Il sacro si allontana. Cosa rimane? Niente, perché l’essenza di tutto, il centro dell’Essere risiede nel sacro. Dopo la morte di Dio si rivela il nulla. Ma l’Oltre-uomo compie un duplice superamento: di Dio (l’assoluto esterno) e del nulla…
(Alexandr Dugin, Il Soggetto Radicale)
Chi desidera ancora regnare? Chi obbedire? Nessun pastore: un solo gregge! Ognuno vuole la stessa cosa. Ognuno è la stessa cosa: chi la pensa diversamente ripara volontario al manicomio…
(Friedrisch Nietzsche, Zarathustra)
Costoro sono come sorgenti senz’acqua e come nuvole agitate dalla tempesta, e a loro è riservata l’oscurità delle tenebre. Con discorsi arroganti e vuoti e mediante sfrenate passioni adescano quelli che da poco si sono allontanati da chi vive nell’errore. Promettono loro libertà, mentre sono essi stessi schiavi della corruzione. L’uomo infatti è schiavo di ciò che lo domina.
(Seconda Lettera di Pietro, 17-19)
Dopo quasi un secolo e mezzo dalla sua comparsa l’opera principale, l’opera-manifesto del pensiero nomade e sperimentale di Nietzsche, lo Zarathustra, attende ancora pensieri e ancora interpella. Possiamo dire che oggi sia ancora più attuale di allora. Almeno in senso dialettico-raffrontativo. Forse solo oggi possiamo entrare nella sua essenza e cercare di investigarlo più profondamente. Dopotutto si presenta quale opera profetica e, quindi, attende e invoca quasi la prova spietata del tempo. Quale profezia e di cosa? Profezia avverata o fallita? Possiamo dire che sia entrambe: profezia sia avverata che fallita.
Prima occorre però ragionare sul suo titolo, sulla sua radice e intenzione. Nietzsche opera dallo studio filologico del greco antico, dall’amore per la Grecità pre-cristiana tipico del Romanticismo tedesco. Il “romantik” tedesco possiede una specificità unica: l’aver assorbito l’Illuminismo. Per il suo forte senso di “nazione culturale” la Germania reagisce all’invasione napoleonica con un’evoluzione dell’Illuminismo in senso più patriottico, meno internazionalista, e più neotradizionale. Nasce il concetto post-rivoluzionario di Volk e l’idea del recupero di un’unità organica germanica ancestrale tramite la riscoperta di fiabe, miti, retaggi, tradizioni popolari. Un “Romanticismo” più selvaggio, più comunitario, più ellenico, e meno sentimentale ed individualista di quello francese ed italiano.
L’Iperione di Holdering e gli ideali di Novalis bene sintetizzano questa temperie. Ma il tarlo della ragione, l’ansia evolutiva e il mito del progresso non vengono abbandonati all’interno di questa mentalità che crescerà nell’Ottocento germanico sempre di più verso una sorta di “teosofia indoeuropeista” e pangermanica. È come se lo spirito di Hegel assorbisse varie anime alla ricerca di una superiore unità totalizzante.
Il titolo “Zarathustra” non è scelto a caso e con esso Nietzsche esprime questo amore tutto tedesco per l’oriente antico, i culti gnostici, l’immagine del fuoco, la Persia del Mito, i ricordi del Mitraismo. Il tutto alla ricerca di una “via eroica” che superi, anche hegelianamente, l’abisso del materialismo e della massificazione sociale di cui lo Zarathustra è profetico monito.
Elemire Zolla nel suo magnifico Uscite dal mondo riassume una serie di scenari culturali e storici che hanno preceduto e preparato la teorizzazione nicciana dell’ “Iper-Uomo” (termine più corretto e più preciso per la comune traduzione di “super-uomo”). Abbiamo allora i miti germanici di Odino e Sigfrido, le scuole esoteriche settecentesche e ottocentesche, i sogni evolutivi e magici di Bulwer Lytton, l’eroismo titanico di Byron, lo spiritismo neo-mitologico di Francesco Bacone, il ritorno di una nostalgia imperiale e ghibellina, l’esoterismo martinista e altri ancora. Riprendendo la tripartizione sociale-spirituale degli antichi popoli indoeuropei possiamo dire con Zolla che l’ideale di un Iper-uomo, di un nuovo Titano luminoso, tenta di sintetizzare in unità vivente la tripartizione fra guerriero, sciamano e artigiano. Un eroe che sia anche profeta e re.
Un’incarnazione mitopoietica e sinestetica di un Ideale che già profetizza l’involuzione materialistica dell’umanità e già critica come marcia la radice della Modernità proprio mentre la Modernità stava crescendo quale nuovo eroismo e nuovo mito sociale. Lo Zarathustra di Nietzsche, i cui simboli sono l’aquila e il serpente, si pone quale sapiente selvaggio e isolato e ricorda Giovanni Battista o il Cristo del deserto. Si manifesta al mondo quale profeta dell’Iper-Uomo a sua volta associato all’immagine di un fulmine che scaturisca da un’umanità ridotta a scura nuvola. L’immagine dell’Iper-Uomo, pur posta dentro un suggestivo contesto mitizzante, si rivela invece assolutamente coerente con una logica razionale e post-illuministica: falliti gli ideali illuministici, già in crisi interna la Modernità quale colosso tecnocratico dai fondamenti fragilissimi, l’idea di un Uomo Nuovo, oltre le concezioni ideali conosciute, appare quasi logica, coerente, a patto di considerare il Cristianesimo anch’esso destinato alla corruzione e alla crisi mondiale.
Un Uomo Nuovo che risponde a due dogmi post-illuministi: l’Evoluzione e la natura umana quale “corda tesa” e “ponte”, cioè dimensione instabile, metamorfica, in via di definizione. Questa visione di base è la medesima di quella che Pico della Mirandola espone nel suo celebre Discorso sopra la Dignità dell’Uomo. Un Uomo cioè grande per essere intermedio fra gli animali e il divino. Visione antropocentrica ma pure prometeica, gnostica, demiurgica in quanto vede l’umano come un ideale da realizzare e definire piuttosto che natura già data. Platone e i suoi miti-ideali privilegiato rispetto alle certezze di un Aristotele. Plotino, Proclo e Porfirio piuttosto che Severino Boezio, Cassiodoro e Agostino. L’Uomo deve creare l’Uomo. Operazione di teurgia. Operazione “mitogonica”!
Nietzsche lascia la sua cattedra di Basilea proprio per passare dalla “mitologia” alla “mitogonia”. Non mera evocazione nostalgica di un passato lontano e del tutto perduto, ma risveglio di un nucleo profondo ritenuto sempre vivo, pur in modo latente e obliato. Coerente quindi che il grecista Nietzsche si richiami ad una gnosi più antica di quella della Grecia classica e che viene stimata e citata dalla Grecia classica: quella persiana di Zoroastro-Zarathustra, citato con stima da molti autori antichi tra cui Platone, Eudosso di Cnido, Aristotele e molti altri. Una gnosi manichea, dialettica, fondata su una concezione ciclica del tempo.
Un kosmos increato ma manipolabile. Ecco lo scenario adatto per il nuovo Prometeo: l’Iper-Uomo, il nuovo Titano, simile a Nimrod, il cacciatore celeste fondatore delle civiltà della mezzaluna fertile. Ma appena annunzia profeticamente questo Ideale del Nuovo Uomo lo Zarathustra di Nietzsche deve annunciare un altro scenario, opposto: “l’ultimo uomo”, “l’uomo pulce”. Il profeta lo descrive come imminente ed entro breve predominante ma la sua descrizione invece di suscitare sdegno e disprezzo incanta la folla che lo invoca, rifiutando l’ideale dell’Iper-Uomo.
Eppure, poche pagine prima il profeta aveva indicato la sua ora quale ora del “grande disprezzo”, cioè di uno sdegno radicale che comportava il rifiuto di ogni componente della società borghese e moderna con i suoi falsi miti. Il Mito puro, il Mito integrale, il Mito possibile dell’Iper-Uomo contro i falsi miti involutivi del progresso massificante.
Ma l’uomo-massa rifiuta ogni fatica di oltrepassamento della propria natura e rifiuta anche la propria umanità. Non a caso la profezia dell’Iper-Uomo compare proprio insieme alla denuncia del pericolo dell’imminente trionfo storico dell’”ultimo uomo”, quello che sarà più difficile da superare, quello che farà dimenticare quasi a tutti ogni Ideale, ogni coscienza. È allora che Zarathustra comprende che mai le masse accoglieranno direttamente l’Iper-Uomo e che occorre invece rivolgersi a pochi eletti per generare una nuova aristocrazia della spirito, già pronta ad accogliere tale alto Ideale, eccessivamente eroico per un’umanità già troppo vicina alla condizione “dell’ultimo uomo”. Tale uomo pulce “vive più a lungo di tutti” e rappresenta l’obiezione più anti-eroica possibile, l’ostacolo più subdolo all’avvento dell’Iper-Uomo.
La ricerca di pochi amici da parte del profeta esprime una ciclicità storica tra Ordini elitari e Ideali-Nuove Mitologie come quella dell’Iper-Uomo, che si suscitano e richiamano a vicenda e periodicamente. La gnosi ellenistica e l’Umanesimo proposero i primi Iper-Uomini post-tradizionali, quali mitologie sperimentali, esistenziali. Ecco il grande paradosso dell’Iper-Uomo nicciano: da una parte rappresenta l’estremo limite e confine dell’umanesimo antropocentrico, dall’altra appare quale istanza di superamento radicale dell’umanità storico-moderna come fino allora conosciuta. Una “distruzione creatrice”.
Però la Storia sembra suicidarsi in modo vano, inutile, e andare in un’altra direzione, preferendo al “grande disprezzo” una grande indifferenza sub-umana, che desertifica e dis-anima il mondo. Possiamo dire oggi che storicamente quale profezia dell’Iper-Uomo lo “Zarathustra” rivela ad oggi un suo pieno fallimento mentre quale profezia dell’uomo-pulce appare del tutto realizzato. L’umanità di oggi mi sembra in grande maggioranza potersi riconoscere nell’impietosa descrizione nicciana: un’umanità parassitaria, vile, egoista, instupidita, priva di ogni slancio e di ogni sogno o ideale, chiusa tutta in un veloce e immediato appagamento degli istinti più elementari e superficiali. Un’umanità felice di belare come un gregge e di sopravvivere come una cosa, in una dimensione del tutto reificata.
Come contro Marx così anche contro il nuovo messianesimo laico dell’Iper-Uomo l’obiezione di Max Stirner appare tristemente vincente in tutto il suo suggestivo squallore. Eppure, l’operazione di Nietzsche appariva lineare: la Terra al posto del Cielo e l’Iper-Uomo al posto di Dio. Al posto di un “Dio dei filosofi”, da Cartesio ad Hegel, già morto nella praxis di una Modernità necrofila e tanatofila.
Questa involuzione dell’umanità, questa sua resa al fatto nudo privo di spirito, al vuoto, al Nulla, all’assenza di senso e di direzione sociale e spirituale era già stata profetizzata dall’apostolo Pietro nelle seconda delle sue lettere evangeliche. Ed è la condizione più pericolosa per qualsiasi ideale evolutivo, anticristiano o cristiano che sia, perché presuppone uno status di totale orizzontalità statica in un’umanità solo edonistica e consumativa e completamente anti-creativa e anti-trascendente.
Mentre Zarathustra ritorna grecamente al corpo oggi la società dell’ultimo uomo ha quasi del tutto dis-incarnato il corpo e il linguaggio tramite l’artificiale e il virtuale, sradicando una delle radici dell’inizio dell’Iper-Uomo. È il monismo monadico di Stirner, già paventato da Marx. Quello di Nietzsche invece può vedersi quale tentativo mito-sperimentale evolutivo corrispondente ad un “hegelismo di centro”, che rifiuta sia l’individualismo di Kirkegaard e Stirner (pur opposti tra di loro), cioè la “destra hegheliana” che le soluzioni collettivistiche-razionalistiche degli heghelisti di sinistra, colpevoli di emarginare le dimensioni ancestrali e archetipico-spirituali dell’umanità.
Lo scenario resta apocalittico. Fino a quando l’estremo dell’involuzione umana, l’uomo-pulce, resterà limite e blocco per l’ultimo Ideale dell’umanesimo? Sì, perché Zarathustra “ama gli uomini”! Non accetta una santità boschiva, che regge solo in quanto rifiuta radicalmente il mondo.
Eppure, il santo del bosco e il saggio del sonno sono le due uniche figure a cui il profeta dell’Iper-Uomo non si oppone ma verso le quali manifesta rispetto! Fino a quando l’ultimo in senso qualitativo e cronologico resterà ultimo nel suo illusorio telos? Fino a quando il “finale” sostituirà il senso del Fine e del Superamento? Quando tornerà il Tempo? A quando un nuovo Inizio?