Diario di bordo. Anno zero. Giorno sei.
Vi sono parole, non molte che, pronunciate o udite, inducono sempre un portentoso ventaglio di suggestioni: colpiscono nel profondo perché trattasi generalmente di parole dalla storia profonda, in quanto mettono in gioco la molteplicità delle associazioni connesse, interconesse per dirla alla moderna, con il loro largo spettro metaforico. Una di queste è catastrofe. Etimologicamente catastrofe significa, dal greco, “rovesciamento”, “rivolgimento”, ed indicava, come ci spiega Aristotele, quel momento della tragedia, in cui si scioglie l’intreccio, in cui si verifica la catarsi (purificazione).
La nota etimologica, caro lettore, non è senza conseguenze: il rivolgimento è infatti metaforicamente la “caduta in basso”. Così dunque la prima mitica forma di catastrofe coincide in questo senso con la caduta “a terra” dell’angelo.
Insomma, per raccontarla a chi fosse sfuggito il triste passaggio: quando l’angelo si trasforma in angelo delle tenebre, cade effettivamente, in basso anche fisicamente (in accordo con la cosmogonia biblica: regna sull’Inferno, è principe delle tenebre, proprio rovesciato nel suo stesso contrario.
Continuando potrei citare la Cacciata dall’Eden, il Crollo in borsa del 1929, e giù di lì, ma non vorrei riempire troppo il vostro spazio-tempo di contrari sociali, morali economici con appresso tutte le loro varianti repertoriate dalla prudenza di chi scrive la storia. Non cito neppure l’elaborata teoria delle catastrofi del matematico francese Thom, anche perché se Leibniz, Newton, Hamilton non “risposero”, figuriamoci se posso farlo io qui.
Quel che importa, che qui ci interessa, è cosa si cela nell’etimo della parola “catastrofe”, un importante significato secondo e risultante alla propria dualità binaria (Gestalt-theorie, crescita-forma, rialzo-ribasso): cambiamento di forma.
Il mutamento sottintende una serie continua di fenomeni.
Il mondo cristallino della vita performativa dell’uomo occidentale è rassicurato e rassicurante del cosiddetto “fenomeno-continuo”, la scienza, e l’uomo di scienza che ne deriva, ha fatto in modo di collocare il fenomeno, come fatto prevedibile, quasi tecnico. Perfetto - direte voi - possiamo stare tranquilli. Non proprio.
L’ambiguità sta nel collocarne il punto critico. E cioè quando il mutamento della forma fa crollare l’equilibrio.
Senza esaurire il discorso, avete presente quando improvvisamente il soufflé ambito sognato e prefigurato si sgonfia, crolla, e con lui tutti i nostri sogni di determinare, dirigere, predisporre come volevamo? E con lui quella paura sottile, dell’universo che no, proprio non ci gira attorno, ma quel timore ce l’avevamo già prima, non sappiamo cosa, non sappiamo a chi, qualcosa potrebbe accadere… e che capitino agli altri, che diamine! La Valium-Tv ce l’aveva fatta vedere così… Io devo vivere “adesso e qui”, con i miei obiettivi a portata di mano!
Stavolta però la manovra fallì miseramente, perché la gente che era stata catturata da questo squarcio di televisione verità non era incline a farsi prendere in giro dalle solite tecniche. Perché per fare certe cose ci vuole gente addestrata, e misero un Ministro specializzato in sciagure.
E giù i media, a dar man forte al Ministro, ma ancor prima, a illustrarci e descriverci, dalla Bibbia in poi, passando per il nostro piccolo e amato schermo portable, di locuste, dell’italica Seveso, di inondazioni tremende-tregende, e si salvi chi può. Starci fino al collo è la normalità insomma, l’eccezione è quell’angoletto profumato laggiù, nel golfo pugliese tarantino, e vabbè, si paga caro, eppoi, l’ineluttabile progresso, i comfort, pagare qualcosa ci sta, non si può volere tutto, ma... ma allora c’aspetta un mucchio di merda nel nostro futuro? La catastrofe è ineluttabile?
…e un ombroso Lucifero scenderà su una proda del Tamigi, dell’Hudson, della Senna scuotendo le ali di bitume semi-mozze dalla fatica, a dirti: è l’ora.
(Eugenio Montale, La bufera)
In termini poco alati: quando è che la nave affonda? Quando la montagna frana? Il rivolgimento centripeto verso il basso della catastrofe, in fondo in fondo, non fa altro che rivelare la propria identità, la ferrea di resistenza di esistenza, la caduta dell’uomo come momento di perdita del cielo (Spirito) e di confinamento alla terra (Materia).
Ambiguo, se vogliamo dar retta alle etimologie, la parola ambiguo deriva dal latino amb (intorno) e agere (agire): certo questo significato d’antico sapere laziale spiega le azioni doppie (il tradimento, la menzogna), ma non rende bene il conto della dualità che invece essa evidenzia.
Allontaniamoci un istante dalla bussola delle parole. L’approdo è così vicino che sfugge ai nostri sguardi.
Brano consigliato: Francesco Gabbani, Occidentali’s Karma.