Ex enfant prodige ma sempre pianista raffinato, fluente compositore, prolifico bandleader e complice accompagnatore, André Mehmari è un talento difficile da imbrigliare, viste le sue solide radici classiche cui abbina la capacità dell'orecchio assoluto, doti che lo hanno portato poi ad ampliare notevolmente le sue prospettive musicali fin dalle prime battute.
Classe 1977, André è un fluminense, ovvero un brasiliano dello stato di Rio de Janeiro: all'attivo circa 42 album, abbinati ad una destrezza nel passare da uno strumento all'altro - ben 25 strumenti - che ha qualcosa di sovrannaturale. Dal flauto alla chitarra, non c'è niente capace di sfuggirgli armonicamente; nel novero dei suoi lavori (almeno tre all'anno, gli ultimi sono un piano solo ed un altro progetto dedicato a Bach), spiccano le collaborazioni con Hamilton De Holanda, Monica Salmaso e Mario Laginha, ma anche l'amicizia che lo lega a Gabriele Mirabassi, uno dei pochi musicisti italiani la cui rispettabilità è quasi più quotata all'estero. Cordiale e disponibile, ci ha raccontato di sé in un quasi perfetto italiano.
Hai iniziato la carriera quando gli altri bambini sono appresso a soldatini e videogiochi, a 13 anni addirittura hai registrato la tua prima composizione, hai prima suonato o respirato?
Penso di avere ereditato dei geni musicali perché mia mamma in casa suonava fisarmonica, pianoforte e chitarra, questo lo so benissimo. Non ho un ricordo preciso di quando la musica è entrata nella mia vita. Probabilmente prima di respirare su questo turbolento e chiassoso pianeta. Mi hanno riferito che sempre mia madre era intenta a suonare il pianoforte poco prima di andare all’ospedale per farmi nascere. La musica è sempre circolata in casa, classica, popolare, canzoni napoletane, Antonio Vivaldi, Igor Stravinsky, Duke Ellington, veramente di tutto.
A proposito di Napoli e di Vivaldi, so di questa tua grande passione per la cultura classica italiana e per Claudio Monteverdi in particolare, è anche per questo che conosci la nostra lingua?
Mi piace tutta la cultura “antica” italiana. Il barocco veneziano del Seicento è davvero molto speciale per me, sempre vicino al mio cuore in un modo quasi irrazionale. È sempre molto emozionante visitare l’Italia. Quando ci torno mi vengono quasi le lacrime quando penso che posso vedere di persona tutto quello che avevo studiato con grande trasporto sui libri di storia dell’arte.
Anche per la tua carriera precoce hai già una discografia copiosa: quali sono i capitoli che meglio ti rappresentano?
Si tratta di un’evoluzione naturale del mio percorso artistico. Credo che ogni disco sia una rappresentazione di quel momento specifico e dei relativi pensieri musicali. Sarebbe molto difficile sceglierne qualcuno... sono come dei figli unici ed altrettanto cari. Ritratti estremamente fedeli.
Ci sono differenze nel lavorare con musicisti e produttori europei in rapporto a quelli brasiliani? So di un bel rapporto, di amicizia e di lavoro con Gabriele Mirabassi, ad esempio.
Onestamente no, dipende poi dalle persone. Nel caso di Gabriele poi si tratta di una persona speciale, un amico caro oltre che musicista geniale. In più è anche un vero appassionato della cultura brasiliana, non solo di quella musicale. Per me è come fare musica con un compatriota, non con uno straniero. Esattamente la stessa cosa: con lui abbiamo registrato vari pezzi, fra cui Miramari, un album pubblicato dall'etichetta italiana Egea nel 2010 a cui sono molto legato.
Fra i tuoi progetti c'è anche un album condiviso con Hamilton De Holanda in cui avete omaggiato due titani della vostra musica come Egberto Gismonti e Hermeto Pascoal: quali sono i punti in comune e le differenze fra i due musicisti, cosa ti rende vicino a loro e qual è la loro attualità, considerando che la loro di carriera è quasi vicino alla tua di età?
Egberto e Hermeto sono due dei più grandi maestri brasiliani moderni. Menti straordinarie che hanno realizzato una serie di opere che resteranno nel tempo. Questo omaggio è stato molto sentito con una bella serie di concerti dappertutto. Personalmente mi sono sempre sentito vicino alla loro sublime arte.
A parte loro due e ovviamente Monteverdi, quali sono stati gli altri artisti che ti hanno influenzato nella tua crescita di musicista?
Ho studiato tutto Stravinsky, Brahms... E poi Bach, che è l'inizio e la conclusione di tutto. L'ho sempre avvertito vicino a me, quasi come se fosse una religione. Fra i brasiliani ovviamente Jobim, Nazareth, Pixinguinha, Dorival Caymmi, Milton Nascimento ed il suo “Clube da Esquina”… con tantissimi altri grandi artisti.
Chi è stato un musicista o compositore nella storia della vostra musica che non è stato considerato o non ha avuto il successo/fama che avrebbe meritato per quanto è stato capace di realizzare?
Devo dire che il Brasile ha sempre svalutato i suoi più grandi creatori con una poco invidiabile capacità di dimenticare la nostra storia. Davvero un peccato mortale: il primo che mi viene in mente è Aníbal Augusto Sardinha, artisticamente conosciuto come Garoto. Si tratta di un compositore (chitarra tenore e mandolino) di gran modernità, in grado di aprire la via maestra per la bossa nova. Con tutta una scuola moderna e virtuosa di chitarra brasiliana. E poi come non ricordare Luiz Eça, pianista e compositore di altissimo valore, seppur anche lui resta sconosciuto ai più. Anche Bill Evans lo amava...
Il Brasile è una nazione affascinante, probabilmente unica, per tanti motivi: è grande quanto un continente, c'è una mescolanza di culture e tradizioni diversissime, un grande attaccamento alla musica: quali sono le priorità di cui dovrebbe occuparsi oggi una amministrazione veramente illuminata e retta?
Il Brasile vive un tempo di gran tristezza. Mai avrei pensato di essere circondato da tutta questa follia. Molti artisti sono diventati nemici della nazione, con tutte queste orribili fake news fatte circolare dall’estrema destra. È vero che l’arte brasiliana è sempre stata ammirata nel mondo, però adesso la nostra cultura vive il suo momento di sfida più estrema per sopravvivere in una società che ignora più che mai tutto questo splendore! I politici sono i peggiori, perché stanno distruggendo la cultura, con un'agenda consapevole ed attiva di attacchi nei confronti di artisti e studiosi accademici di vari campi. Un terrore inimmaginabile, spero con tutte le mie forze che questo incubo possa finire presto.
Mi ha sempre colpito, oltre al talento, la tua curiosità nell'ampliare stile ed orizzonti. Quali saranno i tuoi prossimi passi e quale potrebbe essere un tuo desiderio relativo a carriera e collaborazioni ancora da realizzare?
Ho mille sogni! La musica mi ha sempre salvato la vita ed in questo momento difficile il credo nell’arte è più forte che mai. Sono impegnato su diverse commissioni di composizioni per orchestra e musica da camera. Anch'io sto lavorando da casa, che è una possibilità molto importante, dal momento che non ho nessun concerto fissato da qui al prossimo anno. Appena ci sarà la riapertura parziale del mondo, dopo la pandemia penso che sarà più facile portare a teatro le mie formazioni più piccole, ho anche molta speranza di poter tornare presto nella mia amata Italia.
A proposito, come ci vedi dal tuo Brasile? Che impressione ti dà il Belpaese?
Credo che abbiamo molte cose in comune. Ma allo stesso tempo il Brasile è un Paese giovane, mentre la tradizione italiana è molto antica, fascinosa e traboccante di ricchezze: mi sembra però che gli italiani siano più orgogliosi della loro storia e cultura... l'influenza italiana è anche molto evidente qui a São Paulo. Da sempre appassionato della vostra lingua, ho letto tutta l'opera di Italo Calvino e Dino Buzzati nell'idioma originale italiano. Li adoro!