Chi non conosce le abilità di Leonardo da Vinci, eclettico genio per antonomasia che prestò la sua opera e il suo ingegno in ogni ambito dello scibile umano, alzi la mano. Nella sua sconfinata produzione, orientata a 360 gradi, Leonardo si occupò ovviamente anche di architettura, progettando fortificazioni, edifici, chiese, ponti, città ideali e urbanistica.
Ma non è di questo aspetto del suo essere stato architetto che vi voglio parlare oggi. Quello che vorrei, invece, è portarvi a ragionare su quelle che furono le antiche conoscenze in base alle quali questo straordinario personaggio trattò l'architettura, al pari di come trattò la musica e tutte le altre scienze nelle quali si cimentò, così da indurvi a una riflessione su cosa l'architettura dovrebbe essere e invece non è.
Un po’ come la musica, del resto.
Non a caso le due materie sono strettamente correlate, come ci insegnano certe opere d'arte antiche o le costruzioni del passato, secondo un rigore progettuale oggi completamente abbandonato.
"A le stesse leggi obbediscono le onde del suono, della luce e dell'acqua", scriveva Leonardo in ciò che rimane dei suoi innumerevoli codici e appunti, avendo chiaramente identificato in una matrice unica il comportamento della materia, del suono e della luce. Tale matrice unica viene definita dall'artista fiorentino "lo moto che è causa di ogni vita", in chiaro riferimento a quello che è il Moto delle Sfere Celesti, ossia la rotazione orbitale dei singoli pianeti principali del nostro sistema solare attorno al proprio asse e attorno al Sole, da cui deriverebbe la forza plasmante di ogni cosa.
Nell'antichità, infatti, si riteneva che l'Universo intero fosse regolamentato da un'Armonia prodotta dalle Sfere Celesti (i pianeti appunto), e che ogni cosa, uomo compreso, dovesse rapportarsi armonicamente con essa, secondo quei canoni di cui tutto ciò che l'Universo contiene si compongono automaticamente in derivazione della stessa.
Un concetto non diverso da quanto viene assunto dagli orientali, dunque, che descrivono il Tao, ovvero il Principio Primo da cui ha avuto origine l'Universo, come la composizione unitaria di una dualità di forze contrapposte, Yin e Yang.
Un filosofo antico greco vissuto tra il V e il IV secolo a. C., Eraclito - non a caso definito "il filosofo taoista" - descrisse lo stesso fenomeno legato al Principio Primo con dei termini più vicini al concetto moderno di scienza. Eraclito, infatti, parlava di un'Armonia generata dal prodotto di due forze (energie) contrapposte:
Ciò che è opposizione è accordo, e dalle cose discordi sgorga bellissima armonia, e tutte le cose nascono per legge di contesa.
Uno dei tanti errori della società moderna, che spesso si comporta né più né meno di una qualsiasi sistema dogmatico che tende a contrastare, è quello di considerare il percorso della scienza come un percorso di crescita lineare nel tempo. In realtà la scienza moderna solo in parte sta rimontando alcune delle conoscenze che erano in capo all'uomo migliaia di anni fa, palesando ancora oggi delle lacune macroscopiche rispetto a quanto gli antichi già conoscevano e dibattevano in termini di astronomia e di conoscenza della biologia del corpo umano, ad esempio. Questo perché la scienza e l'accademia da secoli, se non millenni, sono state asservite al sistema culturale di riferimento condizionante. Si pensi all'annosa diatriba tra geocentrismo ed eliocentrismo che costò a Copernico l'accusa di eresia, ad esempio.
In virtù di questo atteggiamento, dunque, e anche per rafforzare il contributo che la scienza e l'accademia potevano dare allo sviluppo culturale e sociale di una determinata collettività, si è soliti confinare le affermazioni degli antichi filosofi greci come il prodotto di mere disquisizioni verbali, frutto di opinioni individuali, perlopiù campate per aria. La realtà è che i filosofi di allora erano dei veri e propri scienziati, e quanto da loro espresso e raccolto nelle loro opere non erano soltanto disquisizioni filosofiche sul senso della vita fini a se stesse bensì delle vere e proprie formulazioni empiriche volte a spiegare il comportamento della natura universale, all'interno della quale l'uomo si poneva in diretta derivazione, in quanto componente di un Tutto Unicum.
Per correttezza di analisi, allora, dobbiamo assumere lo studio della filosofia nell'antica Grecia secondo la definizione che ne diede Galileo Galilei, uno scienziato vissuto tra il XVI e il XVII secolo e considerato universalmente (a mio avviso a torto) il padre della scienza moderna, fondata sul metodo sperimentale, detto appunto metodo galileiano. Un metodo che in realtà fu anticipato tra gli altri dallo stesso Leonardo, laddove nei suoi codici annotava che la "sapienza è figliola dell'esperienza". Non a caso Giorgio Vasari, che viene universalmente riconosciuto come uno dei più grandi biografi del XVI secolo, parlando di Leonardo scrisse:
E tanti furono i suoi capricci, che filosofando de le cose naturali, attese a intendere la proprietà delle erbe, continuando et osservando il moto del cielo, il corso de la luna e gli andamenti del sole. Per il che fece ne l’animo un concetto sì eretico, che e’ non si accostava a qualsivoglia religione, stimando per avventura assai più lo esser filosofo che cristiano.
Paternità di metodo a parte, e confermando l'animo filosofico/scientifico di Leonardo, riguardo la filosofia Galilei sosteneva che:
La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto.
Un filosofo era quindi considerato alla stessa stregua di uno scienziato e l'allusione alla lingua universale a cui fa riferimento Galilei è costituita da rapporti matematici e geometrici con cui è composta la trama vibrazione dell'intero Universo, determinata nella nostra galassia dalle interazioni gravitazionali e orbitali dei singoli pianeti. Quando noi ci riferiamo a certi filosofi del passato, dunque, in realtà stiamo parlando di scienziati che ci hanno introdotto ai segreti empirici che sottendono l'intera vita e esistenza, narrati secondo parametri aritmetici e geometrici ben precisi.
La trama descritta da Galilei secondo "una lingua matematica e i cui caratteri sono triangoli, cerchi e altre figure geometriche", era proprio la cosiddetta Musica delle Sfere Celesti, un concetto tutt'altro che filosofico: in realtà un principio astrofisico ben definito, noto all'uomo sin dall'antichità.
Così, ad esempio, viene descritta da Cicerone, un filosofo greco del I secolo a. C.:
Tu odi quest'armonia che è formata da ineguali intervalli calcolati secondo proporzioni perfette, e riprodotti dai movimenti delle sfere. I suoni bassi si uniscono a quelli acuti in accordi sempre mutevoli, perché queste colossali rivoluzioni planetarie non saprebbero compiersi nel silenzio, e la natura esige che suoni chiari echeggino ad un estremo e suoni cupi rispondano dall'altro. Così il mondo degli astri che ha moto più rapido rotea con un precipitoso trillo argentino, mentre il corso lunare che gli sottosta emette un suono lento e cavernoso. Così le sfere producono sette toni distinti, e il numero settenario e il nucleo di tutto quello che esiste.
Quella descritta da Cicerone in maniera così puntuale è la stessa trama (Armonia) descritta da Eraclito, generata inizialmente da due forze contrapposte e poi sviluppatasi nel tempo e nello spazio "secondo ineguali intervalli calcolati secondo proporzioni perfette", in base alle singole influenze gravitazionali esercitati dei corpi astronomici e dalle loro orbite. Questa trama era chiamata Necessità ed era considerata “maestra e tutrice della natura ... tema e inventrice della natura e regola della vita eterna” (questa la definizione data dallo stesso Leonardo da Vinci) e veniva tradotta dall'uomo in quella scienza che oggi chiamiamo musica. Una scienza che un tempo faceva parte delle quattro Arti Liberali, attraverso le quali si potevano descrivere le dinamiche dell'Universo: Astronomia, Geometria, Matematica e Musica.
Una scienza che ancora oggi avrebbe un fondamento assoluto e inderogabile se nel corso dei secoli la stessa non fosse stata asservita a sviluppare declinazioni culturali parziali, perdendo sempre più il carattere dell'assolutezza per vestire quella della relatività di comodo.
Alla luce di tutto ciò, quindi, possiamo definire l'Universo come un sistema chiuso, regolato da precise leggi matematiche e geometriche inderogabili che non ammette creatività di alcun genere, in quanto perfetto in assoluto. Un insieme unico, un Tutto in cui ogni singolo elemento, anche il più piccolo, è parte di quel tutto dal quale non si può separare mantenendo la stessa matrice vibrazionale che l'ha generato. Allo stesso modo in cui ogni singola cellula del nostro corpo mantiene le informazioni del nostro DNA.
Pitagora, un altro filosofo e matematico greco del V secolo a. C. arrivò a definire "la materia come musica solidificata". Chiaramente non è musica ma è vibrazione. Tutto nell'Universo è vibrazione. Non solo la materia, dunque, è vibrazione solidificata, ma gli stessi colori sono vibrazione, come lo sono le forme, i sentimenti, le emozioni, l'influenza astrale, i cibi che mangiamo o i principi attivi dell'omeopatia. "Se volete carpire i segreti dell'Universo, imparate a ragionare in termini di frequenza, energia e vibrazione" diceva Nikola Tesla, l'inventore e fisico nato nell'impero Austro-Ungarico e poi naturalizzato statunitense relegato ai margini dallo stesso mondo scientifico per la scomodità delle sue asserzioni e brevetti.
Questa vibrazione, come detto, si compone di un numero infinito di frequenze che, combinate in vario modo, proprio come si fa con le note su uno spartito musicale, determina la struttura matematico-geometrica ben definita di tutto ciò che appartiene al mondo naturale: le forme del mondo animale, vegetale e minerale, ad esempio ("maestra e tutrice della Natura").
L'evidenza più immediata di questo fenomeno la incontriamo nella Cimatica, una scienza sviluppata solo nel XX secolo da uno studioso svizzero di nome Hans Jenny, ma in realtà già nota nell'antichità e messa a punto poi in seguito da un musicista e fisico tedesco di nome Ernst Chladni nel XVIII secolo. Descritto inizialmente come un fenomeno limitato alle onde acustiche, in realtà questo esperimento è quanto di più esemplare per comprendere come le vibrazioni determinino la struttura di ogni cosa. Chladni semplicemente dispose del sale su una lastra sottile e la investì con una sorgente sonora (di fatto una vibrazione); a seconda della vibrazione con cui la lastra viene investita, per effetto della vibrazione stessa, il sale si accumula progressivamente nei punti della superficie in cui la vibrazione è nulla, descrivendo delle forme geometriche ben precise che replicano le strutture molecolari elementari. La combinazione congiunta di materiale e vibrazione fa sì che di volta in volta le forme descritte siano differenti.
Potete ben comprendere come la forma del nostro corpo, ma allo stesso modo quello delle piante, delle rocce o delle conchiglie stesse siano il frutto di un insieme di vibrazioni derivate da quell'Armonia di cui l'Universo si compone nella sua perfezione assoluta, a cui si può solo tendere, ma non sostituire.
L'Universo, quindi, è un sistema chiuso che non ammette deroghe all'unica Legge che regola la vita di tutto ciò che vi alberga: la Legge naturale. Questa Legge, che si compone come detto di infinite combinazioni che associando materia e vibrazione danno forma alle diverse manifestazioni di vita che compongono l'Universo, viene riassunta principalmente in due concetti matematici strettamente collegati tra di loro attraverso i quali descrivere la Legge Naturale: la Successione di Fibonacci (detta anche Successione Aurea) e la Sezione Aurea, che ne è la diretta conseguenza.
Leonardo Fibonacci era un matematico italiano del XIII secolo che, si dice, studiando una coppia di conigli, derivò un insieme di numeri che descrivono la dinamica di crescita di una coppia fertile di conigli. Questi numeri danno vita a una sequenza in cui il terzo numero che risulta essere la somma dei due precedenti descrivendo così sinteticamente le dinamiche naturali dell'Universo. 0, 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89, 144, 233, 377, 610, 987 ...
Non diverso è il concetto di Sezione Aurea, strettamente connesso alla Successione di Fibonacci, che approssimativamente possiamo definire come il numero irrazionale infinito derivato dalla frazione di due numeri consecutivi della Sequenza di Fibonacci (3/2, 5/3, 8/5), pari a 1,6180339887. Da questi due principi matematici vengono poi derivati il Pentagono Aureo (descritto anche dall'orbita di Venere e la Terra attorno al Sole) e la Spirale Aurea (che descrive ad esempio la traiettoria in picchiata del falco pellegrino quando caccia), anch'essi essenziali per comprendere le dinamiche matematico-geometriche che sottendono alla Legge Naturale.
Ben conoscendo tutte queste relazioni, l'uomo da sempre ha cercato di imitare la Natura adottando questi principi matematici di derivazione astronomica in tutto ciò che concerneva la propria vita, con la ferma presa di coscienza di far parte di un Unicum la cui legge è inderogabile. Così facendo, l'uomo viveva in completa armonia con l'Universo, stando ben attendo a non influire negativamente col proprio agire con sull'equilibrio vibrazionale cosmico, cercando di vibrare in sintonia con esso. Questo sia dal punto di vista biologico, per un benessere proprio, che dal punto di vista urbanistico e architettonico, ad esempio.
Per questo motivo, l'Arte e l'Architettura nel Rinascimento erano tese a replicare in maniera tassativa quei canoni e quelle Leggi prime di cui la Natura si compone, al fine di vivere in piena armonia con essa, secondo necessità.
Poi, per una serie svariata di motivi che sono alla base della decadenza dell'attuale società, l'uomo, in quanto pensante, ha deciso che l'essere una parte del tutto fosse un ruolo troppo riduttivo per sé e per la sua smania di potere e conquista. Così, in uno slancio d'ego incontrollato, e assecondando l'esigenza di ricchezze materiali sempre più consistenti e a discapito di una ricchezza interiore, ha iniziato a contravvenire a quelle regole prime, anteponendo loro una legge umana, prevalentemente finalizzata al controllo sociale e di mercato, e subordinando ad essi qualsiasi principio, etico o naturale che dir si voglia, per opportunismo e speculazione.
Abbiamo bisogno di tornare a mettere l'uomo al centro dell'Universo, e non l'Universo al servizio dell'uomo, se vogliamo tornare a vivere armoniosamente. Questo possiamo realizzarlo anche sviluppando un'architettura etica, che si rifaccia a quelle regole prime che gli antichi rispettosamente ci hanno insegnato.
La creatività non appartiene all'uomo. Quella è una prerogativa dell'Universo soltanto. Per questo motivo è importante tornare a studiare, conoscere, sapere.
Soprattutto è importante che siano le nuove generazioni a farlo, per riappropriarsi di un futuro che gli appartiene, e hanno per questo il diritto di tornare a progettarlo nella maniera più corretta possibile.