C’è, in Puglia, un momento preciso in cui si percepisce il passaggio dall’inverno alla primavera: quando le campagne tornano a punteggiarsi di bianco con venature di rosa, grazie alla fioritura dei mandorli. Gli alberi di mandorlo sono, infatti, disseminati a macchia di leopardo in tutti i fondi dedicati ad altre produzioni. Così, inaspettate, fra il verde di un oliveto appaiono alcune macchie candide. Ed è sempre una fioritura spettacolare per la quantità di fiori, in uno spettacolo che coinvolge tutti i sensi.
Ancora più spettacolare se si ha la fortuna di imbattersi in un mandorleto. Qui ci si trova davanti a veri e propri quadri viventi, che nulla hanno da invidiare alla fioritura dei ciliegi in Giappone. Un regalo della natura che infonde un sentimento di speranza, per la nuova stagione che si affaccia, serenità e tranquillità dell’animo. Ma anche un senso di volatilità perché si tratta di fiori delicati, soggetti alle bizze delle intemperie. Basta una gelata improvvisa o un forte temporale per trasformare un sogno in un incubo, che causa la perdita di buona parte dei futuri frutti. *April is the cruelest month, breeding lilacs out of the dead land… *
Purtroppo, anche in questo caso, complici i cambiamenti climatici, sempre più spesso, la fioritura comincia troppo presto, a volte addirittura in gennaio, esponendo le piante ai rischi del tempo inclemente. Per fortuna, eventi negativi, come una gelata, sono sempre limitati ed interessano parti ristrette di territorio, per cui la produzione totale regionale non ne risente troppo, anche grazie alla grande produttività degli alberi. Ricordo che il padre di un mio amico aveva un piccolo fondo, sul quale c’erano solo due mandorli che davano frutti a sufficienza per un anno intero e, assicuro, che la produzione di deliziosi dolcetti di pasta di mandorle era continua. Negli anni, la produzione è aumentata fino a far diventare la Puglia il secondo produttore nazionale, costituendo un importante comparto economico.
La mandorla ha un ruolo di primissimo piano nella gastronomia pugliese, una presenza costante che non sembra conoscere crisi, con tradizioni che affondano le radici nel passato rurale. Un primo esempio è costituito dai fichi secchi ripieni di mandorle, un vero e proprio dolce dei poveri di una volta. Dopo aver fatto seccare al sole per qualche giorno i fichi, si inseriscono una o due mandorle e si richiudono, guarniti a volte con il vino cotto. Una piccola bomba di gusto e di energia, dato che assomma l’alto grado zuccherino del fico secco (dovuto proprio all’essiccazione che azzera l’acqua esaltando gli zuccheri del frutto) con il contenuto organolettico della mandorla, ritenuta di per sé un superfood.
È infatti un alimento ricco di grassi, carboidrati e proteine, con un buon apporto di fibre (solo nella buccia). Inoltre, vitamine del gruppo B, PP, E, sali minerali. Tutti elementi altamente benefici, tanto che le mandorle sono inserite stabilmente in un gran numero di diete, consigliate per regimi alimentari virtuosi.
Non si può dire altrettanto per alcune preparazioni a base di mandorle che sono caratteristiche della tradizione pugliese. È il caso della pasta reale, protagonista di spicco nella pasticceria locale in svariate forme. Una bontà assoluta, dal peso nutrizionale impegnativo. Basti pensare che la ricetta prevede pari peso di mandorle e zucchero. Dolci non indicati, quindi, nelle diete ma indispensabili per concedersi delle coccole di gusto. Forse per mitigare il senso di colpa la pasta reale ha un ruolo fondamentale specialmente durante le festività pasquali, abilmente mascherata sotto forme che richiamano contenuti religiosi. In questo periodo, nelle pasticcerie e anche nelle fortunate case, è tutto in trionfo di agnelli, pesci, tronchetti di pasta reale.
Tra i tanti dolcetti a base di pasta di mandorla una menzione speciale meritano i Biscotti di Ceglie, un presidio di gusto gelosamente protetto dai produttori, composto esclusivamente da prodotti strettamente locali. Si tratta di un dolcetto a forma di quadrato irregolare a base di pasta di mandorle, zucchero, marmellata di ciliegie o di uva, miele, rosolio di agrumi, uova e scorzetta di limone. La particolarità è data dal fatto che metà delle mandorle sono tostate, conferendo il classico colore bruno all’impasto. Si possono anche gustare con un lieve glassatura al cacao: una festa per il palato.
Una ulteriore eccellenza è rappresentata dall’uso delle mandorle nella confetteria, che ha una estrema importanza nei vari eventi: per celebrare degnamente nascite, compleanni, matrimoni (con l’immancabile confettata che accompagna le bomboniere), lauree. Una particolarità salentina sono le cosiddette mandorle ricce: prodotte con mandorle tostate, zucchero acqua e aromi naturali come limoni e cedro sono assimilabili ai confetti, dai quali si distinguono proprio per la consistenza del rivestimento esterno, con la classica arricciatura. A proposito di eccellenze, non si può dimenticare un marchio storico nella confetteria, l’antica fabbrica Mucci, di Andria, attiva da oltre un secolo, con trascorsi addirittura come fornitore della casa reale Savoia.
E ancora, per dimostrare la sua ubiquità e la straordinaria versatilità, la mandorla è protagonista di un’altra preparazione tipica del Salento e di Lecce in particolare: il caffè salentino, vera e propria bandiera identitaria del Sud di Puglia, ma ormai super popolare anche a Milano (abbiamo già parlato della passione meneghina per la Puglia nell’articolo sulla burrata). Si tratta di un caffè da bere con ghiaccio e un sostanzioso apporto di latte di mandorla, perfetto specialmente nel caldo periodo estivo, magari accompagnato dal classico pasticciotto a colazione. Il latte di mandorla è ottenuto dall’infusione in acqua di mandorle tritate e zucchero, accuratamente filtrata per ottenere il gustoso succo ed è usato, oltre che per il caffè salentino, come bevanda semplice, dando anche un discreto apporto nutrizionale.
Dove la mandorla pugliese dà il meglio di sé, manifestandosi, anche visivamente, in tutta la sua grandezza è in un altro dolce tipico, immancabile in ogni festa patronale: la copeta (o cupeta). Si tratta di un croccante, simile ad un torrone, ottenuto con mandorle tostate, zucchero e miele, aromatizzato alla vaniglia, prodotto in tavolette lucide e quasi scintillanti, di grandezza variabile, nelle quali le mandorle sono incastonate come petre preziose, che danno veramente il senso della festa. Una volta veniva preparata a vista direttamente sulle bancarelle delle feste, ognuna dotata di grandi piani di marmo su cui lavorarla e farla freddare prima della vendita, per cui si poteva apprezzare la maestria dei produttori. Adesso si preferisce portare i pezzi di copeta già pezzati e pronti per la vendita. Il risultato non cambia.
Una bontà da gustare con oculatezza. Gli stessi ingredienti che la compongono suggeriscono prudenza: è, infatti, una bomba calorica che, purtroppo, crea assolutamente dipendenza e se ne vorrebbe ancora e ancora. Bisogna essere bravi a dominarsi. Inoltre, è caratterizzata da una discreta durezza, dovuta alla cristallizzazione degli zuccheri, motivo per cui bisogna stare anche attenti alla dentatura. Insomma, è un dolce che racchiude in sé le caratteristiche della terra di Puglia, massima dolcezza e una certa asprezza, unite in un mix irripetibile.