Per chi ha il dono della Fede e ha percorso la strada della propria esistenza nel totale rispetto degli altri, scoprire che c'è chi, dietro lo scudo del nome il nome di Dio (quello dei cattolici, ma il ragionamento vale per tutte le religioni), compie atti aberranti è cosa che segna in profondità le coscienze.
È il caso - l'ultimo in ordine di tempo - degli abusi sessuali che sono stati scoperti in Francia e che indica in almeno 216 mila il numero di giovani vittime della pedofilia ad opera di religiosi. E questo numero lievita fino a 330 mila se si considerano le violenze di cui si sarebbero resi responsabili i laici legati a strutture religiose (insegnanti, animatori, catechisti o semplici dipendenti di istituti ecclesiali). Un fenomeno di tale ampiezza che scuote alle basi il rapporto con chi, rappresentando la Chiesa, si è scelto come punto di riferimento morale. Questo quadro è uscito dal lavoro della commissione indipendente sugli abusi nella Chiesa cattolica che ha indagato su quanto è accaduto in seno alle istituzioni religiose in Francia e che, in molti casi, è stato taciuto, insabbiato, negato, coperto sino alla connivenza.
Di casi di violenze sessuali ai danni di minori compiute nell'ambito della Chiesa cattolica negli ultimi decenni ne sono emersi tantissimi, e quando sono arrivati davanti ad un giudice, una corte, un tribunale le sanzioni sono state durissime, ma evidentemente non esemplari perché le violenze, tra confessionali, oratori, seminari e camerate, sono continuate. Al punto da indurre lo stesso papa Francesco a parlare di ''vergogna'', sua e di tutta la Chiesa.
In Francia il fenomeno era talmente evidente, seppure sottovalutato, che la Conferenza Episcopale francese ha deciso di affidare il compito di svolgere una indagine ad una commissione indipendente. Quasi sia stata consapevole di doversi affidare ad una autorità che nulla aveva a che fare con la Chiesa per ottenere delle conclusioni al di sopra anche solo di un piccolissimo sospetto di tentativo di relativizzare.
Un compito gravoso perché l'arco temporale preso in esame è lunghissimo (dal 1950) e copre periodi in cui la trasparenza era cosa aliena ad alcuni ambienti religiosi.
Una scelta di coraggio che non è stata fatta altrove, come in Spagna dove, secondo i ricercatori di tre università (della Catalogna, di Barcellona e dei Paesi Baschi), la Chiesa iberica ha assunto un atteggiamento di distacco sul problema e, nonostante alcune palesi evidenze, ha deciso di guardarsi bene dall'affrontarlo.
Cerchiamo di essere chiari su questo, che è in fondo il cuore del problema: anche se riprovevole, anche se ributtante, il comportamento della Chiesa di coprire le nefandezze che si compivano nel suo ambito - a danno dei bambini e ragazzi che guardavano ai sacerdoti come ad esempi, subendone l'influenza - è lo stesso di chi vede un suo congiunto sbagliare e non va a denunciarlo. Non denuncia non tanto per il legame emozionale o affettivo che ha con l'autore del fatto, ma per non vedersi messo sotto accusa lui stesso nel giudizio degli altri.
Ma, c'è da chiedersi, come è stato possibile che casi di pedofilia siano stati compiuti per decenni senza che - con pochissime eccezioni - queste sozzure venissero fatte uscire dalla blindatura della Chiesa?
Ci sono stati Paesi che hanno affrontato il problema come fatti addebitabili ai singoli (nell'osservanza del principio per il quale la colpa è personale). In questo modo hanno di fatto depotenziato le indagini, fermandole a livello di chi si è macchiato della colpa e non hanno investigato anche su chi l'ha coperto.
Ma per fortuna di tutti - persino della Chiesa - c'è stato chi ha voluto sapere.
Lo ha fatto il parlamento belga, lo ha fatto la stampa, come i giornalisti del Boston Globe (la loro inchiesta sugli abusi è stata celebrata in un film, Il caso Spotlight'). In quest'ultimo caso, furono i giornalisti a ''creare'' il caso con la loro inchiesta, facendo emergere non solo singoli casi di abusi sessuali, ma un vero e proprio ''modello'' andato avanti per anni, per decenni, mentre chi guidava la potentissima diocesi di Boston (una delle più importanti degli Stati Uniti) taceva, senza nemmeno farsi sfiorare dal dubbio di coprire dei criminali. Quell'uomo era anche un sacerdote, un cardinale, ma soprattutto un uomo di Dio. Si chiamava Bernard Law e, costretto a lasciare il suo incarico travolto dalle accuse di avere cercato di occultare il caso, è morto a Roma, nel 2017. Law non comparve mai davanti ad un giudice e, con la morte, ha portato con sé un carico di inimmaginabile vergogna.
La cosa che resta impossibile da metabolizzare non sono solo i numeri di questo indecente fenomeno, quanto il fatto che la sua ampiezza non poteva essere celata senza la connivenza dei vertici ecclesiastici.
Un altro elemento su cui riflettere e che traiamo da una indagine condotta da una scuola di formazione per giuristi di New York, è che, tra il 1950 e il 2002, 10.667 persone - in tutti gli Stati Uniti - avevano accusato 4.392 sacerdoti di abusi sui minori. A fronte di una valanga di denunce, solo 252 religiosi sono stati condannati e meno della metà condannati a pene poi scontate in carcere.
La ''vergogna'' di Papa Francesco è sincera, perché sincero è l'uomo prima ancora che il sacerdote e il successore di Pietro. Perché la Chiesa che oggi, dice il suo pastore, dovrebbe vergognarsi è la stessa che ha coperto l'onta con accordi stragiudiziali, che non hanno portato in tribunale decine di religiosi, ma sono costati oltre due miliardi e 600 milioni di euro, determinando la bancarotta per decine di diocesi un tempo ricche.
Questi sono solo numeri e raffronti, ma gli abusi sessuali su minori da parte di preti non possono essere racchiusi nelle pagine di un accordo o di una sentenza. Perché, organismi giudiziari americani hanno accertato non solo la sussistenza e l'ampiezza del fenomeno negli Stati Uniti, ma anche il fatto che dai primi anni '60 il Vaticano sapeva e nulla aveva fatto. Ma forse l'interrogativo vero è un altro, perché, seppure importante, è forse scontato pensare che in queste vicende la Chiesa si sia sentita sotto assedio ed abbia riserrato le fila, difendendo - con comportamenti omissivi - l’indifendibile.
La domanda che ci si deve porre è come mai chi ha coperto ha preferito proteggere i confratelli e non i bambini, i ragazzi violentati e abusati che porteranno, sulle carni come marchi a fuoco, il loro calvario.
Una cosa che ha attraversato la Chiesa in tutto il mondo, ma soprattutto nelle nazioni più ricche. Gli Stati Uniti, l'Australia, il Belgio, la Spagna, la Germania, l'Irlanda: ciascuno di questi Paesi ha scritto un doloroso capitolo, intervenendo con colpevolissimo ritardo, dando la possibilità a stupratori in tonaca di continuare a violentare e di potere schermarsi giudiziariamente, in molti casi, grazie alla prescrizione.
Su questo è necessario riflettere, per capire e cercare di evitare che queste cose aberranti abbiano a ripetersi.
E l'ultimo quesito che ogni credente deve porsi è come mai solo un capo di governo - l'australiano Scott Morrison - si sia posta la domanda sul perché lo Stato non abbia ''amato, sostenuto e protetto'' i suoi bambini.