Diario di bordo. Anno zero. Giorno tre.
Il contadino viene finalmente a sapere quanto è buona la cultura con le pere.
Il grande illusorio e surrogato di una vita diversa entra nel Settecento nel ceto medio e, soprattutto, tra le donne borghesi: il romanzo. Nei primi due secoli tipografici il libro non dipendeva dalla domanda, cioè l’autore non scriveva libri per soddisfare il gusto di chi acquista: vuoi per amore, vuoi per dispetto, l’autore dipendeva da un limitato numero di lettori: nell’ordine, preti, studiosi e gentiluomini. Il romanzo-libro-merce necessita evidentemente il solletico all’acquisto, la Grande Trovata è l’inserimento del dialogo, in quanto il lettore possa ‘riprodurre’ mentalmente più volte la scena.
Il susseguirsi di scene nel romanzo, è, ante litteram, praticamente un’immagine quasi audio visiva. “Ora leggono tutti i ceti e gradi sociali” dice un editore soddisfatto di tre secoli fa. Erano nati i ripetitori audiovisivi, non me ne voglia Ridley Scott di Blade Runner, ma i replicanti c’erano già.
Benvenuto da Costco,
ti voglio bene...
Benvenuto da Costco,
ti voglio bene...
Benvenuto da Costco,
ti voglio bene...(Dipendente della Costco, Idiocrasy, 2006, Mike Judge)
Da lì allo schermo, neanche un battito di pagina. Il ripetitore elettronico trasforma il romanzo audio visivamente ripetuto in teleromanzo, l’autore in grande chiacchierone, l’appagamento del ‘fantastico’ trova collocazione, in un crescendo ritmato di risate dedocacofoniche, in un’immagine che cancella la precedente, la successiva la precedente ancora, movimenti e fisiognomica serviti a tavola, parlarsi diventa una ‘battuta’. Il ragionamento è morto e il nuovo confezionamento di battute, in qualche modo, diventa una ragione che dà ragione perché ha ragione. Eccetera, eccetera.
Consiglio, a questo pro, di sforzarsi, in questi tempi difficili, a non tentare di fugare le tenebre ma di immergersi, con il fine di rivelarle. Nel frattempo, mentre i lavoratori dell’Orgia si danno da fare incessantemente, per non perdere il giusto nutrimento, propongo una bella ricetta:
Polpette all’antica Roma
Questo è un piatto che tutti sanno fare, ma richiede pazienza e attenzione, ve lo propongo in chiave classica, se poi lo voleste fare più semplice, non è necessario tanto condimento:
Tritate il lesso avanzato dal brodo colla lunetta, e tritate a parte una fetta di prosciutto grasso e magro per unirla al medesimo. Condite con parmigiano, sale e pepe, odore di spezie, uva passolina, pinoli, alcune cucchiaiate di pappa, fatta con una midolla di pane cotta nel brodo o nel latte, legando il composto con un uovo o due a seconda della quantità. Formate tante pallottole dal volume di un uovo, schiacciate ai poli come il globo terrestre, panatele e friggetele nell’olio o nel lardo. Poi con un soffritto d’aglio e prezzemolo e l’unto rimasto nella padella passatele in una teglia, ornandole con una salsa d’uova e agro di limone. Se non tollerate i soffritti ponetele nella teglia con un pezzetto di burro, ma vi avverto che i soffritti, quando siano ben fatti, non sono nocivi, anzi eccitano lo stomaco a digerire meglio.
Nota bene: la ricetta è un falso storico, in quanto i romani non utilizzavano l’aglio.
Signori, potete uscire, adesso.