Il Presidente della Tunisia Kaïs Saïed il 25 luglio, in occasione del 64° anniversario della proclamazione della Repubblica tunisina, dopo una giornata di scontri e di tensioni in diverse città, ha assunto i pieni poteri e il 26 luglio ha deciso di congelare il Parlamento e licenziare gran parte del Governo. Il Presidente si è attribuito di fatto i pieni poteri, compresi i poteri esecutivi devoluti secondo la costituzione tunisina al governo.
Questa improvvisa azione del Presidente tunisino ha destato grandi perplessità a livello nazionale e internazionale, sia nei Paesi amici che in quelli ostili, essa è stata interpretata come una sorta di capovolgimento dello stato democratico per indirizzarlo ad una forma di “governo del Presidente”. Un governo che potenzialmente potrebbe nuocere alla tanto auspicata dal popolo tunisino.
Immediata è stata la preoccupazione degli osservatori nazionali ed internazionali, ma a quanti hanno dichiarato che si trattava di "un colpo di Stato", Kaïs Saïed ha risposto che le decisioni erano state assunte ai sensi dell'articolo 80 della Costituzione ed ha precisato che: “Chi parla di colpo di Stato dovrebbe leggere la Costituzione o tornare al primo anno di scuola elementare (…) Io sono stato paziente e ho sofferto con il popolo tunisino”.
Per potere comprendere questa azione politica si deve necessariamente capire chi è l’artefice di questa “nuova rivoluzione” e quali si presume possano essere le motivazioni che hanno spinto il Presidente a fare un passo così improvviso e così importante.
L’elezione di Kaïs Saïed
Il 25 luglio 2019, data della morte improvvisa di Beji Caid Essebsi, primo Presidente democraticamente eletto della Tunisia e in carica dal 31 dicembre 2014, furono avviate le nuove elezioni presidenziali tenutesi il 15 settembre. I risultati finali delle elezioni presidenziali tunisine hanno decretato al primo turno la vittoria di Kaïs Saïed, docente di diritto costituzionale in pensione, con una visione politica conservatrice, senza alcuna appartenenza partitica, che si è distinto nella campagna elettorale per la sua sobrietà durante la quale non ha avuto alcun appoggio da parte dei diversi partiti.
Lilia Blaise (correspondente tunisina di Le Monde–Afrique) ha pubblicato il 18 settembre 2019: “Kaïs Saïed, il candidato dei giovani tunisini che vogliono il "cambiamento", che si è imposto al primo turno delle elezioni presidenziali con il 18,4% dei voti, l'avvocato costituzionale incarna le speranze di una gioventù in cerca di rinnovamento”.
I risultati sono stati inaspettati fino dall’inizio della campagna elettorale, durante la quale Saïed ha registrato giorno dopo giorno un crescente gradimento da parte della popolazione ed è stato eletto al secondo turno con una grandissima maggioranza (72,71%) a seguito di una partecipazione di circa il 55% degli aventi diritto.
E la stessa giornalista ha pubblicato il 13 ottobre 2019: “Elezioni presidenziali in Tunisia: una gioventù in cerca di cambiamento. Tra rassegnazione e ricerca di cambiamento, la mobilitazione dei giovani tunisini ha giocato un ruolo importante domenica nel confronto tra l'avvocato conservatore Kaïs Saïed e il magnate dei media Nabil Karoui”. Nell’articolo è riportato che il 37% dei giovani hanno votato Kaïs Saïed al primo turno.
Non si è trattata dunque di una semplice vittoria, ma di una vittoria plebiscitaria fortemente voluta dai giovani e dal popolo tunisino stanco e deluso della strada che stava percorrendo il governo del post Primavera Araba.
Sull’assunzione dei pieni poteri del Presidente e la formazione del nuovo governo
In Tunisia il partito di maggioranza relativa che ha vinto le elezioni legislative è Ennahdha (che in arabo significa “rinascita”), con a capo Rached Ghannouchi. È considerato un partito islamico moderato, ma sempre fortemente legato all’Islam che ha condizionato la politica nazionale.
Con l’elezione di Kaïs Saïed sembrava che la situazione dovesse migliorare, ma in realtà non sono state rispettate le promesse fatte in campagna elettorale e nulla di importante è cambiato e la Tunisia è sprofondata in condizioni socio-economiche disastrose.
La grave situazione in Tunisia è evidenziata: dal mantenimento di una elevatissima disoccupazione certamente aggravata dalla pandemia di Coronavirus, da un debito pubblico ben lontano dal massimo debito toccato nel vecchio regime, da un forte calo del reddito pro capite rispetto al 2010, da una povertà dilagante, da una forte corruzione riportata da organi di stampa, ecc.
Contemporaneamente alle sopra citate gravi tensioni esistenti nel Paese, il 30 giugno 2021 Abir Moussi, a capo del Partito Destouriano Libero (Pdl) di formazione politica laica ispirata al Bourghibismo, ha subito l’aggressione nel Parlamento da parte di Al-Karama Seifeddine Makhlouf, deputato del blocco islamista.
Abir Moussi è un’avvocatessa e un’instancabile attivista contro l'Islam politico in Tunisia rappresentato da Ennahdha e già nel gennaio 2021, rilasciando un’intervista al quotidiano La Repubblica, ha rivolto pesanti accuse alla gestione del sistema giudiziario e ai finanziamenti illegali concessi da Paesi come il Qatar e la Turchia vicini a Ennahdha che hanno tenuto in vita il governo, infine propone che la Tunisia per uscire dalla crisi deve chiudere con l’Islam politico. Dunque un pensiero politico vicino a quello che ha dimostrato di avere Saïed. E proprio quando il Presidente Saïed ha sciolto il governo ed ha bloccato il Parlamento, dichiarando la necessità di una riforma radicale assumendo il 25 luglio i pieni poteri, Abir Moussi, a nome del popolo tunisino, ha espresso la gioia che il Presidente si era sbarazzato dei Fratelli Musulmani, di Rached Ghannouchi e Hichem Mechichi suo Primo Ministro.
Il 22 settembre il Presidente ha poi adottato nuove “disposizioni eccezionali” rafforzando i poteri presidenziali, a discapito di governo e Parlamento e annunciando che il sistema politico sarebbe stato profondamente diverso da quello sino ad allora in vigore.
Questo annuncio, ancora non ben definito, ha preoccupato moltissimo anche le forze politiche che avevano acclamato l’azione presidenziale e Abir Moussi, che fino a quella data aveva sostenuto il Presidente, ha così definito l’ultimo decreto presidenziale: “l'ultimo decreto presidenziale conferma la deriva autocratica del potere”.
Ma dopo che il 29 settembre Mme Bouden è stata nominata Primo Ministro, il 10 ottobre c’è stata una marcia di migliaia di persone che hanno manifestano contro le misure "eccezionali" di Saïed. In quell’occasione Abir Moussi, anche avanzando qualche perplessità, ha pubblicamente apprezzato questa nomina ritenendola anche frutto degli sforzi fatti dalle donne tunisine.
Giorno 11 ottobre viene formato il nuovo governo con una donna Primo Ministro e il 30% di donne ministre, certamente un fatto eclatante per il mondo arabo, rafforzato dal fatto che sembra che queste donne siano lontane da estremismi religiosi.
Ufficialmente la decisione assunta da Saïed è stata motivata dal desiderio di riportare la pace sociale nel Paese per ristabilire uno stato di diritto con una magistratura indipendente dal potere politico ed economico. Dalle sue dichiarazioni sono emerse anche le grandi criticità esistenti nel Paese: lotte interne, forte corruzione, appropriazione indebita di fondi pubblici e di aiuti internazionali i quali sembra siano andati a beneficio di alcuni detentori del potere che godono dell'impunità politica, saccheggi, servizi pubblici al collasso, giovani tunisini emarginati che hanno trovato occupazione trasferendosi in Paesi in guerra come Siria, Iraq, Libia, ecc., con l'approvazione degli islamisti al potere.
Sono sicuramente queste le forti motivazioni che hanno spinto il Presidente, nell’ambito dei suoi poteri, ad assumere anche la presidenza della Procura, di togliere l’immunità parlamentare, di lottare la corruzione, ecc.
E in funzione di tali obiettivi è stato formato un governo con 25 ministri di cui 8 donne (1/3) con una donna a capo del governo e una donna Segretario di Stato, con donne che reggeranno i seguenti ministeri: Giustizia, Finanze, Industria, Commercio, Ambiente, Ministero delle Donne e quello degli Affari Culturali. Un ulteriore importante segnale verso il mondo femminile è stato il fatto che a dirigere la Polizia Giudiziaria è stata nominata per la prima volta una donna.
Perché un potere così forte alle donne?
È certamente lecito porsi la domanda se tale forte potere concesso alle donne è stato per premiare l’intesa loro attività svolta a difesa dei diritti umani inalienabili o per altre motivazioni.
L’azione del Presidente Kaïs Saïed è stata rivoluzionaria, in pochi mesi è risuscito a creare un nuovo governo che supera le aspettative dei più ottimisti. Un giurista, rispettoso dell’Islam, che è riuscito ad avvicinare sempre più le esistenti diseguaglianze tra uomini e donne, che infine ha affidato le massime cariche del governo a donne, con tale gesto riconoscendo di fatto un grande rispetto dei diritti delle donne, ancora sconosciuti in molti Paesi, soprattutto se musulmani. Un vero riconoscimento alle donne di quelle capacità che hanno dimostrato di possedere in tutti i Paesi del mondo quando hanno avuto la possibilità di accedere a posti di comando nella società.
Il riconoscimento delle capacità operative delle donne rappresenta un concreto passo verso la distensione sociale. E le donne in Tunisia hanno già dimostrato di avere grandi capacità e di sapere reagire ai tentativi di prevaricazione ed è dunque un riconoscimento ben meritato della loro capacità e affidabilità, certamente non inferiore a quella di molti uomini.
In Tunisia la festa della donna, oltre che l’8 marzo, si festeggia il 13 agosto, per celebrare la ricorrenza del giorno in cui nel 1956 entrò in vigore il Codice sullo Statuto della Persona (detto anche Codice di Famiglia) e già l’indomani della “Rivolta dei gelsomini”, il 13 agosto del 2012, quando il governo di natura islamista aveva tentato di ridurre i diritti delle donne acquisiti nei decenni precedenti, scesero in pazza migliaia di donne per manifestare fortemente contro tali tentativi. Alla manifestazione parteciparono donne dell’Associazione Tunisina delle Donne Democratiche, la Lega Tunisina per i Diritti Umani ed altre associazioni, oltre a donne non appartenenti ad alcuna associazione. Donne che non volevano ridotti i diritti già acquisiti nel precedente regime, anzi, manifestavamo perché tale livello fosse innalzato ulteriormente e con la loro affollata manifestazione ottennero il loro scopo.
Altra importante manifestazione delle donne tunisine si ebbe nel 2013, il 13 agosto dell’anno successivo, quando le donne sentirono il bisogno di manifestare pubblicamente la loro indipendenza e di essere donne tunisine libere, musulmane, ma non islamiche.
Queste manifestazioni si sono ripetute quasi sempre negli anni successivi ben due volte l’anno l’8 marzo e il 13 agosto. Le donne già dal periodo di Ben Alì rappresentavano una forza lavoro quasi la metà di quella maschile e occupavano posti importanti nell’ambito delle attività private e pubbliche.
Anche l’approvazione della nuova Costituzione del 26 gennaio 2014 si ottenne grazie alle forti pressioni dei cittadini e in particolar modo delle donne. In essa c’è stato un primo accordo tra laici e islamisti per il riconoscimento della parità dei diritti tra uomini e donne, ma permangono ancora alcune norme che potrebbero essere interpretate in maniera restrittiva per i diritti della donna, in particolare quando alcune disposizioni sono legate ad aspetti religiosi (quali il divorzio o il diritto all’interruzione della gravidanza, ecc.).
L’importanza che hanno rivestito e rivestono ancora oggi le donne tunisine nella politica del proprio Paese è ormai ben nota. Il 2 marzo del 2018 a Gammarth la Commissione delle donne arabe “Women for Safe Societies in the Arab Region” ha eletto la Tunisia “Capitale delle donne arabe per il 2018-2019”. Un riconoscimento a un Paese dove il tasso di occupazione delle donne arriva al 26%, circa il doppio della media degli altri Paesi arabi.
E sempre migliaia di donne il 13 agosto del 2018 hanno protestato in piazza contro la legge tunisina che, ispirata al diritto islamico, prevede che, a pari grado di parentela, gli uomini ereditino il doppio delle donne salvo casi particolari.
Purtroppo, le proteste in Tunisia sin dalla Primavera Araba sono state sempre più intense, continuando un malumore che la “Primavera Araba” non è riuscita a placare.
Una delle ultime e intense manifestazioni di protesta delle donne è stata quella dell’8 marzo del corrente anno. Una protesta che è nata dall’incertezza politica del governo, dalla forte crisi economica appesantita dalla grave pandemia che nell’ultima ondata estiva aveva fatto collassare il sistema sanitario nazionale. L’incertezza, probabilmente, è stata anche alimentata dalla sensazione di larga parte della popolazione che da un momento all’altro si possa tornare ad una situazione politica nelle mani di quell’Islam che risulta ancora strettamente legato ad arcaiche interpretazioni coraniche.
È stato un colpo di Stato o una nuova pacifica rivoluzione?
Appena il presidente tunisino Kaïs Saïed ha assunto i pieni poteri, ha sciolto il governo e ha sospeso il parlamento sono cominciate le domande dubbiose in tutto il mondo se si trattava di un colpo di stato o di una nuova pacifica rivoluzione dopo quella dei Gelsomini, ipotizzando talvolta un futuro non roseo.
Segnali importanti sono subito arrivati dagli stessi tunisini. Henda Chennaoui, giornalista tunisina, attivista dei diritti umani e sostenitrice di diverse iniziative e movimenti cittadini in Tunisia, in una intervista su France Inter del 1° agosto 2021, ha affermato che “i tunisini aspirano a una vera democrazia, non a una democrazia di compromessi politici tra partiti”.
Nella Lettre économique de Tunisie et de Libye pubblicata nell’agosto 2021 dalla Direction Générale du Trésor du Ministère de l’Economie, des Finances et de la Relance de France “la decisione del Presidente gode di un sostegno significativo da parte della popolazione: secondo un sondaggio di Sigma Conseil, il 95% degli intervistati sostiene le misure prese dal Presidente Said in regime di emergenza il 25”.
Ma le critiche sono state forti e sono fiorite in tutto il mondo, molti sospettavano che il successivo passo poteva essere la formazione di un governo totalitario, magari con una nuova influenza islamica.
Non mancarono le critiche anche dall’Europa, ma contrariamente a quanti hanno inteso la critica europea come negativa, io ritengo che l’Europa, ancora una volta, abbia sostenuto e di fatto incoraggiato questo nuovo passo auspicando una transizione verso una completa democrazia, mettendo però in guardia affinché questo passo importante non deviasse in una forma di potere totalitario.
Infatti, la nuova risoluzione dell’Unione Europea del 20 ottobre 2021 esprimendo profonda preoccupazione sulla “concentrazione indefinita di poteri” che il decreto presidenziale n. 2021-117 dava al Presidente della Repubblica, si è rammaricata “pertanto della sospensione a tempo indeterminato del parlamento tunisino da parte del Presidente Saïed, a partire dal 24 agosto 2021”, chiedendo “un ritorno al normale funzionamento delle istituzioni statali, compresi il ripristino della democrazia parlamentare a pieno titolo e la tempestiva ripresa dell'attività parlamentare”.
La preoccupazione è stata anche evidenziata da Abir Moussi, che dopo le precedenti benevoli dichiarazioni nei confronti del Presidente, in una intervista rilasciata a Mosaiquefm del 27 ottobre 2021, ha dichiarato che il Presidente “mira a trasmettere un progetto politico, attraverso le misure eccezionali”.
Considerazioni finali
Per la prima volta la Tunisia ha un governo senza ministri dipendenti da Ennahdha, dunque indipendenti da quell’islamismo che non sembra ormai accettato dalla stragrande maggioranza dei tunisini, con forte presenza femminile e aperto ad un Islam moderato che sembrerebbe in armonia con quanto dichiarato attorno al 1930 da Habib Bourguiba1 fondatore e primo Presidente della Tunisia moderna: “La Tunisia che intendiamo liberare non sarà una Tunisia per i musulmani, per gli ebrei o per i cristiani. Sarà la Tunisia di tutti coloro che, senza distinzione di religione o di razza, vorranno accettarla come patria e viverci sotto la protezione di leggi egualitarie”. Tale pensiero venne poi ribadito da Bourguiba nel 29 novembre 1966, quando dichiarò al mondo: “Il nostro stato è lo stato di tutti i tunisini senza distinzione di religione”.
Oggi il popolo tunisino, nella stragrande maggioranza, cerca il sostegno nella politica del Presidente Kaïs Saïed purché manifestamente lontana dall’Islam politico e a prosecuzione del grande lavoro svolto dal Presidente Habib Boughiba, l’uomo che ha modernizzato la Tunisia con una politica mirante alla laicizzazione, alla scolarizzazione indirizzandola verso una crescita culturale ed economica, l’uomo che per primo ha riconosciuto importanti diritti umani e in particolare delle donne con leggi di grande importanza soprattutto se rapportate al analoghe leggi del mondo arabo.
Questi segnali spero che metteranno il popolo tunisino nelle condizioni di pretendere, giustamente, un elenco delle cose da realizzare con nuovo governo, con un ordine prioritario in funzione della situazione economica e degli aiuti che sicuramente arriveranno alla Tunisia.
A nulla servono le manifestazioni di dissenso, senza prima avere visto il governo al lavoro. Viene scritto che il governo avrà le mani legate, che dipenderà esclusivamente dalla volontà del Presidente, che Najla Bouden dirigerà tuttavia un governo con possibilità decisionali ridotte, che il potere reale resterà sempre nelle mani di un solo uomo.
Sono solo ipotesi ancora non suffragate da alcuna prova tangibile, sono ipotesi ancora non verificate e non verificabili. Questa rivoluzione politica, infatti, potrebbe essere, non un colpo di stato istituzionale, come alcuni dicono, ma un modo, e forse l’unico, per utilizzare tutte le prerogative possibili per il Presidente per difendere il Paese contro l’estremismo islamista.
Il popolo tunisino ha sempre dimostrato una grande capacità a reagire ad eventuali soprusi, e in queste occasioni sono state spesso determinanti le donne. Io auguro al popolo tunisino che questa “nuova rivoluzione” possa diventare l’avvio per un processo di reale democratizzazione del Paese e le donne, come è stato finora, potranno diventare le vere principali e attente “guardiane della costituzione democratica”, perché essa venga ulteriormente potenziata per completare l’approvazione delle norme che porteranno le donne ad avere gli stessi diritti degli uomini.
La svolta del governo, con la presenza del 30% di donne e con a capo una donna è un segnale importante e non solo per il mondo arabo, dobbiamo, pertanto, attendere i risultati e auspicarci che l’operato di questo nuovo governo possa evolversi in un progetto politico foriero di democraticità e rappresentare un esempio per le dittature, i patriarcati e per quelle sedicenti democrazie, ancora ben presenti in diversi Paesi nel mondo.
1 M. Camau et V. Geisser, Habib Bourguiba: la trace et l'héritage, Karthala Editions.