Per voce creativa è un ciclo di interviste riservate alle donne del panorama artistico italiano contemporaneo. Per questa occasione Giovanna Lacedra incontra Rosalia Zutta (Montanaro (TO) 1957).
Il ritratto è lo studio che colla maggior semplicità di mezi rachiude la piu efficacie parola dell'Arte nell'espressione della forma viva.
(Giovanni Segantini)
Siamo il corpo che abitiamo, il volto con il quale diciamo – mediante lo sguardo, la mimica facciale, l’espressività – ciò che proviamo. Leonardo considerava l’occhio come finestra sull’anima, Nadar riteneva che i suoi ritratti migliori fossero quelli fatti alle persone che conosceva, perché poteva catturarne la vita intima con più immediatezza ed esattezza, e Cézanne faceva posare infinite volte i suoi modelli, prima di poter considerare concluso un dipinto. Perché il ritratto è un percorso. È l’esplorazione dell’altro. Quando ritrae, il pittore scopre. Scopre sempre cose nuove, carpisce nuove informazioni circa la persona che sta ritraendo: ne coglie peculiarità fisiche e sfumature del carattere. È quasi come se, attraverso il ritratto, l’altro si svelasse piano, denudasse la propria personalità.
I ritratti di Rosalia Zutta ci appaiono morbidi, ovattati e sinceri. E i soggetti sembrano galleggiare in un’aura di sacralità. Anziane, bambine, adolescenti. Sono prevalentemente donne le protagoniste dei suoi dipinti. Si stagliano su fondali dalle tonalità tenui, hanno incarnati eburnei ed una gestualità lenta e lieve. La pennellata, morbida e gentile, come intinta nella luce, costruisce anatomie, sguardi e sorrisi, come se l’intero mondo di queste creature fosse in realtà una delicatissima bolla di sapone.
Rosalia Zutta vive a Cuorgné (Torino). Questa è la sua voce creativa per voi.
So che sei una donna riservata, umile, di te parli veramente poco, non sei per nulla esibizionista, ma io conosco la tua grande sensibilità. Sai vedere, profondamente. Vuoi raccontare ai lettori e alle lettrici di questa rubrica chi è Rosalia?
È semplicemente una donna dai mille interessi. In realtà mi piace intraprendere troppe cose e così mi ritrovo a galoppare tutto il giorno. Non parlo molto, preferisco il fare.
Il colore del silenzio?
Sicuramente un bel colore, potrebbe essere verde smeraldo, il colore che preferisco. Ci sto bene nel silenzio, sono cresciuta in campagna, vivo nel silenzio e aggiungerei per fortuna, credo che sia, insieme alla solitudine, un ingrediente fondamentale per la creatività. L'essere immersa nella natura mi è sempre stato d'aiuto per ricaricarmi nei momenti difficili.
Quando arriva la pittura nella tua vita?
La pittura c'è sempre stata, almeno nella mia mente. Non ho avuto la possibilità di frequentare l'Accademia come mi sarebbe piaciuto perché c'era bisogno di una ragioniera per l'azienda di famiglia e così disegnavo solo per me, fino a quando nel 1996 conobbi un pittore paesaggista che cercava un collega in grado di eseguire dei ritratti che gli erano stati commissionati da Taiwan. Nacque così una collaborazione che durò per più di dieci anni, questi lavori mi diedero modo di mettermi alla prova, e allo stesso tempo mi offrirono la possibilità di esporre per due volte a Taipei.
Ho iniziato così a dipingere con più intensità e non mi sono più fermata.
Hai scelto la figurazione, e della figurazione hai scelto la figura umana come soggetto principale, ma chi sono le donne, gli uomini, gli adolescenti, le bambine che diventano protagonisti delle tue tele?
Credo che sia la figurazione ad aver scelto me, ho iniziato dipingendo di tutto ma alla fine l'ossessione per il ritratto ha prevalso. Se in principio ritraevo volti che trovavo nelle pubblicità o sulle riviste ora attingo alla cerchia di familiari e conoscenti o, come nell'ultima serie di piccoli lavori del 2019, prendo spunto da video musicali o serie tv.
Secondo te, dove finiscono le verità che non abbiamo il coraggio di dire?
Finiscono dietro a quella maschera che indossiamo ogni giorno per affrontare la vita, un po' per convenienza, un po' per codardia.
Di cosa abbiamo più bisogno oggi?
Abbiamo bisogno di spiritualità, di bellezza, di sincerità, sarebbe un buon inizio.
Cosa cerchi di catturare quando ritrai qualcuno?
È presuntuoso, lo so, mi piacerebbe dare ai miei ritratti un anelito di vita, almeno ci provo.
Chi sei quando non dipingi?
Quando non dipingo ho solo l'imbarazzo della scelta: la casa, i lavori in campagna e nel tempo libero mi piace fare sport, la noia non mi appartiene.
Se non fossi una pittrice cosa saresti?
Avrei gareggiato nello sci o equitazione e poi avrei fatto l'investigatrice privata.
La domanda che più ti metterebbe in imbarazzo.
Non saprei ma cercherei di rispondere con sincerità a qualsiasi domanda.
Che ruolo ha la memoria nel tuo lavoro?
La memoria, anche senza volerlo ritorna in ogni opera, in quanto fa parte del vissuto quindi, non riuscendo a metterla da parte, anche se a volte è dolorosa, ho imparato a lasciarla scorrere perché tentare di arginarla fa ancora più male.
È vero che la scaturigine di un’opera è sempre autobiografica?
Sì lo è, la sincerità nel dipingere credo arrivi al fruitore, svelarsi è un po' come mettersi a nudo, non è sempre facile ma necessario.
Quale credi sia il compito di una donna-artista, oggi?
Viviamo comunque in una società maschilista nonostante le varie conquiste, nel mondo della creatività la donna può avere una marcia in più con la sensibilità e la forza che la contraddistinguono, non parlerei di compito o di missione.
Un lavoro tuo che ti sta maggiormente a cuore e perché?
Non ho mai amato i miei lavori se non nel momento dell'idea iniziale, sovente l'esecuzione è un tormento ed il risultato mai soddisfacente, solo negli ultimi anni sto trovando un approccio meno ansiogeno a quello che faccio e provo più piacere. Fra gli ultimi lavori scelgo Black sea, un dittico che ritrae un familiare, mia zia, della cui vita penso di esser riuscita a cogliere gli aspetti più ruvidi e problematici.
Ad ispirarti, influenzarti, illuminarti ci sono letture particolari?
Le letture attuali si discostano dal mondo dell'arte ma non per questo non lasciano tracce, sono perlopiù di carattere scientifico o di informazione alternativa. Il cervello anarchico di Soresi, Il cibo dell'uomo di Berrino, Rivelazioni non autorizzate di Pizzuti.
Scegli tre delle tue opere, per raccontarti.
My mother in law Adelia del 2016: un ritratto di mia suocera tratto da una foto rubata durante un raduno di famiglia.
Underwater del 2018: anche in questo caso si tratta di un volto familiare e nel ritratto torna ad essere presente l'elemento acqua, a me caro che ricorre anche in altre opere.
Il viaggio 5 del 2019: questo dipinto fa parte degli ultimi lavori che prendono spunto da frame di video musicali e trattano il viaggio come cammino interiore e di consapevolezza, come ricerca della verità in ogni ambito.
L’opera d’arte che ti fa dire: “Questa avrei davvero voluto realizzarla io!”?
Sarà strano ma non è un dipinto, bensì una scultura, Il Ratto di Proserpina del Bernini, quando la vidi parecchi anni fa a Villa Borghese ne rimasi estasiata, quella mano che affonda nella carne, sì, avrei voluto farla io, è emozione pura.
Un o una artista che avresti voluto esser tu.
Non ho mai desiderato essere qualcun altro.
Un critico d’arte o curatore con il quale avresti voluto o vorresti collaborare?
Tra quelli che conosco sicuramente Alessandra Redaelli, mi piace il modo in cui sa raccontare un artista.
Tre aggettivi per definire il sistema dell’arte in Italia.
Stagnante, con pochi galleristi disposti a rischiare, esterofilo, sovraffollato.
In quale altro ambito sfoderi la tua creatività?
Nel giardinaggio, mi è sempre piaciuto seminare e raccogliere, credo nel lavoro, nella fatica e nella perseveranza.
Work in progress e progetti per il futuro.
Ho sempre timore nel fare progetti, sovente succede un qualcosa che li fa saltare. Il 2019 è stato un anno che mi ha dato parecchie soddisfazioni, a gennaio sarò a Cremona in virtù di un premio ottenuto grazie alla partecipazione all'Isa Award, poi parteciperò ad una collettiva al Museo Archeologico di Bene Vagienna in provincia di Cuneo. Successivamente, avrò una personale alla Maison Bleue di Bard in Valle D'Aosta.
Il tuo motto in una citazione che ti sta a cuore.
“Nascere non basta. È per rinascere che siamo nati. Ogni giorno.” (Pablo Neruda) Sì, mi rispecchia: bisogna affrontare ogni giorno con coraggio, forza e tenacia.