Carissimi … per limitare il contagio del Coronavirus, sospendiamo, pur con dispiacere, i nostri incontri … possiamo pensare ad altre modalità … la vostra creatività può anche essere messa in gioco in questa situazione di criticità sanitaria e sociale. … Se credete possiamo utilizzare la mailing list anche per mettere in comune informazioni, letture, film che possono nutrire la nostra esperienza di gruppo, così che la distanza non sia vissuta come lontananza. Aspetto vostre proposte e suggerimenti, magari un guizzo di sperimentazione nuova, perché no?
Questo messaggio a tre gruppi di supervisione di psicoterapeuti che si incontrano circa ogni mese regolarmente per continuare la loro formazione condividendo pensieri, emozioni, esperienze connesse al loro lavoro, darà vita ad un modo altro di incontro, ad un modo nuovo, possibile in questo lungo periodo di “quarantena”, di isolamento coatto perché necessario, ad un modo diversamente vitale e proficuo per mantenere il senso del gruppo, di vicinanza, per non sentirsi soli.
Sì è un momento di grande fatica e preoccupazione. Mi mancherà molto non poterci incontrare. Anche secondo me sarebbe importante trovare un modo per condividere le emozioni che stanno emergendo in questo momento.
(Laura Ti)
È una situazione strana e piena di sensazioni contrastanti. Sicuramente trovare un modo per condividere in gruppo pensieri ed emozioni in merito, può essere un’occasione di riflessione e ricchezza, non così frequente, così come continuare a mantenere attivo il pensiero analitico sia su di noi che sui nostri pazienti. Skype può essere una modalità.
(Laura Tu)
Anche io sono pienamente d’accordo. È sicuramente un momento faticoso in cui vanno fatte delle rinunce…
(Gabriele)
… e poi sarà utile condividere i vissuti di questo tempo un po’ sospeso e quello che in noi sta suscitando.
(Linda)
… devo dire comunque che la maggior parte delle persone che sto sentendo attraverso telefono o Skype sta tirando fuori risorse e dinamiche nuove, diverse, per certi versi più profonde. Forse la nostra disponibilità a mantenerci ‘presenti’ e forse ciò che questo periodo alimenta anche dentro noi terapeuti, sta portando elementi nuovi nel campo. Io ho la sensazione addirittura che si sia creata una vicinanza diversa, forse ancora più autentica proprio perché non scontata. … Mi piacerebbe più avanti pensare ad una riflessione in gruppo di questo momento, con cui ancora riesco a tratti a fare i conti. … La nostra professione è un’ancora di salvezza … ci nutre la mente e l’anima e ci impone di restare in equilibrio per poter essere di aiuto ai nostri ‘ospiti’.
(Ilaria)
Concordo con la decisione di rimandare il nostro incontro e ringrazio per i contenuti sempre interessanti che vengono condivisi in questo gruppo… e che leggo con piacere anche maggiore in questi giorni in cui si devono trovare modi diversi per coltivare i legami significativi.
(Chiara C.)
E iniziano a circolare pensieri, emozioni, ma anche poesie, riflessioni di psicoanalisti che hanno scritto articoli sulla questione del virus, proposte di riletture di testi che possono dare voce alle nostre perplessità e sostenerci in questo periodo buio, ma anche illuminato dalle candele accese allo stesso momento, e dal desiderio di mantenerci saldi insieme attraverso immagini e parole condivise.
… in questo momento più che mai le riflessioni e i pensieri sono ossigeno prezioso per la mente.
(Gabriele)
...l’idea di una vicinanza di menti ed emozioni aiuta a mantenere un senso di identità e di appartenenza.
(Ilaria)
Sentiamo fortemente il bisogno di coltivare la mente di gruppo come una preziosa pianta nel giardino dei pensieri. Ed intenso si rivela l’impegno da parte di tutti nel fare i “giardinieri,” quasi inverando il desiderio di Nina Coltart “… in un mondo ideale tutti gli psicoanalisti dovrebbero avere un giardino” o la visione “verde” di Lingiardi che nel suo Mindscapes accarezza il sogno di “terapeuti giardinieri”. D’altra parte, psicoterapeuti e giardinieri condividono le doti della pazienza, della speranza e del tollerare l’imprevedibilità.
Sostituire con i pensieri in rete la mancanza fisica dello stare in gruppo diventerà allora la risorsa a cui attingere, per mantenere tonica ed idratata la piantina della nostra relazione e le emozioni che la costituiscono.
Ecco allora in nostro soccorso anche lo scambio e la lettura del saggio di Di Chiara et al. sulla funzione psicoanalitica della mente per aiutarci ad affinare maggiormente l’assetto mentale psicoanalitico, ovvero quella “funzione psicoanalitica della mente (Hautmann, 1981) da noi intesa come capacità di entrare in relazione con l’altro e nello stesso tempo su di sé…”, aiuto per rinforzare il “setting” mentale soprattutto in questo periodo dove necessariamente il solito “setting” sta subendo sensibili cambiamenti, ovvero per aiutarci a predisporre al meglio un ambiente di ospitalità mentale per compensare la mancanza dell’ambiente fisico, familiare, luogo di incontro, fatto di carne e ossa. All’assenza dell’incontro di persona e alla stranezza/estraneità del parlarsi per telefono o tramite piattaforme Internet si può offrire la familiarità di quell’ascolto speciale, base sicura a cui aggrapparsi, contenitore sperimentato in cui depositare pensieri dolorosi, appesantiti ancora di più dalla situazione di emergenza che stiamo vivendo tutti.
René Kaës ci soccorre da vicino: “Dobbiamo arrischiare delle analisi nuove, fabbricare degli strumenti mentali, proporre dei modelli di intellegibilità per pensare di nuovo e provvisoriamente questo rapporto con lo sconosciuto che noi abbiamo scelto come il nostro modo di essere al mondo”.
Certo il nuovo spaventa, abbiamo tutti bisogno di un noto e allora rispetto ad una realtà nuova per tutti, più che mai è utile appellarsi al pensiero di Fédida che ci richiama “Il ruolo dell’analista è quello di immaginare. … Immaginare ciò che un altro ha vissuto”.
Immaginare anche davanti a un non senso, a un nuovo disorientante, non codificato, ad una diversità traumatica, mai prevista, ad una scomparsa del corpo nella relazione, ad un buco che può paventare la presentificazione del fantasma.
Ma davvero potrebbero disvelarsi risorse inaudite, insperate per mantenere vivo e pulsante il corpo assente in questi strani incontri di psicoterapia.
Si attiva tanta cura e si mette in campo tanta creatività per cercare di ricreare le stesse condizioni, fisiche, ambientali, sensoriali dell’incontro di persona, questo da parte di enrambi i membri della coppia, in modo che l’assenza fisica non significhi lontananza.
I nostri capisaldi teorici vibrano intensamente e acquisiscono dimensioni carnali quando riverberati nella situazione traumatica che stiamo vivendo dove dobbiamo raccogliere le forze per far fronte all’emergenza reale, drammatica e allora la capacità di tollerare l’ignoto e l’incertezza, l’attivazione della pazienza e della speranza, la disponibilità al cambiamento senza lasciarsi travolgere dall’angoscia del nuovo, vengono davvero messi in gioco e li riscopriamo anche come possibilità ancora più vicina per risuonare delle difficoltà nostre e dei nostri pazienti.
È una situazione che ci pone di fronte al dolore, alla sfida/coraggio di incontrarlo e alla speranza di trasformarlo, nel senso di renderlo assumibile, metabolizzabile.
E ci fa toccare con mano il limite di non poter modificare la realtà, la verità dell’evento, però sappiamo che possiamo cambiare la verità emotiva, quella sì, quella ci appartiene, fa parte della nostra mente, riguarda la nostra relazione col mondo, quindi possiamo cercare di elaborare la nostra reazione alla realtà e alla verità.
Nella chat di gruppo Ilaria condivide la bella poesia di Kitty O’ Meary che nel 1869 scriveva:
E la gente rimase a casa
E lesse libri e ascoltò ...
E ascoltò più in profondità …
E la gente comincò a pensare in modo differente …
E la gente guarì …
E quando il pericolo finì
E la gente si ritrovò
E si addolorarono per i morti
E fecero nuove scelte
E sognarono nuove visioni …
e ne restiamo emotivamente toccati.
Gabriele commenta “Che bellezza! sembra scritta per questo momento”.
E Laura Ti: “Forse ognuno di noi, nel suo intimo, sente il bisogno di riuscire a piangere calde lacrime, fatte di paura, di rabbia e del bisogno di tornare a respirare quel contatto umano in carne ed ossa, che tanto, tantissimo, ci manca.”
Ilaria propone dal Libro Rosso di Jung il passaggio che riguarda l’epidemia in nave e l’obbligo di quarantena dove il capitano aiuta il mozzo a tollerare le privazioni raccontadogli la sua esperienza: “l’indiano mi consigliò di prendere l’abitudine di immaginare della luce entrarmi dentro e rendermi forte. … Acquisii abitudini nuove … quell’anno mi privarono della primavera e di tante altre così, ma io ero fiorito ugualmente, mi ero portato la primavera dentro, e nessuno avrebbe potuto rubarmela più”.
Micol manda al gruppo della musica da sentire rigorosamente in cuffia per apprezzare gli effetti speciali di una nuova tecnologia. Anche questo un modo nuovo per sintonizzarsi…
Carla ci invia immagini dalla natura, è un aiuto a mantenere il contatto con la vita.
Quanto nuovo e quanti scambi fioriscono per compensare le assenze!
A commento del bell’articolo della Algini Strane sedute nel tempo del Covid veicolato da Chiara S., Ilaria ci dice: “molto suggestiva l’immagine dei ponti sospesi … paradossalmente, per chi è abituato a questa condizione, questa situazione è contraddittoriamente rassicurante … una mia giovane paziente mi ha detto di sentirsi finalmente in pari col mondo … e ha aggiunto che di solito si chiede agli introversi di vivere da estroversi, questa volta sta succedendo proprio il contrario. Mi sono rimaste dentro queste parole … penso anch’io che la maggior vicinanza/intimità possa in parte derivare dall’essere tutti attraversati da questo periodo angosciante …”.
Al proposito Barbara scriverà: “Sono andata a rivedere i ponti sospesi e immediatamente ho percepito la sensazione di peso… di corpo che affonda sulla fragilità di un ponte … di un legame fragile e allo stesso tempo forte che può e sa resistere, ma cede. Le sedute di questi giorni con i nostri pazienti le sento allo stesso modo. Fragili e pesanti. A tratti spossanti nella loro intensità, ne esco affaticata, ma con la sensazione di non dover mollare la presa, di tenere fino alla fine. Isolati ma presenti…”
E Federica porta questa sua esperienza: “proprio ieri nella mia seduta Skype con l’analista si rifletteva su quanto paradossalmente ci si possa sentire più “vicini” per alcuni aspetti, essendo tutti in questo momento immersi in un vissuto che ci accomuna così tanto … creando una situazione estremamente inusuale. Inoltre il poter vivere sia da paziente sia da terapeuta il mezzo della seduta ‘telematica’ trovo che possa aiutare molto, se non altro per riflettere sulle proprie e altrui scomodità (ma anche comodità in certi casi)”.
E per dare pensiero e raffigurabilità del virus anche alla mente infantile, Federica costruirà una bellissima favola inserita in un video di favole per grandi e piccini intitolato PensaCheFavola, dove racconterà de La febbre ad Animalandia.
La febbre, dunque, era stata portata, secondo alcuni animali, da asini esterni alla fattoria. Scompiglio, ribellioni, e soprattutto difficoltà nel rispettare le regole del limitare i propri spostamenti brucanti, del restare a distanza di almeno tre metri e di bere ognuno dal proprio secchio d’acqua, avevano creato ulteriosi disagi e confusione. Finchè Tau esasperato dalla situazione tuonò “siamo animali ma non siamo bestie e invece qui tra noi abbiamo dato spazio alla bestia peggiore di tutte, la paura, che ci sta facendo ben più danno di qualsiasi febbre … e alla parola bestie gli animali, tutti, diventano solitamente più sensibili.” E anche i nostri animali della fattoria, toccati dal monito di Tau, per discostarsi dall’essere bestie, diventarono più mansueti e permisero al fattore “di separare chi era febbricitante da chi non lo era e a dare ad ognuno quel che riteneva avesse bisogno … e la febbre finì il suo corso di febbre.”
Oh, l’ordine è ristabilito, tutto torna al suo posto, che sollievo!
Favola pensata sì per i bambini, ma che teniamo lenitiva e utile anche dentro di noi in questo periodo dove la pazienza, la tolleranza dell’incertezza e la speranza costituiscono le basi fondamentali per pensare il futuro.
Bisogna avere pazienza
verso le irresolutezza del cuore
e cercare di amare le domande
stesse
come stanze chiuse a chiave
e come libri
che sono scritti in una lingua che
non sappiamo …Quando si vivono le domande,
forse, piano piano, si finisce,
senza accorgersene,
col vivere dentro alle risposte
celate in un giorno che non
sappiamo.(R.M. Rilke, 1903)
Ma non è questo anche il senso del vivere la psicoterapia?