Nel suo aspetto, nelle sue vesti Io era tenuta a ripetere
l’immagine della dea che serviva. Era una copia che
tentava di imitare una statua. Ma Zeus scelse la copia,
desiderò la differenza minima, che basta a disarticolare
l’ordine, a produrre il nuovo, il significato.(Roberto Calasso, Le Nozze di Cadmo e Armonia)
Una bella stampa settecentesca che appartiene alla collezione Repetti ci ispira a meditare su di una vicenda del mito greco di grande importanza, di intenso fascino ma pure estremamente enigmatica: Hermes che sconfigge Argo. Un tema che ebbe un grande successo iconografico in tutta la pittura europea dal manierismo al neoclassicismo. Eppure si tratta di una vicenda strana, bizzarra, poco comprensibile. Naturalmente occorre non ridurla alla favoletta di metamorfosi borghesi motivate dal celare la scappatella di Zeus alla gelosia di Hera.
Occorre rinarrarla dall’inizio. In primo luogo, non è la prima impresa di Hermes ma certamente è una delle vicende che fa sorgere la sua stella, che meglio manifesta la sacralità e divinità del figlio di Maia. La prima impresa di Hermes presenta tuttavia un punto di contatto con quella della vittoria su Argo: il furto della mandria sacra custodita da Apollo. Sembra una contesa fra divinità o eroi pastorali. Un Apollo pastore, condannato a custodire il sacro gregge di Admeto, “l’indomabile”, a sua volta condannato a tale situazione temporanea quale punizione per il suo tentativo di ribellione a Zeus dopo l’uccisione di suo figlio Asclepio.
Questa mandria apollinea-olimpica è sacra in quanto Apollo si adira furiosamente quando Hermes infante la sottrae e ne uccide alcuni capi, inaugurando così il primo sacrificio cruento della storia, se seguiamo la narrazione degli Inni omerici. Sacra la mandria, da conservare intatta, non uccisa, e sacra la razzia della mandria, che è rito spesso ricorrente nei racconti mitici. Ricordiamo le razzie dei Dioscuri, di Teseo verso Heracle, dei Liguri verso Heracle a sua volta razziatore nei confronti di Gerione e le stesse razzie di Autolico, lo zio di Odisseo, l’iniziatore di Odisseo quale eroe.
Come la caccia al cinghiale o al lupo anche il furto con destrezza di una mandria evidentemente rientrava nell’educazione dei rampolli nobiliari destinati ad essere “provati” per divenire eroi adulti e prossimi re. Anche nella Bibbia abbiamo un episodio simile alla contesa fra Autolico e Sisifo ed è dato dalla contesa in tema di greggi fra Giacobbe e Labano. Dato questo presupposto rituale-iniziatico affrontiamo ora nuovamente, con un nuovo sguardo, tutti i dettagli della vicenda che questa bella stampa riprende e rappresenta.
Nella stampa ne vediamo i principali fattori narrativi, riproposti con grande naturalezza ed elegante semplicità: Hermes si riconosce dall’elmo alato, colto mentre sta addormentando il pastore Argo con il suono del flauto. Vicino al pastore, in posizione differenziata rispetto al resto dei capi della mandria, abbiamo Io, in forma di mucca. Argo mostra un lungo bastone, attributo tipico del pastore, e vicino ad Hermes ecco minacciosa e appena visibile una spada posta a terra. La spada con cui la divinità ucciderà Argo quando si sarà addormentato. Ma iniziamo a raccogliere tutti gli elementi iniziali della storia. L’inizio sta nell’innamoramento di Zeus verso Io, donna ninfica e nobile, probabilmente figura sacra del luogo, prima della fondazione della città di Argo. Io figlia di un fiume e sacerdotessa di Hera, la dea dagli “occhi bovini”. Argo significa “splendente” e uno dei suoi primi re si chiama Api, nome egizio. Argo è un eroe a sua volta, anche in quanto uccide la terribile Echidna, uno dei mostri più temibili, sposa di Tifone.
Per celare l’ira di Hera, ira connotata non da “gelosia matrimoniale” ma da “gelosia sacrale” simile all’ira di Artemide quando le sue vergini violano eroticamente la loro consacrazione, Zeus, o Hera o Hermes per Zeus, trasforma Io in un bovino ma Hera affida il bovino umano ad un guardiano speciale: Argo, nome che condivide con un Ciclope. Argo viene descritto come pastore quanto come mostro dai cento occhi, come fosse il drago insonne delle Esperidi o di Giasone. Il rapporto Argo/Io appare archetipalmente il medesimo del rapporto drago/tesoro.
Gli esseri più antichi e primordiali non dormono, come le Sirene, come il drago di Ares di Cadmo. Hermes vince Argo con l’astuzia, come già vinse Apollo, e poi lo finisce con spietatezza, decapitandolo con una spada ricurva, lunare. Accadimento che allude al controllo di culti femminili, di collegi sacerdotali?
Simile impresa sarà quella di Cadmo, o dello stesso Hermes, nei confronti del terribile mostro Tifone, figlio di Gea, che sarà addormentato con il flauto e i discorsi per poi recuperare i tendini di Zeus e i fulmini dei ciclopi, determinando il ritorno vittorioso delle divinità olimpiche. Argo assomiglia ad Apollo. È un altro eroe o nume pastorale? È una figura simile ad Hermes quale guardiano di riti femminili, di donne che si mascherano da animali come le seguaci di Artemide da orse? Io non ricorda Pasifae? E non è Pasifae la stessa Dafne secondo un racconto del mito? Hermes uccide in Argo il suo doppio, l’unico a lui simile.
La vicenda strana della vittoria su Argo, che diventa così come la base sacrificale e sacralizzante della nuova città di Argo, una delle più nobili ed antiche dell’Ellade, non finisce con la sconfitta del misterioso guardiano, così importante da essere trasformato in stella da Hera, ma inaugura una nuova vicenda, altrettanto misteriosa: la peregrinazione di Io per mezzo mondo. Hermes conduce Io prima a Dodona, santuario pelasgico e oracolare di Zeus, primo accesso iperboreo in Ellade, poi arriva con lei in Scizia, incontrando il titano Prometeo incatenato alla roccia. Il viaggio sacro tocca anche altre terre ai confini del mondo: l’India, l’Etiopia, il Bosforo Cimmerio, all’estremo nord; e infine sbarca in Egitto, dove nascerà Epafo, il “toccato”, dai capelli fulvi, primo re sacro dell’Egitto, primo Faraone.
Abbiamo quindi una peregrinazione sacra e rituale che assimila sempre di più Io a Demetra ed Iside. Così viene dipinta nell’Egitto ellenistico e romano: come Iside, con i corni della luna sul capo, e i serpenti rituali, con Hermes nuovo guardiano e regista misterico. Un viaggio curioso e antichissimo, in quanto secondo il mito greco dall’Egitto verranno poi le cinquanta figlie di Danao. Qui con Io ed Hermes abbiamo un caso ancora più antico dove è la Grecia che colonizza e civilizza l’Egitto, invertendo quello che accadrà successivamente.
Secondo un’altra versione del mito Inaco è figlio di Giapeto, e quindi Io ha sangue di titano, sua figlia è Libia e muore in Siria. A cercarla Inaco manda Trittolemo, adepto eleusino di Demetra. Può essere che il tema del viaggio in Egitto di Io sia connesso con la fuga degli dei dell’Olimpo in Egitto al sorgere di Tifone. Il mistero resta, forse è insolubile. Sembra un cerchio, un circolo che si insegue. Certo è che al centro di questo mistero c’è una donna: Io, la cui passione è suscitata in Zeus da un’altra donna: Inx, Iunge, ninfa incantatoria figlia di Eco e di Pan.
Il mistero è un labirinto e si infittisce ad ogni ansa, ad ogni bivio si moltiplica.