La politica è tante cose. Per Aristotele è l'amministrazione della polis. Per Max Weber è “l’aspirazione al potere e conseguente legittimazione all'uso della forza”. Per David Easton e, per certi versi, Giovanni Sartori è l'allocazione di decisioni collettive nell'ambito di una comunità.
Ci riguarda. Riguarda tutti i soggetti di una polis e non solo chi fa “politica attiva” ma anche chi scende in piazza a dimostrare il proprio dissenso o raccoglie una carta da terra, per parafrasare Pino Daniele. Affinché non diventi “il mestiere di chi non ha mestiere” (Max Weber) nelle democrazie più consolidate si è posto un limite di mandati alla “politica attiva”. E in democrazia, per dirla con Gandhi, “nessun fatto di vita si sottrae alla politica”.
La politica è evoluzione. Nell'antica Grecia si opponeva alla Politeia (simil attual democrazia) la sua corruzione (demagogia) ove a comandare è la massa. Scomparivano i dotti e, oggi come allora, “la mia ignoranza è pari alla tua cultura”. Il populismo non è quindi dell'oggi e dell'on line ma serpeggiava già sotto il Partenone.
Per distanziarsi e ri-sollevarsi si tentò l'Aristocrazia dove gli Aristoi (i migliori – più adatti) si contrapponevano all'Oligarchia da Oligoi (pochi e non necessariamente bravi) alla Pericle. Una degenerazione, prima societaria e poi linguistica, portò l'Aristocrazia ad essere il governo dei nobili da contrapporre all'Oclocrazia “governo della feccia del popolo”.
Il Tiranno era colui che s'impossessava illegalmente del potere e non è da confondere con il Monarca (Monos) che indica il governo di un sol uomo. Quand'erano un paio di uomini era la diarchia – Sparta.
Nel 1500 Macchiavelli intese dare alla politica un'autonomia che il Clero dell'epoca non era disposto a concedere. Il “fine che giustifica i mezzi” non gli appartiene in quanto aveva una concezione alta dell'etica statuale. Gli fece eco, un secolo dopo, Thomas Hobbes, che pur credendo nel Sovrano assoluto non lo considerava affatto derivante dalla volontà divina ma da un patto tra uomini liberi.
L'evoluzione ha subìto un'accelerazione con Montesquieu, "L'ésprit des lois" (lo spirito delle leggi) dove vengono distinti i 3 poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario) al fine di evitare la tirannide.
Nell'età contemporanea è Karl Marx a dare una chiave di lettura economica alla “cosa pubblica”. L'economia rappresenta la base fondamentale ed essenziale della società, che viene ad essere modellata e influenzata dai rapporti economici (la struttura), la quale concorre in maniera basilare a determinarne i vari assetti sociali, culturali e ideologici del sistema capitalista borghese (sovrastruttura) o "forma".
Nel XX secolo l'arte della politica è diventata laboratorio pratico. Si sono sviluppati una moltitudine di sistemi diversi di gestire la cosa pubblica. Accanto alle monarchie d'inizio secolo si svilupparono le prime democrazie borghesi e i primi esperimenti di applicazione pratica del socialismo, la maggior parte dei quali sfociati in sistemi oppressivi. Nella prima metà del secolo a queste forme si affiancarono i totalitarismi ed autoritarismi di destra, derivanti dalla crisi delle fragili democrazie.
La fisiologica lotta politica tra maggioranza e opposizione usa diverse armi tra le quali la “delegittimazione dell'avversario” che sbaglia a prescindere. Nel delegittimare il politico si delegittima non solo la persona ma si contribuisce a delegittimare la politica stessa in un circolo vizioso assai rischioso. La delegittimazione sistematica appartiene a categorie non proprio nobili: i falliti (che delegittimano chi ha avuto successo), i vecchi (che delegittimano i giovani inesperti), i maschi (che delegittimano le donne), gli ex (che non vogliono andarsene e delegittimano gli attuali).
Vi sono alcune realtà che intravvedo come “pericolose” per la politica: la magistratura, il quarto potere (informazione), la satira e i tecnici. Vado con ordine. La delegittimazione sopradescritta talvolta non rimane dentro la dialettica di palazzo ma si serve della magistratura per demolire non tanto l'avversario quanto il compagno di cordata. Chi utilizza la magistratura permette un'invasione di campo e va ricercato soprattutto tra le file del “fuoco amico”. Da coloro che, privi di idee, si mobilitano per smontare le idee altrui. Ed è per questo motivo che oggi non vedo con favore né l'impeachment di Trump né un Salvini a processo. Nel tentativo di affondarli con la magistratura li si rendono più forti di prima.
Mani pulite è stato un passaggio controverso della storia italiana. Pur sollevando un polverone fatto di corruzione ha delegittimato in modo irreparabile la politica che allora fu rappresentata, tra gli altri, da Arnaldo Forlani già segretario DC, Ministro della Difesa e Primo Ministro. Vedere un Pubblico Ministero “popolano” smontare un “popolare” fu un vero dolore per noi che ci occupiamo di politologia. Lo stesso dicasi delle monetine lanciate dai populisti davanti all'hotel Raphael di Roma nei confronti dello statista Bettino Craxi. A coloro che ancor oggi dubitano della sua statura consiglio di ripassare Sigonella.
Ma restando nell'oggi è stato il discorso del senatore Matteo Renzi a ridisegnare un limite tra i poteri di Montesquieu, tra stato etico e stato di diritto, tra giustizia e “peloso giustizialismo”. Discorso pronunciato dopo l'arresto e conseguente scarcerazione dei genitori, l'arrivo di 300 finanzieri alle 5 del mattino verso tutti i finanziatori della fondazione Open e l'analisi di tutti i bonifici e prestiti (tutti regolari, bonificati e registrati) della sua casa privata. Il tutto a firma di un solo giudice che, come ai tempi di Berlusconi, anziché delegittimarlo lo rafforzava politicamente.
Discorso, quello di Renzi, che non delegittima la magistratura; anzi. Da lì a poco, infatti, si congratula con il Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri per aver condotto la più importante retata contro la criminalità organizzata dopo “Cosa Nostra” che risale ai tempi di Falcone e Borsellino.
Tratterò il “quarto potere” con un sol paragone tra i 2 fatti succitati. Tutti i media italiani avevano aperto la prima pagina sulla Fondazione Open a titoli cubitali per poi narrare il “nulla di fatto” in sedicesima o giù di lì. Solo un paio hanno dato lo stesso rilievo alla retata di Gratteri ed è giusto nominarli: Avvenire e Fatto Quotidiano. Gli altri hanno scandalosamente riportato la notizia nelle stesse pagine dove si narrano, in trafiletti minuscoli, il “nulla di fatto” della Open. Non aggiungo altro. Si commenta da sola.
Infine la satira. Per la nazione più ignorante d'Europa dove 6 italiani su 10 non leggono nemmeno un libro all'anno, la satira televisiva diventa l'unica fonte di apprendimento della vita politica del loro paese. Un Crozza può non far danni in Norvegia dove la popolazione frequenta la biblioteca come da noi i bar sport ma in Italia v'è stato il reale rischio che un comico come Grillo fondi un partito per poi scoprire che servono gli Aristoi (i più adatti) se non vuoi rischiare l'Oclocrazia ad oltranza.
Infine i tecnici. Li credo necessari e importanti. Devono essere ben remunerati, fare bene il proprio mestiere e fermarsi lì. Calenda, per esempio, è stato un competente Ministro del governo italiano ma la politica, l'arte del compromesso per il bene dei più, è un'altra cosa. Lasciamola fare ai più adatti, agli Aristoi.