La sua carriera inizia come producer presso uno dei poli fotografici più famosi al mondo. Dal 1999 diventa imprenditrice con la sua agenzia di rappresentanza di artisti internazionali. Nel 2019 fonda la Nobile Agency con l’obiettivo di introdurre un nuovo concetto di comunicazione nel nuovo mondo digitale. La fotografia torna ad essere arte.
Nel 2018 ha fondato l'associazione “Mamme per la pelle”, per la lotta contro ogni forma di razzismo e discriminazione.
Non ho l'ambizione di vivere a lungo, ma sono fiera di mettere la mia vita al servizio della nazione. Se dovessi morire oggi, ogni goccia del mio sangue fortificherebbe l'India. Non si può stringere una mano con il pugno serrato.
(Indira Gandhi)
Ho voluto iniziare con una frase di Indira Gandhi …
Voglio partire da un esempio alto, altissimo di donna, ma prima di ogni cosa, di essere umano che ha fatto del suo impegno civile, la sua vita e la fine della sua vita per poi raccontarvi di me, della mia vita, del mio impegno oggi.
Ma partiamo da questa donna straordinaria che con la sua cultura, con il suo coraggio, con la sua totale assenza di paure è stata capace di rivoluzionare l’India ed in seguito il Mondo intero con il suo esempio.
Lo ha fatto in un momento storico e sociale dove tutto sembrava impossibile.
Gandhi fu uccisa da due Sikh appartenenti alla sua guardia del corpo.
Parliamo del 1984.
Di tanti anni fa.
Di troppi anni fa…
Sembrava tutto finito. Il Mondo si commosse e pianse questa Donna straordinaria.
L’uccisione di Indira Gandhi sconvolse il mondo e fece perdere quella speranza che una donna potesse, non solo cambiare le sorti della sua vita ma di un intero Paese.
La speranza l’abbiamo poi riacquisita, poi persa e ripersa tante, troppe volte.
Ma siamo ancora qui… a combattere per un mondo più giusto.
Siamo ancora qui a discutere degli stessi diritti civili, di difesa delle libertà degli individui, delle loro origini, del loro genere, delle loro religioni
Dove tutti possano vivere in modo pacifico. Dove ognuno possa vivere ed esprimersi liberamente.
Dove ognuno possa non solo esprimere se stesso ma farlo senza essere giudicato, abusato, senza essere vittima di violenze verbali e fisiche.
Ed ecco che vi parlo di me.
Della mia vita e del mio piccolo e modesto esempio.
Perché è di questo che si tratta.
Si tratta di dare e lasciare esempi.
Occorre dar seguito alle parole, agli ideali e dare un esempio concreto per lasciare un segno
Quali incontri, esperienze, coincidenze, l'hanno portata a scegliere il settore della comunicazione e dei social media?
Come quasi tutte le cose belle della mia vita, anche la mia carriera nel settore della fotografia e della comunicazione è iniziata per puro caso…
Ero solo una ragazza, ero appena tornata da un’esperienza lavorativa a New York nel settore del design e dell’arredamento. Detta così suona tutto così molto bello… La realtà era che trascorrevo otto ore al giorno nella warehouse di un negozio a Soho. Tornata a Milano, non essendo la mia famiglia in grado di mantenermi agli studi, mi iscrissi all’università e cercai subito lavoro.
Un carissimo amico - da poco diventato l’assistente di un famoso fotografo - mi segnalò una posizione da centralinista nel polo fotografico più importante d’ Europa: gli studi di Fabrizio Ferri. Non avevo idea di chi fosse Fabrizio Ferri - per me non era che un lavoro ben retribuito e part-time che mi lasciava il tempo per gli studi. È stata l’esperienza più incredibile della mia vita.
Sono rimasta più di cinque anni ricoprendo ruoli sempre più di responsabilità sino ad arrivare a gestire ben cinque studi fotografici e molte delle produzioni dei più importanti nomi nella fotografia mondiale come Peter Lindberh, Patrick Demarchellier, Mario Testino, Richard Avedon, Bruce Weber e molti, moltissimi altri…
Dopo anni di questa meravigliosa “scuola” ho avuto il coraggio e la fortuna di diventare un’imprenditrice. Ho avuto la mia agenzia di rappresentanza di artisti. Dapprima ho condiviso l’esperienza con una socia, adesso da sola con la “Nobile Agency”.
Cos'è cambiato del linguaggio fotografico negli ultimi anni?
In questi venticinque anni il linguaggio fotografico è molto cambiato, sia nei modi che nei contenuti. Siamo passati da una ricerca di perfezione nell’immagine ad un metodo approssimativo e troppo spesso privo di conoscenza. Eh sì, perché quando non c’era il digitale era fondamentale essere in grado di costruire l’immagine sul set con capacità e doti che non tutti avevano. Questo il motivo per il quale non ci sono più i grandi Maestri della fotografia ma semplici ed estemporanee meteore digitali.
Quello che sto provando a fare oggi con la mia agenzia, è far incontrare l’immagine con il contenuto, provando a tornare all’idea della fotografia come forma d’Arte. Da qui l’idea di organizzare mostre e momenti di condivisione dove la cultura della fotografia possa tornare presto prepotente per poter raffigurare non solo l’immaginario collettivo ma anche la realtà.
Uno dei temi della fotografia contemporanea, in particolare quella della moda, è la rappresentazione del corpo femminile ...
Le immagini delle donne sono sempre state molto usate – ed abusate oserei dire – dal mondo della moda per raccontare un mondo e un bisogno più vicino agli uomini. Molti stilisti hanno voluto troppo spesso raffigurare la bellezza con la perfezione esibendo modelli non sempre corretti di femminilità.
Non a caso il Re della Moda, Giorgio Armani, uomo che ammiro e che stimo moltissimo, nel corso dell’ultima Milano Fashion Week autunno/inverno ha dichiarato: “Le donne sono troppo spesso letteralmente stuprate dagli stilisti”.
Penso alle campagne pubblicitarie, che sono un modello di riferimento estetico e hanno come protagoniste donne bellissime, affascinanti, emblematiche, misteriose ed eleganti ma troppo spesso troppo nude, troppo volgari, oserei dire con seno e gambe troppo in vista. In questo ed in troppi casi il loro corpo viene usato indebitamente. Le immagini creano un sogno, un mondo parallelo che non esiste. C’è molta differenza tra la parola “Moda” e la parola “Stile”.
La moda è facile da applicare perché è più in superficie. La moda è la più democratica di tutte le forme d’arte, perché tutti dobbiamo passare il rituale di vestirci ogni giorno. Lo stile invece è la manifestazione esteriore della nostra interiorità, è prima di tutto espressione della nostra sicurezza. Questo dovrebbe essere il traguardo delle nuove generazioni e quello che cerco di insegnare ai miei figli, l’unicità fuori da ogni tipo di omologazione.
Riveste un'importante carica in “Women in Africa Initiative”.
“Women in Africa” è per me un momento di meravigliosa aggregazione tra donne provenienti da ben cinquanta differenti Paesi africani e da qualche nazione occidentale. Nel 2019 ho avuto, con grande sorpresa, il grande onore di essere investita della carica di “Ambasciatrice per l’Italia” per costruire un importante ponte culturale e di affari.
Ogni anno a Marrakesh si tiene un importante summit dove donne che hanno davvero fatto la differenza nel loro Paese o stanno cercando di cambiare le cose a livello socio-economico, si incontrano per condividere esperienze, pensieri e creare networking. Quest’anno per la prima volta porterò una delegazione italiana costituita da grandi donne nel settore dell’industria, della scienza, della politica, dell’imprenditoria, e non solo… Spero di essere all’altezza del compito. Spero di riuscire a dare un valido contributo alla crescita ormai inarrestabile delle donne in Africa. Sono arrivata a questo impegno internazionale grazie al mio lavoro di imprenditrice ma anche grazie alle mie lotte nel sociale che si sono via via intensificate negli ultimi anni.
Ha fondato “Mamme per la pelle” e pubblicato I mei figli spiegati a un razzista ...
Sono fondatrice e presidente di una associazione chiamata “Mamme per le Pelle” che lotta contro le discriminazioni, il razzismo e la xenofobia. Ho creato una rete di madri adottive, biologiche e affidatarie di figli di etnia diversa. Ho voluto raccontare del mio incontro con il razzismo e della mia esperienza come mamma adottiva di due stupende anime nate in Africa e delle storie spesso dolorose di alcune madri dell’associazione in un libro edito da Feltrinelli dal titolo: I miei figli spiegati ad un razzista.
La senatrice a vita Liliana Segre, oggi sotto scorta perché al centro di un vortice di odio e di antisemitismo ingiustificato, ne ha scritto la prefazione dando forza alle mie parole e alle nostre battaglie comuni.
È milanese d'adozione, quanto ha trovato di positivo nella sua nuova città e quanto le manca della sua regione d'origine?
La storia si ripete, a distanza di anni ed in ambiti così differenti. Da donna del Sud anche io ho subito discriminazioni appena arrivata a Milano. Erano gli anni ’90… il mio forte accento pugliese tradiva le mie origini. Ero solo un’adolescente. L’unica cosa che volevo era essere come tutte le altre mie compagne di scuola, quindi ho fatto di tutto per camuffare la mia provenienza. Me ne vergogno se ci penso… ma penso anche a quanto fosse forte la voglia di essere parte di un gruppo, senza troppe distinzioni…
Oggi mi piace moltissimo sottolineare che il sud d’Italia, la Puglia, non solo mi ha dato i natali e mi ha cresciuta, ma che è la mia Terra. E voglio urlare al mondo che la mia terra, il sud dell’Italia è meravigliosa, è culla di storia, di cultura e di talenti, tantissimi talenti. È per questa ragione che è nata “Matria Puglia”, che - grazie alla giornalista Annamaria Ferretti - riunisce molte donne pugliesi sparse un po’ in tutto il mondo, coese nel loro impegno nel coltivare il valore di una terra orgogliosa, rigogliosa, saggia ed accogliente, molto accogliente.
Milano mi ha dato tutto ma proprio tutto: il mio lavoro, la mia famiglia, le tante persone che tutti i giorni mi sono vicine nel lavoro e nelle mie battaglie sociali. È un tessuto sociale così intenso, attivo, sia a livello nazionale che internazionale che tiene aperta ogni possibilità.
Ecco, forse, perché vivo a Milano!
Vivo a Milano perché è una città dove ogni sogno è ogni giorno ancora possibile… Forse anche Indira se fosse ancora qui, se qualcuno non l’avesse uccisa e fatta tacere per sempre, oggi avrebbe amato come me Milano, le sue mille etnie, la sua cultura. La sua capacità di dare ancora speranza.