Durante un trasferimento dovetti separarmi da qualche esemplare di rosa che aveva reso più allegro e colorato un piccolo giardino di cui mi prendevo cura, pur non essendone la proprietaria. Una sorprendente Rosa ‘Seagull’ che si riempiva di cascate bianche di roselline semplici non doveva essere potata, si era raccomandato il collezionista che me l'aveva donata.
Avevo recuperato e riabilitato una decina di rose moderne degli anni Settanta, estremamente profumate e da taglio, che i vecchi proprietari avevano potato per anni e ridotto a piccoli bastoni malatissimi, tutto con un po’ di attenzione nel riparare il piede delle rose in inverno con un terriccio fai da te di foglie e legnetti triturati. Esplosero con lunghi tralci che facevo arrampicare in un faggio maestoso, che nel mese di maggio accoglieva sui suoi rami enormi fiori giallo pallido, con i bordi lievemente rosati. Non dimentico neanche quella che tenevo in vaso, la più affascinante tra tutte per il profumo e per l’elegantissimo portamento: la Rosa Lady Hillingdon dai boccioli crema quasi ambra dall’intenso profumo di tè. E oggi grazie alla lettura di uno dei pochissimi testi dedicati interamente alle rose Tè, classe di rose inizialmente chiamato “Tea Scented –China Roses”, apprendo che proprio lei, Lady Hillingdon è tra le più amate e più prodigiose per ricavarne nuovi incroci secondo la visione di un notissimo collezionista e ibridatore indiano: Viru Viraraghavan. Nato nel 1937 a Shimla, la capitale estiva del Governo imperiale dell’India, lontana dal caldo torrido di Delhi, e che a dieci anni era già interessato alla natura e alle piante, era il 1947 l’anno dell’indipendenza dell’India dall’Inghilterra.
In questo volume, Rose Tè. Patrimonio di domani (Nicla, 2020) il rodologo indiano ci spiega insieme alla curatrice, autrice Nicoletta Campanella e altri nomi di chiara fama in materia, Rita Oliva, Charles Quest-Ritson, autore della Grande Enciclopedia della Rosa per Royal Horticoltural Society, Walter Branchi musicista rodologo e Maurizio Feletig celebre vivaista italiano, tutto quello che vorremmo sapere sul poco indagato gruppo di rose, sulla loro intricata e difficile storia. Molto si esplora e approfondisce sul perché del valore di queste rose sia per il grande patrimonio genetico disponibile, sia per la grandissima adattabilità ai climi caldi e alla siccità ma soprattutto per le qualità estetiche e l’adattabilità.
Mi soffermerò soprattutto sulla storia di Viru Viraraghavan appoggiato da una grande esperta di rose e studiosa della materia, Girija Sandilya, sua compagna di vita, perché ha potuto sperimentare il collezionismo e l’ibridazione di questa specie prodigiosa, la rosa, perfino nelle montagne dell’India dove vivono a 2.200 metri di altitudine. La grande innovazione del loro programma di ricerca e moltiplicazione di rose sta nel fatto di incentivare e valorizzare tre grandi gruppi di rose. Tè, Cinesi e ibridi di Rosa gigantea strettamente legati tra di loro. Vediamo perché: quest’ultima la Rosa gigantea, la più grande rosa al mondo per altezza, larghezza e per grandezza del fiore (fino a 15 cm), la iniziarono a raccogliere a Manipur sulle pendici inferiori del Monte Sirhoi vicino al confine con il Myanmar (Birmania). Sono rose ‘indiane’ dal fiore quasi bianco fino al giallo albicocca che resistono molto bene ai climi tropicali e che gli inglesi portarono, tra Ottocento e Novecento, nel luogo preferito ove trascorrere le vacanze: la riviera Ligure. Un libro pioneristico La rosa in India di B.P. Pal dell’Indian National Science Academy, fu di grande aiuto per l’ibridatore indiano che si mise alla ricerca di specie minacciate come la Rosa clinophilla, che ha un’immensa forza di attrazione, sostiene l’autore, perché oltre a essere probabilmente l’unica specie di rosa tropicale al mondo, ha un particolare splendore nelle foglie sempreverdi, le bellissime fioriture bianche come ghiaccio, antere dorate e profumo esotico.
Per il gruppo delle rose Tè, chiamate così verosimilmente per il loro profumo che ricorda appunto la pianta del tè e probabilmente perché i colonizzatori le trasportavano sulle navi che da Canton facevano arrivare proprio il tè, il lavoro degli ibridatori e collezionisti è stato incentivato dalla loro ricerca fatta su questo gruppo di rose, che rispetto agli ibridi da loro ottenuti, e che oggi popolano il mercato della rosa, hanno mantenuto una grande variabilità genetica e delle caratteristiche molto promettenti per la resistenza al clima caldo.
Il riscaldamento climatico richiederà sempre di più quelle rose capaci di resistere alle alte temperature ma anche a freddi repentini e inaspettati, come si verifica spesso in questi ultimi anni. Sulla loro origine fa chiarezza Rita Oliva: “Fin dagli ultimi anni del XVIII secolo avevano iniziato ad arrivare numerose varietà cinesi”, tutte con l’incredibile caratteristica di rifiorenza non conosciuta ancora in Europa, e “tutte discendenti da ibridi di specie molto antiche di Rosa chinensis originaria della Cina, esattamente delle zone di Guizhou, Hubei e del Sichuan, e di Rosa gigantea che cresce spontaneamente nello Yunnan, in Cina e a Manipur, in India. Entrambe grandi scalatrici.”
Oltre alla rifiorenza arrivò così anche il colore rosso purissimo. C’è proprio una data che sancisce la prima rosa à odeur de thè arrivata in Europa: intorno al 1810. Si distinguevano per il loro peduncolo flessuoso che sorreggeva il fiore e i petali sericei dalle tinte pastello molto delicate. I fiori vanno dal color panna al giallo rosato quasi albicocca fino al cremisi, sono doppi o semidoppi mai semplici (cioè a cinque petali come le Rose canine per intenderci) con forme diverse, singoli o a mazzi. Sono rese che formano cespugli ampi con foglie per lo più lanceolate, oppure rampicanti con tralci morbidi e flessuosi.
Ma cerchiamo di descriverle e di darne qualche tratto per conoscerle e riconoscerle, come suggerisce il grande cercatore e collezionista di rose Walter Branchi nel suo saggio. Chi non ha mai visto piante abbandonate di rose in un vecchio casale di campagna? Si chiede Branchi, e riferisce della difficoltà del riconoscimento per varie ragioni importanti: “Contrariamente a ciò che si pensa, il fiore non rappresenta l’aspetto più rilevante per l’identificazione. Infatti, esso è troppo instabile ha un numero di petali che varia con la stagione (con il caldo alcune rose producono meno petali) e lo stesso accade per le intensità e le sfumature del colore”. Un esempio classico sono le fioriture autunnali di colori più intensi e diversi da quelle primaverili. Con la maturità il fiore tende a scurirsi in tutte le rose a sangue cinese mentre nelle rose antiche classiche (Alba, Damascena, Gallica ecc.) avviene il contrario.
Un’indicazione il colore della rosa ce la può dare: il rosso vivo è arrivato con le cinesi, abbiamo detto, mentre le classiche possiedono il porpora. Il profumo ci dà un buon indizio soprattutto per le rose Tè, o i suoi ibridi, che posseggono un odore del fiore acre, amarognolo di tè verde e di mosto, come il portamento arbustivo, cespuglioso, rampicante o pollonante. Quest’ultima è la caratteristica di mettere steli nuovi da terra e avanzare nel terreno formando aiuole vere e proprie in autonomia; un esempio, le rose antiche come le Galliche, le Damascene o le Rugose.
Probabilmente dimenticate perché ritenute troppo delicate e travolte dalla Prima guerra mondiale e la crisi successiva, le rose Tè furono soppiantate dall’arrivo degli ibridi di Tè, che non avevano limiti di diffusione nelle zone calde d’Europa, cosicché nel Nord Europa, in Germania e in Gran Bretagna come in Francia gli ibridatori si dedicarono a questa nuova classe emergente di rose. Molte delle eleganti, resistenti al caldo e robuste Tè sono state ritrovate, alcune riscoperte e nel catalogo illustrato presente nel libro ce n’è da perdersi: dalla fuori classe Rosa “Safrano” (Beauregard,1839), spettacolare rosa rifiorente, da fiore reciso, color burro fino al panna con riflessi rame, a mazzi o singoli molto eleganti ed un fogliame scuro e pochissimi aculei, dall’aroma di Tè misto al chiodo di garofano, alla rampicante Mme Creux (A. Godard, 1890) dalla crescita vigorosa fino a tre metri di altezza, con fiore piatto rosa antico all’esterno e sfumature decise color arancio all’interno, da mettere lungo un muro o su bassi tralicci per un effetto sicuramente elegante, fino alla cespugliosa Bianca di Corbara (Walter Branchi, 1997) piccola e adatta anche ai vasi nei terrazzi, con fiore grande avorio che si può velare di rosa, generosa di fiori e di profumo dedicata al piccolo paesino umbro.
La storia delle rose è complessa, affascinante e misteriosa, le vicende si intrecciano da quelle antiche alle moderne, dalle spontanee alle coltivate e noi ammiratori di queste continue sorprese di fioriture che ci regalano quando abbiamo il forte desiderio di identificarle ne violiamo la loro magia e il loro fascino, come conclude bene Branchi.
C’è il tempo della vita di un fiore e quello di un suono,
il tempo delle luci e delle ombre di un albero
e del sole e di treni lontani.
È il mio tempo.
È ogni tempo.
Partecipa e crea.
L’intero di un frammento.(W. Branchi da Intero. Verso una musica della complessità, Fondazione Isabella Scelsi, 2019)