Vento d'autunno / allo sguardo / tutto è haiku. (Takakama Kyoshi)
Se pur con ventiquattro ore d’anticipo rispetto alla Giornata della Cultura che si festeggia ogni anno in Giappone il 3 di novembre, è doveroso omaggiare questa nazione parlando di una delle sue specialità che da secoli si tramanda, si celebra e si rinnova nei gesti, nei sapori e nelle emozioni che ne derivano: il tè. Conosciuto anche col nome di "spuma di giada liquida" e tradizionalmente impiegato nella cosiddetta cerimonia del tè (Chanoyu), fra i più celebri tè giapponesi c’è sicuramente il Matcha.
Le piantagioni dalle quali viene ricavato sono le stesse del Gyokuro – altro famoso tè giapponese – sebbene il raccolto del Matcha subisca un diverso processo di lavorazione. A primavera (Risshun) quando i primi germogli di Camelia Sinensis iniziano a spuntare, circa venti giorni prima del raccolto le piante del tè vengono protette dai raggi solari con delle apposite coperture (solitamente teli o stuoie di bambù) in modo tale che le foglie trattengano più clorofilla, acquisendo un colore verde intenso e di conseguenza un livello di teanina più elevato. Il raccolto delle ultime foglioline apicali si effettua intorno ai primi giorni di maggio, precisamente in corrispondenza dell’Hachijuhachiya (letteralmente "ottantottesima notte"), e cioè ottantotto giorni dopo l’inizio della primavera del calendario giapponese: leggenda vuole che, seguendo questa procedura, la foglia del tè possa donare lunga vita ed eterna salute. Entro le dodici ore successive al raccolto le foglie vengono sottoposte per alcuni secondi a getti di vapore caldo – processo che avviene a una temperatura di circa 100° e che al fine di bloccarne l’ossidazione è esteso a tutti i tipi di tè giapponesi – per poi subire numerosi altri passaggi di asciugatura: saranno prima trattate con un getto d’aria tiepida, e dopo aver separato i residui più duri delle foglie per mezzo di una macchina a tamburo, verranno poste su una superficie piatta per completare l’essiccazione. Da questo momento ci si riferisce al ricavato di tale procedimento col nome di Tencha (il materiale grezzo del Matcha). Il passaggio finale consiste nella frantumazione del Tencha in delle macine di pietra, le quali triturano a tal punto le foglie del tè tanto da conferirgli un aspetto serico simile a quello del talco. Oggigiorno occorre circa un’ora per ottenere 40 grammi di polvere nelle macine di pietra automatizzate. Tuttavia, per circa 800 anni il Matcha è stato prodotto con macine analoghe ma attivate manualmente.
Il metodo di preparazione differisce dagli altri comuni tè in foglia, poiché, più che di un’infusione vera e propria, sarebbe più giusto parlare di sospensione. Chawan, Chashaku e Chansen, rispettivamente ciotola, palettina di bambù e frullino, sono gli utensili necessari alla preparazione del Matcha. Quest’ultima ha poi due varianti, indicate come Koicha (spesso) e Usacha (leggero), nomi con i quali ci si riferisce anche ai vari tipi di Matcha: il primo indica un prodotto di qualità superiore, dal gusto maturo, equilibrato e con un liquido di maggiore densità; il secondo indica invece una qualità leggermente inferiore, dal sapore un po’ più aspro e amarognolo, adatto alla versione più diluita.
Si procede col riscaldamento del frullino di bambù per mezzo di acqua calda – una procedura che consentirà ai rebbi di ammorbidirsi – per poi riscaldare la ciotola con la medesima acqua utilizzata in precedenza. La polvere, prelevata con una palettina, sarà pari a circa due grammi per un Matcha in versione Usacha (e ovviamente superiore per uno in versione Koicha), a cui andranno uniti un po’ alla volta 60-70 ml di acqua a una temperatura di circa 80°. La quantità di liquido è sufficiente a consentire il caratteristico movimento di miscelazione, il quale dovrà essere non rotatorio ma simile a quello compiuto per disegnare la lettera “N”. Quindi, non appena terminata questa operazione, si berrà nel più breve tempo possibile (secondo la tradizione in tre sorsi e mezzo), prima che la polvere si depositi sul fondo della ciotola.
Il gusto erbaceo di questo tè è molto intenso e persistente, a metà fra il dolce e l’amaro, con un tipico liquore dal colore verde giada brillante. Le dosi possono essere aumentate o diminuite in base ai propri gusti personali. Data la sua particolare consistenza, il Matcha si presta benissimo anche alla preparazione di prodotti dolciari: gelato, torte, biscotti e altro ancora. D’altronde in Giappone il numero di Wagashi (dolci fatti prevalentemente con prodotti naturali) è elevatissimo, e fra questi ve ne sono molti preparati con la polvere in questione.
Le proprietà salutari del Matcha sono da sempre rinomate, soprattutto per quanto riguarda le proprietà antiossidanti e l’azione benefica sulla lucidità mentale derivata dalla notevole quantità di catechine, polifenoli e teanina. Non a caso si narra che nel 1191 fu proprio un monaco zen a importarlo dalla Cina e a promuoverlo come bevanda adatta a mantenere alto il livello di concentrazione durante le fasi di meditazione. Nel suo libro Kissa yojoki (un trattato del 1211 su come stare in salute bevendo il tè), il monaco Eisai scrive infatti: «Il tè è una medicina miracolosa per salvaguardare le condizioni di salute. Ha una straordinaria capacità di prolungare la vita. Laddove viene coltivato, si vive più a lungo».
Chiudendo gli occhi / in un antico amore / mi riscaldo.
(Hino Sõjõ)