Ugo Mattei è un famoso e stimato giurista a livello internazionale. Professore di diritto internazionale e comparato all'Università della California a San Francisco e all’Università degli studi di Torino, è da sempre impegnato anche in ambito sociale e politico. Scrive articoli per il Fatto quotidiano e il Manifesto ed è stato vicepresidente della Commissione Rodotà presso il Ministero della Giustizia (2007) oltre ad aver ricoperto altri incarichi politico amministrativi di rilievo. Recentemente ha assunto una posizione critica nei confronti di come è stata affrontata la pandemia e si è candidato alle elezioni per sindaco di Torino.
Lei è tra i firmatari del documento Sul dovere costituzionale e comunitario di disapplicazione del cd decreto green pass a cura dell’Osservatorio permanente per la legalità costituzionale composto da giuristi di formazione e sensibilità diverse. A grandi linee, quali sono le argomentazioni principali che tale studio porta all’interno del dibattito in materia?
Lo studio pubblicato su Generazioni Future/Rodotà e ospitato anche dalla rivista di Magistratura Democratica, Questione Giustizia, si pone in linea con un lavoro di monitoraggio di quello che è un vero e proprio declino della nostra legalità costituzionale. Comparando il DL che condiziona l’esercizio di diritti costituzionali fondamentali al possesso di green pass con le rilevanti disposizioni della Costituzione italiana, i giuristi dell’Osservatorio (quattro dei quali cattedratici di diritto costituzionale) dimostrano la presenza di un contrasto insanabile. Si costruisce una cittadinanza di serie B come strumento di ricatto, una logica del tutto estranea all’idea dello Stato di diritto. L’osservatorio inoltre approfondisce il contrasto fra la normativa italiana e quella Europea che introduce il green pass nella pura logica della facilitazione e non in quella ben diversa della preclusione. Da questo punto di vista secondo l’Osservatorio, il giudice italiano avrebbe il dovere di disapplicare la norma in quanto contrastante con una disposizione superiore di diritto comunitario ovvero di sollevare la questione presso la Corte di Lussemburgo. È uno studio molto rigoroso che ha aperto una importante discussione nell’ambito di una cultura giuridica costituzionalistica che non si era mostrata fin qui particolarmente coraggiosa.
Sia gli Stati Uniti che alcuni Paesi europei, tra i quali l’Italia, si stanno muovendo nella direzione di approvare definitivamente i vaccini anti-Covid. Ciò presumibilmente comporterà un quasi immediato atto da parte del governo per renderli obbligatori. In tale evenienza quale pensa possano essere le migliori azioni politiche e giuridiche che potrebbe intraprendere chi intende opporvisi?
Io non credo ci sia molto spazio di resistenza giuridica qualora l’obbligo vaccinale fosse imposto con legge dello Stato. La Corte Costituzionale è intervenuta negli anni ponendo qualche paletto, anche importante, ma ben sappiamo che la Costituzione alla fine è interpretata da giudici costituzionali che sono parte della classe dominante e che, quindi, tendono ad assecondare il potere. Certo qualora risulti confermato, come sembra esserlo oggi, che il vaccino non protegge dall’infezione, ma solo ne mitiga gli effetti sul vaccinato, che comunque può contagiarsi ed essere contagioso come il non vaccinato, allora l’imposizione dell’obbligo sarebbe palesemente in contrasto con gli attuali paletti per mancanza di impatto esterno della libera scelta individuale.
La questione sul piano politico è più complessa perché il vaccino anti-Covid è, secondo me, un cavallo di troia per imporre il QR Code generalizzato. Secondo me la pandemia è il mezzo non il fine rispetto al green pass. Il popolo per paura del contagio accetta volentieri di farsi schedare, cosa che altrimenti non farebbe. In questa situazione fondata sulla menzogna sistematica e sulla costruzione del non-vaccinato come elemento sociale deviante (seppure in mancanza di sua diversa contagiosità) la questione della sorveglianza passa in secondo piano. Ma questo è il vero avvenire che ci attende, se non si ricostruisce un discorso politico consapevole diverso dalla costruzione di opposte tifoserie. Su questo sto lavorando nell’ambito di Generazioni Future/Rodotà di cui sono presidente nazionale. Non esiste oggi azione politica efficace se non accompagnata da costruzione di consapevolezza critica.
Lei si è candidato alla carica di Sindaco di Torino in aperta contrapposizione ai partiti tradizionali. Recenti sondaggi la danno con un’ottima percentuale; può raccontarci i suoi principali punti programmatici?
Un sondaggio del People Research Group in effetti mi dà in terza posizione a Torino con il 17% del voto e a meno di 10 punti dal PD con oltre il 40% dell’elettorato ancora indeciso. La partita per “Futura. Lista civica per i beni comuni”, dopo sei mesi di campagna elettorale sul territorio e liste composte dal basso con il metodo assembleare dei caucus fin da giugno, sta pagando. “Beni comuni, e libertà” è il nostro motto. Vogliamo una città governata dal suo popolo, con un riassetto istituzionale complessivo, un bilancio partecipato dei beni comuni e una organizzazione cittadina policentrica. Valorizzeremo Torino come città d’acque rendendo puliti e balneabili i nostri quattro fiumi e stabilendo un grande campus internazionale di ricerca ecologica applicata. Mettiamo al centro il lavoro, la cultura e la salute di prossimità la gratuità. Abbiamo studiato il bilancio e sappiamo che i soldi ci sono e il valore si può generare con lavoro di cura e prossimità. Basta con i ricatti neoliberali: trasporti pubblici, mense scolastiche, cibo, cure di prossimità e asili nido devono essere gratuiti.
Una tale impostazione rende Torino un esempio politico e culturale capace di contribuire a livello globale alla crisi drammatica del presente. Lottiamo contro il delirio di onnipotenza tecnologico che veicola la società della sorveglianza. Se vinciamo Torino sarà una città aperta, una zona franca che risponde prima di tutto ai suoi cittadini e alla Costituzione, resistendo contro le usurpazioni di un potere centrale colluso. Faremo un audit sulla composizione del debito contratto in modo irresponsabile e forse fraudolento dalle amministrazioni degli ultimi 25 anni e finalmente avremo un censimento dei beni comuni che sono la vera ricchezza da valorizzare della nostra città.