Ispirato da un racconto giovanile di Philip Kindred Dick, il mio “nipotino” di vent’anni mi ha portato a far leggere una poesiola:

Mentre il futuro viaggia in me
l’anima s’interroga:
«Il sonno è un wormhole
fra un giorno e l’altro?
La mente è un wormhole
fra pensieri e sentimenti?
E l’eternità?
È un wormhole magari
che collega due punti
distanti nel tempo?».

Ho alzato gli occhi dal foglietto su cui aveva scribacchiato questi “versi” e subito ho ironizzato seccamente: “Sì, vedrai che ti daranno il Premio Hugo”. Poi ho sottolineato perentorio: “Tu devi studiare per conquistarti un posto di lavoro, mica perderti in cretinate. Perciò di libri non te ne presto più!”. E strappatigli dalle mani I grandi della fantascienza americana, l’ho accompagnato con malagrazia alla porta del mio appartamento.

Oggi, rendendomi conto di essere stato severo sin quasi al ridicolo, mi sono pentito e ho deciso di telefonargli. A rispondermi è stata la sua segreteria: “Sono partito per un viaggio nel tempo. Lasciate un messaggio dopo il bip... Bang!”.

Ho sorriso indulgente e quindi ho detto in un tono, spero, abbastanza affettuoso: “Ti prego di scusarmi per ieri sera. Mi sono comportato da zio stupido. Sai com’è... All’ufficio mi va male e qualche volta non riesco a controllare il nervoso”.

Già... il nervoso di uno che, da ragazzo, era proprio come suo nipote, in fondo... La prova? L’evidenza schiacciante? In un mio sitarello antidiluviano, di cui “romanticamente” ho conservato i testi (eccomi qui a rileggerli mogio e nostalgico davanti al computer), accumulavo favole di fantascienza, appunti, riflessioni e anche comunicazioni varie per i “surfer” della Rete. Ad esempio, un giorno, misi on line per loro questa pagina:

Cari amici,
vi offro un’altra “amazing story”. Mi auguro che vi piaccia... E, naturalmente, non dimenticate di dare uno sguardo alle noterelle esplicative che ho aggiunto in calce, per renderla più comprensibile e fruibile. Insomma gradevole! Ciao!

I

Nella dimensione parallela scoperta dall’astrofisico francese Charles Hatanne – e dove l’universo locale si modellava su leggi spesso ben strane e dinamiche in prevalenza stellari – esisteva in principio una singolarità1 interamente circondata dal nulla; di compattezza ridotta (seppur massiccia e capace), essa conteneva già tutte le ere a venire: non a caso si trattava di una cronosorgente, ovvero una pulsar di tachioni, da cui all’improvviso il tempo s’irradiò come un vento solare turbinoso e sferzante, diluendola sino a consumarla.

E come da noi l’acqua è in grado di fertilizzare qualunque deserto (che sia marziano, terrestre o addirittura su Pancamian 22b) ricolmandolo di piante e oasi, nella dimensione Hatanne il tempo, aleggiando impetuoso sul nulla, lo fecondò, facendovi nascere lo spazio e la materia. Due elementi, questi ultimi, che bruciando il tempo per convertirlo in vita2 (cioè nel nascere e riprodursi di entità ignee che abitavano pianeti incandescenti), prosperarono per quadrilioni e quadrilioni di anni; ma quando giunsero al termine della propria parabola evolutiva, esplosero atrocemente come una supernova, disintegrandosi completamente e collassando in un buco nero smisurato, che altro non era se non l’eternità. E la gravità che un simile baratro cosmico esercitava, era così immane che imprigionò il volume residuo (enorme, per adesso) di tempo ancora incombusto. No, neanche i possenti eoni riuscivano ad evadere (anzi ristagnavano paralizzati e inermi).

Ma la gravità era tanto intensa, che l’eternità stessa prese a contrarsi: e ritirandosi lentamente, generava pian piano il nulla.

Alla fine – continuando a rimpicciolirsi progressivamente, e su di sé – perse la propria natura di mega buco nero, per tramutarsi in una “tarchiata” e capiente stella di tachioni, da cui il tempo, non più trattenuto da forze eccessive, ricominciò a fluire libero come un vento solare.

II

Al primo seguì insomma un nuovo ciclo (ugualmente “inscritto” fra una cronosorgente e l’eternità), quindi un terzo, un quarto, un quinto... Era un processo che si ripeteva ininterrotto come se mai dovesse concludersi. Però ogni volta il tempo superstite era sempre di meno, tanto che arrivò il momento in cui inevitabilmente si esaurì: a stento bastò a portare l’ennesimo conglomerato di spazio e materia al parossismo esplosivo. Dopodiché l’ultima eternità, non essendo avanzato neanche un minuto o un secondo o un centesimo di decimillesimo, non riuscì, “coagulandosi”, a formare una stella di tachioni. Il risultato è che, nella dimensione Hatanne, domina il nulla. Attualmente è rimasto solo quello.

Che voli della fantasia, da giovani. E che tonfi, poi, da adulti! Vedi me, ad esempio, che ho lasciato la scrittura e puntato tutto sul lavoro, ottenendo pochissimo e sbagliando troppe mosse.

Meglio sarebbe stato rimanere giovane. Meglio sarebbe, anzi, ritornare come mio nipote. Beh, adesso è via. Ma non appena rincaserà, lo chiamerò di nuovo: “Ehi, la prossima volta, andiamoci insieme a viaggiare nel tempo!”.

Note

1 Gli scienziati chiamano “singolarità” i fenomeni fisici inspiegabili, tipo quello iniziale che ha scatenato il Big Bang.
2 Per questa immagine (“bruciando il tempo per convertirlo in vita”), mi sono ispirato alle stelle, che bruciano idrogeno per ottenere elio”.