Tra incertezza economica e restrizioni derivanti dalla pandemia, frenano inevitabilmente i consumi delle famiglie. Quello di quest’anno sarà un Natale sicuramente più sobrio, con tredicesime più leggere e un ridimensionamento della spesa per i regali. Secondo gli ultimi dell’Ufficio Studi di Confcommercio, infatti, la spesa complessiva per i regali di Natale subisce una flessione del 18%, mentre i consumi delle famiglie si riducono del 12% rispetto allo scorso anno così come si registra la più alta percentuale di persone che prevedono un Natale molto dimesso (84,5% contro il 68,7% del 2019). È in forte riduzione la quota di coloro che faranno regali passando dall’87% del 2019 a poco più del 74% di quest’anno.
Tuttavia lo studio evidenzia la voglia di reagire alla crisi: chi ne avrà la possibilità prevede di spendere per i regali circa 164 euro a testa contro i 170 del 2019. Il mese di dicembre, che per i consumi vede ridursi il suo valore economico, resta comunque il mese più importante dell’anno. Nel 2019 il mese di dicembre valeva 110-115 miliardi di euro di spese per consumi tra affitti, utenze, servizi, pari a circa 81 miliardi per le sole spese commercializzabili, cioè alimentari, abbigliamento, mobili, elettrodomestici bianchi e bruni, computer, cellulari e comunicazioni, libri, ricreazione, spettacoli e cultura, giocattoli e cura del sé, alberghi, bar e ristoranti.
Nel 2020 questa spesa (fortemente correlata al benessere economico delle famiglie) scende a circa 73 miliardi di euro correnti. L’ammontare complessivo delle tredicesime quest’anno è inferiore a quello dell’anno scorso passando dai 43,3 del 2019 ai 41,2 miliardi di quest’anno, flessione dovuta soprattutto al calo dell’occupazione e della CIG, di conseguenza anche la quota di tredicesima destinata ai consumi diminuisce di circa il 12% con una riduzione di spesa per famiglia dell’11,1%, scesa a 1.334 euro dai 1.501 euro del 2019. Come si evidenzia nello studio “da parte delle famiglie c’è voglia di reagire malgrado lo scenario attuale si configuri come quello con la più grave crisi dal dopoguerra ad oggi. Nel 2020, PIL e consumi pro-capite tornano sui livelli di metà anni ’90 e in un solo anno, dal 2019 ad oggi, si è perso più che nei quattro anni della crisi dei debiti sovrani”.
Si spengono inoltre le luci sul settore del turismo, la propensione a viaggiare è ridotta al minimo storico e i progetti di vacanza sono rinviati praticamente a estate 2021. Già a fine novembre 7 Italiani su 10 dichiaravano che non avrebbero fatto viaggi, almeno fino alla fine di gennaio, ponendo termine alle aspettative di una seppure minima ripresa. Nelle sole strutture turistico-ricettive tra fine dicembre e gennaio mancheranno 10,3 milioni di turisti tra italiani e stranieri che avrebbero speso almeno 8,5 miliardi di euro.
Questo quanto emerge dalla rilevazione di novembre dell'indice di fiducia del viaggiatore italiano, calcolato mensilmente da SWG per conto di Confturismo-Confcommercio. Fanno ancora più temere però le valutazioni di prospettiva espresse dagli intervistati: salgono al 44% (erano al 37% nella rilevazione di ottobre) coloro che attenderanno a partire dalla loro residenza anche quando l'emergenza sarà finita e si riducono quelli che invece desiderano concedersi una vacanza non appena fuori dal rischio Covid passando dal 45% al 39%. Quando si chiede al campione di immaginare il luogo della prossima vacanza, il 44% risponde una località di mare, e solo il 30% menziona la montagna: la maggior parte progetta dunque le vacanze direttamente per l’estate del prossimo anno.