Da qualche tempo, la narrativa d’arte volge il proprio sguardo verso i dimenticati. Soffermandosi, in particolar modo, su svariate figure femminili – spesso poste in secondo piano – le quali ritornano a galla in tutta la loro potenza ed il loro splendore.
È il caso del magnifico volume di Lauretta Colonnelli, dedicato alle Muse Nascoste che ci ha permesso di porle qualche domanda, affinché ci dia ulteriori delucidazioni su questa superba carrellata di donne al centro delle più disparate opere d’arte; attraverso Paesi e secoli diversi.
Com’è nata l’idea di un volume così ricco ed inusuale?
Osservando le figure femminili che ci guardano dai quadri. Mi è venuta la curiosità di conoscere meglio queste donne. Alcune di loro furono famose e potenti, intelligenti e colte, come Lucrezia Tornabuoni, mamma di Lorenzo il Magnifico, ritratta dal Ghirlandaio nell’affresco sulla parete destra di Santa Maria Novella a Firenze. Un potere esercitato nell’ombra, come esigeva la regola di casa Medici, che imponeva di stare accanto al re senza diventare regina. Restando dietro le quinte, Lucrezia ebbe una parte importantissima nel merito, sempre attribuito esclusivamente a Lorenzo, di aver trasformato Firenze nella culla del Rinascimento. Si capisce leggendo le sue lettere.
Di altre donne è celeberrima l’immagine, ma l’identità è rimasta sconosciuta per secoli. Come quella della Nana dipinta dal Mantegna nella cosiddetta Camera degli Sposi, sulla parete del torrione nordorientale del castello di San Giorgio a Mantova. Fino a pochi anni fa non si conosceva il suo nome. Era un’ignota donna di mezza età, alta poco più di una bambola, con un bellissimo vestito rosso, accolta nella famiglia Gonzaga per divertire la corte. Soltanto pochi anni fa si è scoperto che si chiamava Lucia. Mantegna non aveva ancora finito di ritrarla quando la vide partire per la Germania, il 10 giugno del 1474, con la comitiva che accompagnava Barbarina Gonzaga a celebrare il suo matrimonio con Eberardo I di Württemberg.
Non aveva un nome neppure la splendida donna raffigurata nel quadro di Marie-Guillemine Benoist, esposto al Louvre da oltre due secoli come Portrait d’une négresse. Il titolo è stato cambiato in Portrait de Madeleine nella primavera del 2018, quando una studiosa francese rintracciò il nome e la storia della négresse in un archivio di Londra: Madeleine era un’ex schiava della Guadalupa, arrivata in Francia al seguito di una coppia di aristocratici.
Ci sono donne pazientissime, come Hortense Fiquet, la moglie di Cézanne, che lui costrinse a posare immobile per ore e giorni e anni, per una vita intera, intimandole di trasformarsi in mela, di sentirsi mela, di essere mela. Il pittore la ritrasse in ventinove tele a olio, quattro acquerelli e una cinquantina di disegni. Fu la sua unica modella. Ma nei libri di storia dell’arte è appena citata.
Ci sono la figlia coraggiosa di Henri Matisse, l’amante di Gian Lorenzo Bernini, la sorella di Grant Wood, le bambine di Balthus, la tredicenne che il preraffaellita John Everett Millais raffigurò nel ritratto più conturbante dell’epoca vittoriana.
Cosa può dirci delle ricerche e delle sfide affrontate nel completare questo libro?
Cercando informazioni nelle lettere, nei diari, nelle testimonianze storiche, spesso mi sono imbattuta in episodi che non mi aspettavo, che non erano mai stati raccontati. Come la militanza di Marguerite Matisse tra i partigiani della Resistenza francese durante la Seconda guerra mondiale, il suo arresto da parte della Gestapo, i mesi di prigionia e di torture, il viaggio in treno verso il campo di concentramento di Ravensbrück, il bombardamento degli alleati, la fuga nei boschi… I particolari sono descritti nei documenti dei servizi segreti francesi, resi pubblici nel 2013. E non si deve pensare che tutto questo sia estraneo alla pittura di Matisse. Perché si ha l’impressione che sia stato lui, alla fine della guerra, a curare il viso straziato di Marguerite, disegnando ogni giorno i lineamenti ammaccati e contratti del suo viso, e riconducendoli pian piano verso la serenità con quella linea meravigliosa e ondeggiante che aveva scoperto tanti anni prima mentre dipingeva il ritratto di lei bambina.
C’è una musa alla quale è particolarmente legata e che pensa abbia ispirato il volume stesso?
Sono legata a tutte. In qualche modo mi hanno accolta nella loro vita, mi hanno permesso di conoscerle, di raccontarle, di ripercorrere i loro dolori e le loro speranze.
Ma il particolare che ha fatto scattare la ricerca è stata la fascia nera legata intorno al collo di Marguerite, la figlia bambina di Matisse, nel ritratto che è ormai un’icona. Una fascia che Marguerite portò per tutta la vita e che nascondeva un segreto.
Pensa manchi qualche musa all’appello? Possiamo sperare in un seguito?
Quando progettai il libro, tre anni fa, ne avevo scelte cinquanta, dal Quattrocento ad oggi. Scrivendo, le ho ridotte a sedici, altrimenti sarebbe venuto fuori un volume alto come un’enciclopedia, dato che era indispensabile corredare il testo con le immagini. Come poi è avvenuto. Il seguito? Forse.
Può già dirci qualcosa dei suoi progetti futuri?
Ho appena finito di scrivere un libro di storie sull’Italia meridionale, da Napoli fino alla Sicilia. Una settantina di racconti brevi, in cui niente è inventato. Ogni storia nasce da un incantamento: per un dipinto, una scultura, un’opera di architettura, un capolavoro letterario. Da queste storie si affacciano figure mitologiche e persone realmente esistite, dal tempo della Magna Grecia ai giorni nostri. I ritratti di queste persone, o le loro opere, si trovano disseminate in musei che quasi nessuno conosce, o in siti archeologici impervi da raggiungere ma carichi di magia, o in parchi costellati di opere d’arte contemporanea. Un patrimonio immenso che non si finisce mai di scoprire. E raccontandolo si vedono trascorrere i tempi di guerra e i tempi di pace, le feste e le epidemie. Si vedono passare gli eserciti e i migranti che venivano dal mare, dai lontanissimi Paesi del Nord, dal vicino Medio Oriente. Si riconoscono gli intrecci di religioni e culture, di usi e costumi, di vicende private che sembrano d’oggi e invece si svolsero migliaia di secoli fa. E di ogni cosa è rimasta traccia.