, e che non a caso per questo, era stato attratto da Caravaggio e dalla sua tematica artistica di figure di giovani. Le opere realizzate per l’alto prelato annoverano da una parte un’iconografia idealizzante l’antico, i frutti e la musica, formulando quell’immagine di armonia che aveva una base filosofica destinata ad essere facilmente applicata al concetto di una esistenza privilegiata e sublimata esteticamente, dall’altra a celare forse le particolari tendenze del cardinale.
Negli anni fino al 1606 Caravaggio svolge una attività intensa, fra un successo e un altro, conduce una vita estremamente libera, entra ed esce di prigione e diventa famoso, come altri suoi colleghi, in special modo come il Gentileschi, per il carattere collerico e spavaldo. Il suo stile attira l’attenzione di artisti italiani e stranieri ed anche se non avrà allievi, pure l’influenza della sua arte sarà vasta in tutta l’Europa. È singolare come i soggetti della Passione vengano affrontati in questo periodo con una forza, verità e immediatezza sconcertanti. Alcuni verranno ripresi successivamente, ma negli anni romani l’artista denuncia una fede sicura nella divinità dell’uomo Cristo, del quale enuclea le sofferenze senza nulla risparmiare di drammatico, con una sconvolgente capacità di percezione dell’interno dell’anima. La Cattura di Cristo (1602, olio su tela, cm 133,5 x 169,5. Dublino, National Gallery of Ireland) mostra un cambiamento deciso verso uno stile nuovo, più tenebroso e oscuro, “tagliato” da luminosi bagliori, in tele di formato orizzontale che ci coinvolgono con una inaudita aggressività. Nella cupezza della notte un uomo con una lampada fa lume sui soldati di profilo o di schiena perché Giuda possa baciare il Cristo. I due, il Messia e l’apostolo, sono come racchiusi nella nicchia psicologica formata dal manto gonfiato dal vento del discepolo in fuga verso il buio. Giuda ha il profilo camuso di tradizione nordica, cioè demoniaco, mentre Gesù abbassa gli occhi sottomesso alla volontà divina.
L’ultimo Caravaggio, tra la vita e la morte
Il Caravaggio che arriva a Malta nel luglio 1607 fuggiasco dall’Italia e protetto dai Colonna, è un uomo ancora giovane, ma che ha udito e visto tutto. Ansioso di una vita diversa, forse nuova, sazio di dolore. È questo momento così tragico che gli fa produrre una serie di capolavori ostinati, dove parla di vita e di morte attraverso soggetti sacri, riempiendoli di quella verità personale che li rendono sorprendenti. La tragedia dell’ingiustizia dei potenti sugli uomini retti si esprime nella vasta tela della Decapitazione del Battista nell’oratorio dedicato al santo nella concattedrale di La Valletta (1608, cm 361 x 520).
Quasi mai una simile desolazione ha pervaso con tanta crudezza la realtà di un martirio per amore della verità. Nel cortile di un carcere, dove si svolgono le esecuzioni capitali e le torture (la corda pendente), mentre due condannati spiano dall’inferriata la scena che vivranno, il Battista giace riverso a terra, coperto dal manto rosso sangue, il timbro tipico dell’artista in questi anni. Sangue del corpo e dell’anima, segno anche della potenza “imperiale” del martirio e rivolo su cui il pittore firmerà il suo nome. Il volto del Battista è sereno, il carnefice finisce l’opera col coltello meccanicamente, l’impassibile carceriere gli indica il bacile di rame dove Salomè, dal volto seminascosto attende di posare la testa del profeta. Una vecchia (la saggezza della gente semplice) porta le mani alle tempie inorridita per il delitto, per il male che sta trionfando. Caravaggio dipinge la morte come totale silenzio, meccanicità dei gesti, mutismo degli animi. Non ci si spaventa di fronte al dipinto, ma si rimane sconvolti, tale è l’incomunicabilità tra i personaggi e la freddezza dei gesti, il vuoto che è la morte espresso dagli spazi aperti e dall’altissimo muro che diventa uno degli attori del dramma sacro, dai colori lucidi, capaci di posare come brividi sulle schiene del boia e del martire, sulle vesti, nella luce fioca dell’interno. Il Battista e Caravaggio stanno per morire, è questo il destino che li attende.