Ho perso la testa per amore e cammino tre metri sopra la terra, oppure, come canta Vasco Rossi, “tutto un equilibrio sopra la follia” e l’amore ha bisogno anche di una buona sana follia che ti sconvolge i sensi e mette in moto ogni attività biochimica.
Nel mio libro La vita nella vibrazione dell’amore nel capitolo Sei Amore, (qui troverete un breve sunto), scrivo che quando s’incontra l’amore non è soltanto un’attrazione fisica legata alla visione che si manifesta davanti ai nostri occhi ma qualcosa che non si riesce a spiegare e che né i miliardi di cellule, né le reazioni biochimiche che si scatenano nel nostro corpo sono capaci di svelarci l’emozione e lo sconvolgimento psico-emozionale.
L’amore resta così qualcosa come un segreto inviolabile, che non si può circoscrivere ma che ci coinvolge in ogni nostra parte fisica e psichica anche se con l’assetto della razionalità ha poco a che fare.
È irrazionale e, come scriveva William Shakespeare, “Se l'amore non ti ha fatto commettere mai neanche la più piccola follia, vuol dire che non hai mai amato” e le follie, ci dicono, appartengono al cervello. A quella parte dove il nucleus accummbens è sede del piacere e dell’euforia. Entra in gioco il mesencefalo per tutte le sensazioni come quelle olfattive che scatenano la dopamina per aumentare la percezione della felicità. Aumentano i livelli di testosterone negli uomini e di estrogeni nelle donne. Sembra che questo primo momento biochimico sia legato a quella che viene chiamata infatuazione e che durerebbe circa sei mesi per poi o lasciare spazio al nulla oppure farci andare verso l’attaccamento quando avviene il rilascio di feniletilammina che amplifica tutte le emozioni.
Eppure le emozioni non sono ascrivibili e ripetibili ma talvolta le si vuole raccontare come un qualcosa di così fisico che fa perdere la poesia che l’amore contiene. Per descrivere l’impazzire d’amore si ricorre ai livelli di serotonina come se l’amore fosse un disturbo ossessivo compulsivo. Una malattia da neuropsichiatria che non ti fa più vedere nulla se non quella che è la realtà che percepisci dentro di te. Ci viene spiegato dal punto di vista biochimico quanto può durare ogni passaggio che va dall’innamoramento alla passione e come interviene la neuroipofisi nel rilascio dell’ormone dell’amore, l’ossitocina che senza questo ormone non potremmo avere tenerezza, dolcezza. Oppure la vasopressina che assicura la fedeltà. Che l’amore nasce dalla necessità di appagare l’esigenza inconscia di affetto e di soddisfazione dei bisogni sessuali come se la persona della quale ci innamoriamo sia secondaria ad ogni altra nostra necessità.
È vero che l’amore non può essere solo altruistico così come descrivo nell’articolo L’amore e il sano egoismo ma è pur vero che nulla ha a che fare con la sola necessità di appagamento dei nostri bisogni fisici.
L’amore è poesia che risponderà sicuramente a percorsi biochimici, endocrini, da un neurotrasmettitore all’altro ma esiste la vera biochimica dell’amore ed è quella che nasce chiara-mente nel cuore. Che afferisce verso la mente che per quanto questa possa tentare di mentire, alla fine, si arrenderà al volere del cuore, muterà e attiverà quel programma dove ogni pensiero diventa desiderio, volere verso il sogno e farlo diventare realtà.
È nel cuore che si trova la sede dell’amore, dell’innamoramento, è lì che una speciale ed unica ossitocina, adrenalina, dopamina, endorfina si produce per dare il via alla danza dell’amore che può tutto e che, come scrive Paulo Coelho, in cui l’unica alternativa davanti all’amore è perdere completamente il controllo.
Si deve diventare ciechi e lasciare che a vedere sia soltanto l’amore perché l’amore non è cieco. Per quanto possiamo essere innamorati e per quanto studi neurologici ci dicano che più siamo innamorati e più la corteccia frontale ridurrebbe la sua attività non facendoci vedere chi è realmente l’altro di cui siamo innamorati, l’amore vede lo stesso e percepisce la parte più vera dell’altro dentro se stesso.
Carl Gustav Jung sosteneva che: “l’uomo desidera la donna dal momento che la percepisce inconsciamente come una configurazione vivente della sua anima. Lo stesso accade al desiderio della donna che in quell’uomo ritrova risonanze con il suo animus”.
Tutto questo accade e consente di dare vita a esperienze sensoriali indicibili, divine. Dove, chiara-mente, dentro la complessità della semplicità del suo essere speciale puoi leggerci l’infinito.
Vi potrebbe sembrare strano ma, talvolta, l’amore si propaga attraverso un profumo indossato da chi ci ha fatto innamorare che non sveglia solo i feromoni ma che attiva tutti i sensi. Un profumo che si respira con gli occhi e che ti fa vedere dove invece si dice che l’amore è cieco. Oppure un sapore che puoi trovare in una fetta di torta al cioccolato preparata anche senza nessuna connotazione sentimentale se non quella del piacere della condivisione. Nasce dentro e fuori di noi e non può essere controllato. È una miscela esplosiva che contiene tutto e oltrepassa ogni confine della realtà percepibile dove il sapore è la delicata consapevolezza, la dolcezza di una vibrazione che è chiara e porta il suo nome.
Tutto questo e altro ancora che non è ascrivibile ma è ripetibile senza doverci fermare a comprendere quale attività biochimica si scatena, ci fa sviluppare esperienze tra il conscio e l’inconscio e quest’ultimo non è fuori di noi. Appartiene alla profondità dove le spinte emozionali, gli impulsi non sono solo biochimici per l’interagire di ormoni ma dell’intero sentire dentro quell’onda vibrazionale invisibile che si propaga a grandi distanze e raggiunge l’altro. Insieme confluiscono in ogni percezione dei sensi che portano a consapevolezza che ci sono esperienze che trascendono ogni ragione della chimica.
È anche questa la biochimica quantistica, anzi, di più.