Era l’inizio degli anni ’80 quando Chantal Crousel decise di aprire una sede della sua galleria a Parigi scegliendo di rappresentare artisti che pur provenendo da diverse nazionalità ed utilizzando diversi mezzi espressivi potevano esprimere un comune linguaggio universale. Diretta oggi dal figlio Niklas Svennung la galleria continua in questo importante percorso e fino al 10 ottobre è possibile visitare la personale di Rirkrit Tiravanija Untitled 2020 (once upon a time) (after jasper johns), dove slogan diversi, al limite tra attivismo politico e marketing commerciale, sono riportati su mappe statunitensi o sulla bandiera americana richiamando così la poetica di Jasper Johns. Noto per la sua capacità di far emergere il potenziale sociale di ogni individuo, Tiravanija ha sempre utilizzato gli slogan nelle sue opere, come per esempio alla Biennale di Venezia del 2010 quando aveva installato una macchina che produceva mattoni sui quali veniva riportata in cinese la frase “Ne travaillez jamais” (non lavorate mai), slogan dei Situazionisti.
Le opere allestite presso la Galerie Crousel sono molto particolari ed attuali. Si tratta di opere in tessuto e marmo. I marmi raffiguravano la bandiera americana mentre i tappeti e gli arazzi sono stati realizzati dalla Manufacture d’Aubusson fondata nel Seicento e riconosciuta dall’Unesco come patrimonio dell’Umanità e richiamano le mappe di Johns basate, insieme alle bandiere, sul recupero di alcuni stereotipi di massa. Come fa notare il critico Jörn Schafaff in un dialogo con l’artista, colpisce il riferimento agli Stati Uniti in un periodo come quello attuale di pandemia e per come questa è stata gestita. La mostra sembra quindi un commento alla situazione attuale. L’artista risponde: “Lo so e proprio per questo volevo che fosse realizzata adesso. Ad ogni modo è qualcosa a cui sto pensando da un po’. Ho lavorato sulla bandiera con altri materiali. In un certo senso per me è un ritornare indietro a quando lavoravo con Gretchen Bender. Gli artisti protestavano contro l’invasione del Centro America da parte di Ronald Reagan. Gretchen fece una video animazione decostruendo la bandiera americana come parte della sua installazione multicanale Total Recall (1987)”.
Quando gli viene chiesto se rispetto a quando è arrivato negli Stati Uniti la sua situazione, il suo modo di osservare è oggi cambiato, l’artista risponde: “Quello che succede qui negli States accade in parte perché lasciamo che accada, lasciamo che il Paese domini tutti noi in termini di economia, anche in termini di filosofia perché in qualche modo tutto è incentrato su ciò che questo Paese pensa e fa. E questa non è l'idea giusta per farlo. Ma penso di essermi sentito così anche quando sono arrivato. Il sogno americano è stato subito riconosciuto come una farsa. Ma questo rendeva anche interessante diventare un artista perché era un modo per smantellare queste cose, almeno per me. Che queste cose siano qui ora in una mostra a Parigi è perché colpiscono ognuno di noi”.
Tiravanija è uno degli artisti più interessanti sulla scena internazionale per la sua capacità di coinvolgerci in un’opera di trasformazione sociale che ci pone dapprima di fronte a noi stessi e poi nei confronti degli altri, del contesto, delle ideologie. Una pratica votata all’apertura in un momento storico come quello attuale dove diventa indispensabile andare al di là degli individualismi cercando di trovare o ritrovare quella socialità perduta.