Sicuramente ti sarà capitato di indossare occhiali con filtri colorati, io per esempio ne indosso sempre un paio che uso principalmente per guidare ma mi piace tenerli in ogni caso alla luce del giorno. Sono con le lenti blu, le ho scelte perché mi rilassano e mi aiutano ad abbassare i toni e a migliorare il contrasto.

Perché ti dico questo? Perché, come avrai letto, ho specificato che “mi rilassano e mi aiutano ad abbassare i toni e a migliorare il contrasto”. Cosa significa? Che li ho scelti, consciamente, al fine di modificare la percezione di quello che vedo. Allo stesso modo, se volessi, potrei indossarne di colore rosso per rendere i toni più caldi o gialle per vedere meglio nella nebbia e così via.

Posto che non sono un ottico, né mi voglio addentrare in queste disquisizioni delle quali mi ritengo un assoluto ignorante, il motivo di queste affermazioni ha il solo scopo di spiegare metaforicamente quanto sia importante il filtro attraverso il quale vediamo ciò che ci accade.

Il modo in cui ci sentiamo è in gran parte condizionato da questi filtri che, appunto, modificano l’umore che, a sua volta condiziona il nostro modo di agire. A causa di ciò possiamo percepire quel che ci accade in modi diametralmente opposti: una giornata di sole con lenti gialle potrebbe essere insopportabile, mentre con lenti blu o verdi potrebbe sembrarci meravigliosa. Un non vedente addirittura, per ovvi motivi si soffermerebbe su altri aspetti come il tepore dei raggi solari, il profumo dell’erba o l’odore acre dell’asfalto bollente, sensazioni che a noi probabilmente sono in secondo piano ma che, tuttavia, fanno comunque parte della percezione generale della stessa realtà.

Nel mio lavoro di coaching, uno dei primi obiettivi è quello di modificare, quando necessario, proprio questa cornice: portare il cliente a guardare la cosa sotto altri punti di vista reincorniciando la sua realtà. Il mio compito ovviamente non è di suggerire cosa fare, quanto indicare un modo diverso di vedere. Non parlo di bicchieri mezzi pieni o mezzi vuoti o di ottimismo ad oltranza, quanto di capacità, elasticità, abitudine a vedere sotto diverse prospettive. A meno che non si voglia rimanere fermi ad aspettare aiuto o reclamare attenzione (che sarebbe in ogni caso una scelta), si può sempre cercare una strada diversa dal piangersi addosso, una via per risalire e magari anche sfruttare qualche opportunità.

I filtri alterano la realtà? Sì, vero, ma chi ti dice che quello che credi di vedere senza filtri sia realmente così? Come fai ad affermare con assoluta certezza che la nostra percezione sia quella giusta? Sei davvero sicuro che non sia comunque una tua interpretazione? Magari siamo davvero su Matrix e non lo sapremo mai! Un daltonico, ad esempio, vede i colori diversamente e nessuno di noi può affermare che sia lui o lei a sbagliarsi. Magari sono loro a vedere correttamente!

Una città con la nebbia o con il sole è sempre la stessa, siamo noi che la percepiamo diversamente. Un quadro con una cornice nera non è diverso dallo stesso con una cornice dorata, il quadro rimane quello, ma la percezione che ne abbiamo è totalmente diversa. Non esisterebbe la comunicazione, il marketing, non esisterebbe un packaging accattivante o una campagna pubblicitaria. Tutto è condizionato dalla percezione che ne abbiamo, come l’emozione che ci procura una mela su un computer o un giaguaro su un’auto o tre strisce su una scarpa.

Tutto, ma proprio tutto è rivedibile: possiamo rivedere eventi, inquadrare e percepire in maniera totalmente diversa ciò che ci accade in base a luogo, momento, stato d’animo, compagnia, profumo, luce e chi più ne ha più ne metta.

Ovviamente però, i nostri filtri e i nostri modi di vedere non sono frutto di una scelta ma di abitudini acquisite col tempo. Il nostro filtro, il nostro paradigma non è altro che una sedimentazione di regole e risposte che crescendo ci siamo dati e che, pian piano, hanno creato il nostro software che decripta la realtà. Attraverso le nostre lenti, diverse da quelle di chiunque altro, vediamo il mondo e lo interpretiamo e credere di poter cambiare all’improvviso, magari da soli e senza sforzo, è come credere di indossare un paio di sci e vincere lo slalom gigante senza allenamento.

In realtà cambiare modo di vivere è anche peggio, perché ci obbliga a disimparare qualcosa di naturale, riscrivere sopra un software esistente che, per di più, tende a non farsi aggirare, un antivirus che respinge i nuovi comandi andando in stallo. Prova a cambiare modo di camminare per un giorno soltanto e sentirai il dolore muscolare e articolare la sera a casa.

Ricordo benissimo la fatica che feci quando il mio allenatore decise che avrei dovuto imparare a nuotare in maniera diversa per migliorare il mio tempo personale. Ero e mi sentivo goffo e impacciato, così come noi ci sentiamo goffi e impacciati a rispondere in un modo che non ci appartiene e a comportarci come mai siamo stati abituati. Ci volle del tempo, fiducia, fatica, volontà, rabbia e dolore, ma col tempo i risultati arrivarono. Anche nella vita è così, ci vuole del tempo.

Siamo quindi il risultato delle abitudini che abbiamo preso. Pensare di avere risultati diversi comportandoci sempre allo stesso modo è da folli, disse Einstein (più o meno così).

Armiamoci di coraggio, pazienza, volontà e la nostra vita cambierà insieme al nostro modo di vederla.