Come sempre cerchiamo di analizzare le risorse che lo yoga ci mette a disposizione per migliorare la nostra pratica, maturare a livello psico-emotivo e far crescere la coscienza collettiva. In particolare oggi analizzeremo il concetto di forza in diverse sue accezioni per capire come è inteso nello yoga.
Che cosa è per te la forza?
Quando penso alla forza la prima cosa che mi viene in mente è un sollevatore di pesi o un boxeur. Di solito tutti pensiamo in primis alla forza fisica. Magari riusciamo a pensare anche alla forza intesa come capacità più o meno intensa di sopportare lo stress, ma nello yoga quello che può aiutarci più di tutto è iniziare a ragionare su questo termine nella sua accezione più estesa. Esistono infatti vari tipi di forza e sul tappetino, così come nella vita di tutti i giorni, dobbiamo essere consapevoli che abbiamo bisogno di essere forti, ma a vari livelli, e che tutti questi livelli possono sostenersi a vicenda. Si tratta di ricercare l'unione come sempre. Oltre alla forza fisica esistono infatti anche quella mentale, morale e spirituale, di cui dobbiamo tenere conto per migliorare nella pratica così come nelle nostre relazioni. Pensate a queste quattro forze e a un'immagine o un'associazione mentale che sorge in voi spontanea per ciascuna di loro:
- forza fisica;
- forza mentale;
- forza morale;
- forza spirituale.
Ci siete? Ora vi dico le mie.
Forza fisica: come vi ho detto penso subito a un uomo di imponente forza muscolare, un boxeur, un sollevatore di pesi, un lanciatore di giavellotto.
Forza mentale: io la associo a tutte le varianti di Utthita Hasta Padangusthasana (posizioni di equilibrio su una gamba). Sono tra gli asana che mi richiedono più concentrazione e in cui sono consapevole che senza l'attivazione di questo tipo di forza il corpo non riuscirebbe a mantenerle, tanto più nella sequenza Ashtanga dove si lavora su diverse varianti consecutive.
Forza morale: Martin Luther King.
Forza spirituale: per me corrisponde alla fiducia in me stessa e nella possibilità di auto-realizzarmi, nel restare cioè convinta che ce la farò anche nei momenti più difficili e improbabili perché, mi dico, l'universo vuole la mia felicità. Detto così sembra semplice, ma sappiamo quanto è facile perdere la fiducia in noi.
Quello che conta comunque qui è iniziare a ragionare sul nostro personale concetto di forza per capire se e quanto siamo consapevoli di poter essere forti e di quanto potenziale ancora inattivato abbiamo da risvegliare.
Quando ci sentiamo forti e perché?
Di solito ci sentiamo forti in specifiche situazioni in cui il nostro corpo risponde bene a esigenze di carico pesi, stress o quando magari riusciamo a far fronte a situazioni emotive che ci destabilizzano sulle prime. Non a caso la forza è anche collegata al senso di stabilità e sappiamo bene che sul tappetino la stabilità è tutto. Dobbiamo attivare i bandha1, concentrarci sul respiro, non sforzarci fisicamente e meditare mentre stiamo tenendo una posizione per poter restare di fatto nel qui e ora senza distrazioni e senza perdere l'equilibrio. Se non è forza questa non so cosa lo sia. È chiaro però che si tratta di una forza non solo fisica come abbiamo appena descritto, proprio perché i fattori che entrano in gioco per permetterci di mantenere a lungo un asana sono diversi e hanno a che fare con tutti gli aspetti della forza che abbiamo appena citato.
Come lo yoga può insegnarci a sentirci più forti?
Tutto ciò che sperimentiamo sul tappetino ormai lo sappiamo ci accompagna anche oltre. Quindi lavorare con una certa costanza sul senso di stabilità degli asana, sulla ricerca del nostro equilibrio, sull'attivazione del nostro baricentro, imparare a respirare, a meditare, a credere in noi stessi e nel fatto che possiamo sempre migliorare, sono tutte esperienze che potranno aiutarci a coltivare un atteggiamento di fiducia e centratura anche fuori dalla shala2. Spesso mi dico: “se ce l'ho fatta sul tappetino ce la posso fare anche qui”. Lo yoga ci sfida, così come la vita, e se possiamo imparare a costruire la nostra forza, il nostro core per tenere un asana, così possiamo imparare a sentirci più saldi e centrati anche nel nostro quotidiano. L'atteggiamento mentale che vivremo durante la pratica sarà infatti lo stesso che potremo adottare anche in situazioni diverse, ma sarà proprio il fatto di averlo già sperimentato (in una situazione protetta tra l'altro) che ce lo renderà più famigliare e ci permetterà di assumerlo prontamente e con più sicurezza a tempo debito.
Inoltre nel primo dei sette aforismi di Patanjali (II.33) 3 in cui descrive i diversi metodi utili alla purificazione della coscienza per trovare stabilità e forza l'autore ci dice che dobbiamo coltivare un atteggiamento mentale che contrasti i dubbi e le incertezze che ci affliggono:
vitarka-bādhane pratipakṣa-bhāvanam.
Praticando il superamento dei nostri istinti inferiori, per esempio di avidità, gelosia, odio e paura, attraverso lo sviluppo di attitudini come la compassione, la gioia e il distacco si ottiene chiarezza nella coscienza e da qui si giunge alla stabilità nella concentrazione, secondo Patanjali. Dal negativo al positivo. Scegliere cioè di sostituire certi atteggiamenti mentali distruttivi con altri più nutritivi e costruttivi è da sempre la via dello yoga e gli antichi testi ce lo dimostrano.
L'unione fa la forza
Tenere dunque presente che tutti questi tipi di forza sono collegati e ciascuno di loro è importante allo stesso modo ci aiuterà a sviluppare la nostra forza personale sia a livello fisico che interiore. Senza forza fisica dovrei dipendere dagli altri, come ci insegna Stewart Gilchrist, senza forza mentale non sarei in grado di scegliere, senza forza morale non potrei contribuire al benessere della mia comunità e senza quella spirituale mi sentirei una banderuola al vento. Ciascuno di questi aspetti contribuisce al rafforzamento degli altri se iniziamo ad ascoltarli nella loro dimensione armonica e di unità. Come un loto ha mille petali così una parola ha mille sfumature. Dobbiamo imparare a coglierle tutte e a tenerle insieme se vogliamo risuonare all'unisono.
Note
1 I bandha (sigillo, legame) sono contrazioni muscolari che si eseguono a livello pelvico (mula bandha), diaframmatico (uddiyana bandha) e della gola (jalandhara bandha) durante l’esecuzione degli asana per bruciare tossine e migliorare la circolazione sanguigna e linfatica.
2 Shala (sanscrito, “casa”), termine usato in tutto il mondo per indicare il luogo in cui si pratica yoga.
3 Patanjali, Yoga Sutra, cit. cap. II, aforisma 33.