A Livorno si è celebrato il centenario della morte di Amedeo Modigliani il 24 gennaio 2020 con una serie di eventi culturali sparsi per la città e promossi da molte realtà associative cittadine, tutte quante comunque a fare da cornice e complemento alla importante mostra Modigliani e l'avventura di Montparnasse che si è allestita nel Museo della Città presso i bottini dell'olio della Venezia labronica. Questo evento non può non far tornare alla mente la celebrazione del centenario della nascita dell'artista il 12 luglio 1984 anch'essa circostanziata con la realizzazione di una mostra ma con poche opere di Modigliani. In realtà i due eventi sono assolutamente differenti l'uno dall'altro sia per l'entità, la valenza e la certezza delle opere esposte oggi ma soprattutto per il clamore che si scatenò dalle vicende collegate alla celebrazione del centenario della nascita.
La “livornesità” non è facile da comprendere e neanche da crederla, basti pensare che per battuta si tende a dire affermando, l'esatto contrario di ciò che vogliamo evidenziare; ad esempio, ad una persona gracile ci si riferisce dicendogli: “E devi esse' Maciste!” Ovviamente, tutto il contrario, ma è così che funziona: contorcere ed invertire il significato, dire nero per significare bianco, insomma, bisogna essere nella mentalità labronica per non offendersi o per capire gli intenti reali.
Perciò quando nel mitico luglio del 1984 venne dato il via al dragaggio del Fosso Reale (un canale di acqua salmastra che circonda il pentagono disegnato dal Buontalenti della Livorno cinquecentesca, oggi inglobato nella città) alla ricerca delle teste di pietra che Modigliani avrebbe scolpito a Livorno e gettato nel fosso perché schernito dai colleghi artisti cittadini - leggenda o verità non lo sapremo mai - la livornesità dette ampio sfoggio di sé.
Tre realtà ebbero l'idea di realizzare delle sculture diremo “Modigliani simili” raffiguranti i volti che l'artista amava riprodurre nelle pitture, nei disegni e nelle sculture, ossia quei volti dalle fattezze allungate ed essenziali, che richiamavano i tratti delle maschere primitivo-tribali. Tutte lo fecero per scherno, chi per un motivo chi per un altro, ma la sagacia e la sfida furono il motivo comune: i ragazzi del Black&Decker per far sì che quelli che da giorni dragavano e non trovavano niente, avessero finalmente qualcosa per cui gioire; Angelo Froglia artista livornese dalla vita travagliata, per colpire il mondo dei critici d'arte; Carlo Pepi orchestratore insieme ad altri (come si dice nel libro L'affare Modigliani scritto da Dania Mondini e Claudio Loiodice) per burlarsi degli organizzatori della mostra i quali esclusero volutamente dal comitato scientifico il noto critico ed esperto riconosciuto di Modigliani, il pisano Carlo Pepi, nonché la figlia dell'artista Jeanne e gli altri componenti della Associazione archivi legali di Modigliani. Alla fine dal Fosso Reale furono pescate tre teste ma pare che dentro ne fossero state gettate ben di più. Nel libro si adombra che tutta la questione delle teste ritrovate non sia stato soltanto il frutto di una sagace scherzo, ma vogliamo credere che lo spirito labronico abbia usato il palco di un tratto del Fosso Reale per mettere in scena la più arguta commedia “dell’arte”.
Questo ritrovamento delle false teste fece cadere delle vere teste, allorché le dichiarazioni comprovate dei veri autori contemporanei rivelarono al mondo che le ammissioni di autenticità verso le teste trovate nel Fosso, subito espresse dai più famosi critici d'arte, studiosi e artisti con enfasi e senza alcun dubbio, si erano basate su giudizi emozionali e rivelavano la estrema debolezza della capacità di discernere un’opera falsa da una vera. Vero nodo e croce degli studiosi.
La difficoltà nell’attribuzione di autenticità delle opere d'arte è sempre stato un problema nel mercato dell'arte soprattutto per l'altissimo numero di falsi che vengono immessi nel circuito, alcuni palesemente croste altri difficilmente distinguibili, per Modigliani lo è ancora di più.
Si dice che Modigliani abbia prodotto più da morto che da vivo, il catalogo ancora oggi il più attendibile, di Ambrogio Ceroni, elenca 337 opere dell'artista labronico, ma sul mercato se ne contano 1200 almeno. La difficoltà nel riconoscere i lavori originali di Modì risiede nel fatto che non esiste una sua firma depositata ed avendo avuto una produzione limitata data la morte prematura all'età di 36 anni, lo studio della sua grafica e del tratto si affida a pochi occhi esperti che oltre a riconoscere la tecnica di Modigliani ne riescono a percepire la vera bellezza, come afferma Carlo Pepi massimo esperto di Modigliani: “È un problema di sensibilità. Di saper vedere le cose. Studi, leggi, ma poi devi essere capace di cogliere la materia, le vibrazioni che ha la materia quando è viva, oltre la bellezza apparente. E riconoscere così dove sta il genio dell'artista e dove no. Ogni opera è unica, ha una sacralità, che è quello che colgo”.
Ecco che quindi risultano indispensabili ed estremamente importanti gli Archivi legali di Modigliani, faticosamente costituiti attraverso la raccolta di documenti, disegni, annotazioni, e quant'altro in decenni di ricerche da parte di Jeanne, la figlia. Essi rappresentano la base per realizzare le certificazioni sull'autenticità delle opere attribuite a Modigliani.
Il libro della giornalista e conduttrice RAI Dania Modini e del criminologo Claudio Loiodice denuncia l'affare Modigliani, creato ad arte a beneficio di chi già intravedeva il guadagno dalla vendita delle sue opere, consentendo a molti di arricchirsi. Il libro raccoglie le inchieste, le sentenze, i processi, le truffe, le esposizioni di opere false e parla di falsari, un business stimato di 11 miliardi di euro. Contiene testimonianze attorno al ritrovamento delle false teste del 1984, dubbi e incoerenze riguardo alla improvvisa morte di Jeanne Modigliani che era pronta per andare a Livorno a controllare i lavori esposti dal comitato scientifico per la mostra del centenario della nascita del padre e per smentire l'autenticità delle teste recuperate nel Fosso Reale.
Gli autori hanno seguito il percorso che hanno fatto gli archivi legali, usciti dall'Italia con estrema semplicità, giunti a New York e rientrati in Europa, nonostante ancora non sia chiaro chi sia il proprietario. Chi li controlla è chiaro che controlla un affare milionario. Può autenticare tutti i falsi che vuole alimentando così il sistema del riciclaggio del denaro sporco che vede nel mercato dell'arte la forma più usata per reimmettere nel circuito monetario il frutto del malaffare oltre ad usare l'arte stessa come merce di scambio nella vendita di armi e esseri umani. Tutto questo è affrontato con estremo dettaglio e dovizia documentale nell'Affare Modigliani edito da Chiarelettere. Un giallo, direi, oltre ad essere un libro inchiesta, volto a rendere dignità a Modigliani e teso a fare luce sull’utilizzo illecito delle opere d'arte. Un giallo dove i segreti si intrecciano con crimini e misteri che da un secolo aleggiano intorno alla figura ed ai lavori di Amedeo Modigliani.