La luce va seguita senza opporre resistenza. Non potrà che illuminarci.
Si è da poco chiusa, l'ultima esposizione al Museo di Arte Contemporanea (MACTE) di Termoli, Nanda Vigo. The Light Project 2020.
Si è trattata dell'ultima esposizione, personalmente progettata dall'artista designer milanese scomparsa lo scorso 16 maggio.
Il titolo riprende Nanda Vigo. Light Project, la prima retrospettiva antologica dell’artista in mostra a Palazzo Reale nell’estate di un anno fa.
L'esposizione al MACTE, a cura di Laura Cherubini e in collaborazione con l'archivio Nanda Vigo, celebra la pioniera della luce partendo dall'opera con cui vinse nel1976 il Premio Termoli: Sintagma. L'opera fa parte del primo gruppo di opere, definiti “trigger of the space”, gli innescatori di spazi, che l'artista ha realizzato a partire dagli anni ‘70, e il titolo dal greco "composizione, ordinamento" si riferisce al termine coniato da Ferdinand de Saussure per definire la combinazione di due o più elementi linguistici linearmente ordinati.
Quarantaquattro anni dopo quest'opera torna protagonista nella sua monolitica indivisibilità di significato, come chiave interpretativa dell'intera esibizione. Tutti i lavori di Vigo hanno in sé una sintesi espressiva che consente loro di presentarsi “nudi” all’occhio del fruitore, forti della forza dell’idea loro sottesa, che è sempre la luce. I lavori in mostra infatti, se da un lato sono stati disposti secondo un disegno espositivo unitario e attento all'architettura del Museo, cifra distintiva degli allestimenti della Vigo, dall'altro dimostrano la relazione tra i due gruppi di opere collegati dalla sua fede, la luce. Si tratta di vere e proprie sculture di luce dalle pareti a specchio, che riflettono lo spazio profondo e che fungono da trampolini verso mondi, porte di accesso all'universo immenso e sconosciuto ma che Nanda Vigo ha ricercato in tutta la sua produzione artistica.
Da ragazza, leggendo Flash Gordon, sognavo di vivere nella città del pianeta Mongo così sospesa tra il cielo e la terra in antigravitazione.
Il secondo gruppo di opere, invece, fanno parte delle light progressions, Trilogy. Omaggio a Gio Ponti, a Lucio Fontana e a Piero Manzoni. Le tre opere sono state realizzate in vetro e neon e rappresentano un tributo a tre uomini protagonisti del percorso professionale e di vita dell'artista. A partire dal 1959, infatti, la Vigo frequenta lo studio di Fontana e poi si avvicina agli artisti che avevano fondato la galleria Azimut a Milano, Piero Manzoni, che diventerà suo compagno di vita ed Enrico Castellani, che coinvolgerà nei suoi sofisticatissimi interventi di architettura. Tra il 1965 e il 1968, collabora con Gio Ponti con cui fonda la Casa sotto la foglia a Malo, “perché lui era l’unico che non seguiva uno schema preordinato, l’unico che non viveva il suo mestiere a compartimenti stagni, bensì con libertà, andando da una disciplina all’altra, senza preconcetti”.
Ripercorrendo alcuni punti salienti della ricerca artistica della Vigo, dagli anni ‘70 ad oggi, la mostra ha modestamente celebrato una delle artiste italiane più importanti della sua generazione, pioniera della sperimentazione tra arte, architettura e design, inserendosi nel percorso di studio e valorizzazione della collezione permanente e della storia del Premio Termoli attivato dal MACTE sin dalla sua recente apertura.
Il MACTE, che ha aperto da un anno, è attualmente in fase di ampliamento della struttura. Ex mercato rionale, prevederà una biblioteca dedicata all'arte e aule didattiche. Nella mostra permanente, invece, si possono ammirare opere degli artisti della pop art italiana: Franco Angeli, Tano Festa, Sergio Lombardo, Mario Schifano, Giuseppe Uncini.
Biografia
Classe 1936, Nanda Vigo è stata esponente del Gruppo Zero e al centro della ricerca artistica degli anni ‘60 e ‘70.
È del 1964 il Manifesto Cronotopico, la sua teoria della variazione dello spazio attraverso la luce e il coinvolgimento sensoriale “di chi fruisce di spazi e oggetti”.
Le sue opere fanno parte della collezione permanente di prestigiosi musei di tutto il mondo, tra cui quella del Museo del Design della Triennale, dal 2006. Dal 2013, alcune sono presenti nella collezione del Ministero degli Affari Esteri.
Continuano le mostre di rilievo internazionale fino agli ultimi anni: nel 2014 espone nella retrospettiva sul Gruppo Zero al Guggenheim Museum di New York e nel 2015 all’interno del programma di Zero, Die Internationale Kunstbewegung der 50er & 60er Jahre al Martin-Gropius-Bau di Berlino e allo Stedelijk Museum di Amsterdam. Il 2015 registra diverse personali: Affinità elette al Centro San Fedele di Milano, Zero in the mirror alla Galleria Volker Diehl di Berlino e al MAC di Lissone, nel 2016 nella galleria Sperone Westwater di New York.