È l’anno di Parma, Capitale Italiana della cultura 2020 e la città sarà animata d’ora in poi da un programma di grandi eventi, mostre, concerti, performance e spettacoli. E, pochi giorni fa è stata inaugurata un’esposizione di grande interesse per tutti: Time Machine, Vedere e sperimentare il tempo, aperta a Palazzo del Governatore fino al 3 maggio 2020, è nata dall’idea di Michele Guerra, l’assessore alla cultura di Parma e la curatela è firmata da Antonio Somaini, professore di Teoria del Cinema, dei Media e della Cultura Visuale alla Sorbona insieme a Eline Grignard e Marie Robecchi, esperte di cinematografia.
Un viaggio affascinante e una riflessione sul ruolo che hanno avuto e hanno ancora oggi i media nel modificare la nostra percezione del tempo e dello spazio accompagna il visitatore in un percorso che si snoda su due piani attraverso le 25 sale del Palazzo. È una totale immersione tra immagini e proiezioni, estratti di film tratti dal cinema classico o sperimentale, da quello contemporaneo a quello scientifico, dalle videoinstallazioni a momenti della fotografia e i nomi di artisti e fotografi sfilano in questa galleria magica. Da Douglas Gordon a Tacita Dean, da Ange Leccia a Alain Fleischer e tra i filmmakers Jean-Luc Godard, Bill Morrison o Ken Jacobs, tra i tanti.
Antonio Somaini, il curatore, spiega il concept di Time Machine: “La mostra è stata concepita esplicitamente per la programmazione dell’anno 2020 dedicato a Parma Capitale della Cultura e il tema generale dell’anno della cultura è La cultura batte il tempo. Questo battere può essere inteso in un duplice significato: sconfiggere il tempo, arrestarlo, sottrarsi allo scorrimento del tempo ma anche battere nel senso dello scandire, del dare ritmo e così via. Così abbiamo pensato di fare una mostra su come il cinema, così come altri media fondati sulle immagini in movimento, ci ha permesso da un lato di registrare il tempo ma anche di manipolarlo, accelerandolo, rallentandolo, invertendone il senso o creando delle nuove tecniche come il time-lapse, per esempio,che ci permette di vedere in tempi brevissimi dei fenomeni atemporali di lunga durata, come la nascita e la vita di una pianta nell’arco di settimane ridotta a pochi secondi o a pochi minuti e così via”.
Ma qual è il punto di partenza di queste macchine del tempo?
È una mostra che prende come punto si partenza il 1895, l’anno in cui i Fratelli Lumière proiettano per la prima volta delle immagini con il loro Cinématographe e anche l’anno in cui viene pubblicato per la prima volta il romanzo fantascientifico The Time Machine, la macchina del tempo, da cui viene il titolo della mostra, di Herbert George Wells, un romanzo che descrive un protagonista che viaggia nel tempo fino a trenta milioni di anni dal presente attraverso un dispositivo meccanico come questa macchina del tempo.
Si passa via via attraverso il Novecento per arrivare ai giorni nostri e alle prospettive del futuro?
Si dispiega tutto un percorso che non è assolutamente un percorso cronologico e lineare ma è fatto di continui accostamenti tra l’antico e il contemporaneo che ci parla di come il tempo, grazie alle immagini in movimento sia diventato plastico, malleabile, elastico, un tempo che in qualche modo siamo in grado di dominare, di controllare anziché di subire. E l’arco temporale della mostra va dalla fine del 1800 fino al nostro futuro prossimo in quanto la mostra contiene due nuove installazioni realizzate appositamente per questo spazio che ci parlano delle nuove temporalità delle immagini in movimento prodotte da nuove tecnologie come i video generativi o come i sistemi di intelligenza artificiale.
Si parla quindi delle nuove frontiere della sperimentazione?
I video generativi, per esempio, ci consentono di produrre dei video di durata potenzialmente infinita. Il video di Jacques Perconte è alimentato da un software in modo tale che le immagini non si ripetano mai. Se per estremo, potessimo tenere acceso quel video per i prossimi tre secoli, lo spettatore per tre secoli vedrebbe delle immagini diverse e così via potenzialmente all’infinito. Quindi una temporalità, una durata infinita che nessun media ottico ha mai permesso prima in quanto la durata era sempre limitata e permessa dal supporto, cioè la pellicola o la memoria più o meno limitata del computer e così via.
Altri esempi?
Nel caso di Gregory Chatonski scopriamo un’ulteriore nuova temporalità che è quella delle immagini prodotte dai sistemi, sistemi che sono capaci di assimilare milioni e milioni di immagini prodotte dall’uomo e depositate su Internet per poi rielaborarle e produrre delle immagini nuove che non assomigliano a niente di esistente e che hanno delle forme di evoluzioni nel tempo, direi quasi delle forme di montaggio radicalmente diverse da quelle che sono state realizzate fino ad ora. Vediamo dei montaggi nuovi, delle immagini nuove che fanno parte di quello che Gregory Chatonski definisce un realismo senza realtà, cioè un realismo che assomiglia a una realtà che però non c’è o non c’è ancora e che ci trasporta verso un futuro ancora chissà… a venire ma non sapremo mai ovviamente quando. Quindi c’è assolutamente una scoperta di nuovi modi di vivere e di nuove dimensioni.