Sono passati circa 100.000 anni, da quando sulle coste orientali dell’Africa apparve una nuova specie umana - quella che oggi definiamo come Homo Sapiens, e da cui discendiamo tutti. Non era la prima, e nemmeno l’unica. Per alcune decine di migliaia di anni, il pianeta Terra ospitò varie specie umane, anche se alla fine - in un modo o in un altro - il Sapiens prese il sopravvento su tutte le altre. Il DNA ci dice che, sia pure in piccola parte, ciò avvenne anche per integrazione tra le diverse specie; minime tracce di codice genetico neanderthaliano sono, ad esempio, presenti negli europei. Nel frattempo, il processo evolutivo della specie continuava, sinché - all’incirca 70.000 anni fa - non giunse a maturazione la Rivoluzione Cognitiva. Il linguaggio ed il pensiero dei Sapiens spiccarono il volo, distaccandosi dalla mera realtà.
Quel che accadde, è che in quella specie umana maturò la capacità di astrazione, cioè di immaginare - e pensare, e descrivere, e rendere ‘vere’ - cose che semplicemente non esistevano, nel mondo naturale in cui viveva. Da ciò, scaturirono innanzitutto le narrazioni fantastiche, i miti, gli dei. Ma questo ‘scatto in avanti’ delle capacità cognitive ebbe soprattutto conseguenze assai pratiche; la costruzione di immaginari che andavano oltre l’orizzonte della vita dei cacciatori-raccoglitori, fu la base su cui si innestò la possibilità di cooperazione tra gruppi sempre più vasti di individui, con ciò determinando il passaggio dalla dimensione tribale a quella sociale. A quel punto, il Sapiens era - di fatto - già l’essere umano che conosciamo oggi, con le medesime capacità cognitive. Anche se, ovviamente, le sue conoscenze erano profondamente diverse.
Ciò nonostante, ci sarebbero volute ancora alcune decine di migliaia di anni, prima che la storia della specie entrasse nella Storia, e prendesse quel ritmo di accelerazione crescente che oggi conosciamo.
Il passaggio dalla condizione di cacciatori-raccoglitori a quella di allevatori-coltivatori, prima di tutto, è il fondamento della civiltà urbana, dell’accumulazione, e quindi della società, dell’economia. Ci vorranno circa altri 10.000 anni, perchè dalla società agricola scaturisca la Rivoluzione Industriale, ma ne basteranno poi soltanto 200, per la Rivoluzione Digitale. L’Homo Sapiens è biologicamente e cognitivamente più o meno identico a quello che andava a caccia nella savana centomila anni fa, eppure ha trasformato il pianeta in misura straordinaria, ed ha espanso le sue conoscenze in misura altrettanto incredibile. È passato dall’essere solo una delle varie specie di mammiferi, all’essere il predatore alfa del sistema solare.
Ma ecco che, solo 60 anni dopo, un’altra straordinaria Rivoluzione Cognitiva si affaccia sul pianeta Terra. Ma stavolta - e per la prima volta in assoluto - anche se questa rivoluzione è il prodotto dei Sapiens, è anche autonoma da essi. L’Intelligenza Artificiale è, appunto, l’avvento di una capacità cognitiva separata ed esterna rispetto a quella dei suoi creatori. Una capacità infinitamente superiore sul piano quantitativo - capace di gestire una quantità enorme di informazioni, e di elaborarle ad una velocità incredibile; ma che appare anche immensamente ‘profittevole’, e quindi i Sapiens tendono ad affidarvisi in misura sempre maggiore, delegandovi la gestione di quote sempre crescenti della propria vita. L’AI si profila dunque come il meta-regolatore automatico del vivere futuro.
Come verrà utilizzata, è quindi la questione centrale del futuro prossimo. A quale scopo, con quali finalità, e soprattutto in che misura, la società che stiamo costruendo si affiderà all’AI? Come ogni strumento, può avere un utilizzo ‘buono’ ed uno ‘cattivo’; nello specifico, può essere uno strumento di liberazione, ma anche di dominio.
Ed a tal proposito, va considerato che si può intendere il dominio come una questione intraspecifica, politica (il dominio dell’uomo sull’uomo), ma anche in senso interspecifico (il dominio dell’Homo Sapiens sulle altre specie animali, ed in definitiva sull’intero pianeta). Certamente, siamo in una fase della storia umana in cui i due aspetti non solo coesistono, ma sono reciprocamente funzionali, in quanto entrambe afferiscono strutturalmente alla logica del capitalismo.
Il rischio è, appunto, che questa logica venga trasmessa agli algoritmi su cui si fonda l’intelligenza artificiale, e che quindi quest’ultima diventi la chiave per cristallizzare questa forma di economia, di società, di politica, limitando - se non impedendo - lo sviluppo di nuove forme, estranee a logiche di sfruttamento e dominio.
Perchè appare sempre più evidente che il modello capitalistico è in rotta di collisione con l’equilibrio ecologico della Terra, ed anche quando si parla di ‘transizione ecologica’ non si intende il passaggio ad una società che viva in armonia col pianeta, ma semplicemente un insieme di aggiustamenti, tali da consentire il prosieguo sostanziale dell’attuale modello, e che anzi costituiscano una nuova fonte di profitto.
Dovremmo ricordarci sempre la lezione dei dinosauri. Furono specie dominante sulla Terra per 165 milioni di anni (al confronto, la storia di tutte le specie umane non è che una briciola); poi, una serie di eventi, capaci di determinare profondi e lunghi cambiamenti nelle condizioni ambientali, li portarono rapidamente all’estinzione. La Terra è sopravvissuta a quegli eventi; con i suoi tempi, ha ritrovato un suo equilibrio. Delle varie specie di dinosauri non sono rimaste che le tracce fossili, e la loro scomparsa consentì l’emergere di altre specie, che precedentemente erano troppo in basso nella catena alimentare. Prima tra tutte, i mammiferi.
Senza la scomparsa dei grandi sauri, non sarebbe mai arrivata l’era dei Sapiens. Dopo i Sapiens, potrebbe toccare ad altre specie.
Memento.