Se si prova a pensare alla qualità dei servizi erogati oggigiorno, dal negozio di abbigliamento al ristorante, dalla banca al corriere espresso, quante volte è capitato di imbattersi in commessi con atteggiamenti scontrosi che spesso stentano a salutare e dare il benvenuto ai clienti? Oppure in camerieri che giungono al tavolo e prendono ordinazioni senza guardare negli occhi il cliente dando l’impressione che vorrebbero tanto essere altrove?
Quante volte, invece, si è avuta l’impressione che il corriere che consegna i pacchi o la cassiera del supermercato mostrassero un atteggiamento gentile, allegro, disponibile e davvero interessato a fornire al cliente un servizio soddisfacente? Al giorno d’oggi quasi ci si stupisce quando, ad esempio, si entra in un ristorante e ci si trova di fronte ad un personale affiatato, allegro, pieno di energia e interessato al benessere del cliente, fornendo informazioni sui piatti disponibili nel menu, consigliando adeguati abbinamenti o andando semplicemente incontro alle richieste e alle esigenze del consumatore con un sorriso.
A molti manager sfugge un principio fondamentale della qualità: non si possono migliorare su base continua sistemi e processi interdipendenti fino a quando non si lavora sulle relazioni interpersonali.
(Stephen Covey)
Fino a qualche decennio fa i commercianti ponevano maggiore attenzione alla qualità del proprio servizio e, il benessere del cliente era una priorità; questo perché, commettere errori, poteva portare a conseguenze negative sulla propria attività come, ad esempio, cattiva pubblicità e/o la “perdita” dei propri clienti.
Negli ultimi anni alcuni elementi hanno minato la qualità dei servizi.
La frenesia della società: molte persone vivono la propria vita di corsa, prese da mille impegni e sempre meno attente ai dettagli; spesso desiderano un servizio veloce e a basso costo. Di conseguenza colui che possiede un’attività commerciale risulta costretto a confrontarsi con una forte concorrenza e spesso è proprio la qualità del servizio, in primis, a risentirne.
L’individualismo inteso come isolamento del soggetto e mancata apertura verso l’altro: se ci si trova alla fermata dell’autobus, ad esempio, spesso è possibile notare persone con il capo chino sul proprio smartphone e raramente intente a dialogare con la persona che siede accanto; un fenomeno, questo, che si sta diffondendo non soltanto tra i giovani e giovanissimi; pur trovandosi l’uno accanto all’altro, spesso si preferisce condividere foto, video, pensieri sui social network invece di utilizzare quel momento e quel luogo per confrontarsi con chi è fisicamente presente. Si sta perdendo il senso di apertura verso l’altro, senso di fiducia e desiderio di comunità e quindi i sorrisi lasciano spazio alla diffidenza e alla chiusura in se stessi. Questo è verificabile anche nell’atteggiamento del personale di diverse attività commerciali.
Attenzione alla cura dei dettagli: si pensi, ad esempio, ad una pasticceria; quale potrebbe essere la prima impressione del cliente nei confronti quest’ultima nel momento in cui dalla vetrina noti vetri sporchi o con aloni, e, una volta all’interno, si trovi di fronte ad un pavimento e/o tavolini ancora da pulire, personale agitato e che cammina nervosamente?
L’impressione potrebbe essere che in quell’esercizio non vi sia il controllo della situazione e che il personale non sia stato adeguatamente formato riguardo all’organizzazione delle proprie mansioni.
Quale potrebbe essere, invece, l’impressione del cliente di fronte ad una vetrina ben curata e in cui sono esposti prodotti freschi e posizionati in modo armonioso? e una volta all’interno, quale sensazione proverebbe di fronte ad un ambiente pulito, ordinato e con un personale gentile, accogliente e dai modi lenti ma curati e sicuri?
La sensazione sarebbe quella di benessere, fiducia e, probabilmente desiderio di tornare in quell’esercizio.
Per i gestori di un’attività commerciale, è importante ritrovare il senso pieno della professionalità, della calma, della cura nei dettagli; è necessario reimparare a guidare il cliente rieducandolo ad apprezzare nuovamente queste qualità. Fare, quindi, la differenza.