Quello che mi interessa in modo costante, quasi ossessivo, è il paesaggio urbano contemporaneo, il fenomeno sociale ed estetico delle grandi, rapide, incontenibili trasformazioni in atto nelle città del pianeta e penso che la fotografia sia stata, e continui forse a essere, uno strumento sensibile e particolarmente efficace per registrarlo.
È quanto affermava uno dei più grandi fotografi italiani e della scena internazionale, Gabriele Basilico (1944-2013), l’interprete delle città e delle metropoli, a cui è dedicata nel Palazzo delle Esposizioni di Roma una grande mostra dal titolo Gabriele Basilico. Metropoli.
La rassegna, a cura di Giovanna Calvenzi e Filippo Maggia, che sono anche i curatori del bel catalogo edito da Skira che accompagna la mostra, è costituita da oltre 250 opere, datate dagli anni Settanta ai Duemila, e si sviluppa lungo un percorso articolato in cinque grandi capitoli: Milano. Ritratti di fabbriche 1978-1980, il primo importante progetto realizzato da Basilico; le Sezioni del paesaggio italiano, un’indagine sul nostro Paese suddiviso in sei itinerari realizzata nel 1996 in collaborazione con Stefano Boeri e presentata alla Biennale Architettura di Venezia; Beirut, con due campagne fotografiche per la prima volta esposte insieme, realizzate nel 1991 in bianco e nero e nel 2011 a colori, la prima alla fine di una lunga guerra durata oltre quindici anni, la seconda per raccontarne la ricostruzione; Le città del mondo, un viaggio nel tempo e nei luoghi da Palermo, Napoli, Genova e Milano sino a Istanbul, Gerusalemme, Shanghai, Mosca, New York, e molte altre ancora; infine, Roma, la città nella quale Basilico ha lavorato a più riprese, con progetti diversi fino al 2010, affrontando anche i rapporti tra la città contemporanea e le settecentesche incisioni di Giovambattista Piranesi.
Fotografo di livello internazionale Basilico ha partecipato anche a numerosissimi progetti di documentazione in Italia e all’estero che hanno generato mostre e libri, tra i quali Porti di mare (1990), L’esperienza dei luoghi (1994), Silicon Valley e Roma 2007.
Trasformazioni del paesaggio contemporaneo, la forma e l’identità delle città e delle metropoli, sono stati gli ambiti di ricerca privilegiati di Basilico. E su questi temi ha pubblicato oltre cento libri personali. E tra le molte città metodicamente affrontate vi sono Amburgo, Barcellona, Bari, Beirut, Berlino, Bilbao, Francoforte, Genova, Graz, Istanbul, Lisbona, Liverpool, Losanna, Madrid, Montecarlo, Mosca, Napoli, Nizza, Palermo, Parigi, Roma, Rio de Janeiro, Rotterdam, San Francisco, San Sebastian, Shanghai, Torino, Trieste, Valencia, Zurigo.
All’interno della sua vasta opera di riflessione sulle trasformazioni dei territori urbanizzati nel passaggio dall’era industriale a quella postindustriale, il tema della città come complesso e raffinato prodotto dell’economia e della storia occupa un posto centrale. Guidato da una passione sincera e da una viva ammirazione per le architetture e tutti i manufatti che nel tempo hanno dato forma alle città, ha scelto il rigore dello stile documentario per raccontarne il costante processo di stratificazione e ibridazione che le modella, in un lavoro di indagine del rapporto tra l’uomo e lo spazio, i territori e le città.
E la sua indagine, infatti, è entrata proprio nei luoghi e dentro la loro esperienza, come del resto i suoi paesaggi assumevano allo stesso modo identità, riconoscibilità e forma. Non a caso la fotografia di Basilico insiste su stilemi e concetti ben precisi: il tempo, la lentezza, la contemplazione, l’assenza e il vuoto quali segni sui quali si stratifica un territorio, e su cui Basilico focalizzava il proprio sguardo teso a raccontare le metropoli e le città. E lo testimoniano assai bene in mostra i “ritratti di fabbriche” a Milano (1978-1980) che - ricorda Basilico - sorgevano dal bisogno “di trovare un equilibrio tra un mandato sociale e la voglia di sperimentare un linguaggio nuovo, in grande libertà e senza condizionamenti ideologici”. Ed è la metropoli come insieme dei frammenti che la costituiscono, ma anche quale forma e configurazione, esperienze e visioni, che Basilico rappresenta dentro le linee di un paesaggio e di mondi visivi immortalati con un’anima profonda.
E con grande originalità il fotografo milanese si è dedicato alla documentazione delle metropoli e del paesaggio. È infatti del 1984-85 il progetto Bord de mer a cui partecipò, unico italiano, alla Mission Photographique de la DATAR - un progetto che si richiamava alla Mission Héliographique della metà dell’Ottocento - con cui lo stato francese incaricò un gruppo internazionale di fotografi a rappresentare la trasformazione del paesaggio francese. Ma è a Beirut (1991), in mostra assai ben rappresentata, che Basilico immortala una città devastata dalla guerra con i drammi che vi esplodono. Tra rovine e alterità, e su paesaggi in cui Basilico scandagliava i luoghi e le architetture che diventeranno la cifra insostituibile e riconoscibile del suo esemplare percorso. Da Beirut a Milano, passando per Roma, Palermo, Napoli, Barcellona, Madrid, Parigi, Berlino, Buenos Aires, Gerusalemme, Londra, Tel Aviv, Istanbul, San Francisco, New York e Shanghai, tra differenze e analogie, assonanze e dissonanze, con quel punto di vista in grado di raccontare le possibili forme e identità, per uno sguardo che si spingeva oltre la dimensione urbana, su segni di mondi impossibili e di un paesaggio antropizzato, o di una realtà in continua trasformazione su cui costruire un’idea di futuro e la forma del tempo, antesignano di un presente oggi ancor più attuale.