Esattamente due secoli fa, il 12 maggio del 1820 nasceva a Firenze Florence Nightingale, donna di genio che nobilitò la professione di infermiera in una Inghilterra vittoriana, sfidando pregiudizi, convenzioni e ingiustizie sociali. Sebbene ancor prima di lei la conterranea Mary Wollstonecraft si fosse battuta strenuamente per i diritti delle donne, nel 1792 aveva pubblicato A Vindication of the Right of Woman, lo stato delle pari opportunità nell’accesso allo studio e al lavoro era ancora molto arretrato per la maggioranza delle ragazze anglosassoni. Dovremo attendere ancora molto tempo prima che le donne possano scegliere liberamente una professione, un luogo dove vivere autonomamente, o avere un ruolo decisivo in ambito politico, artistico o scientifico. La stessa Nightingale sarà strenuamente osteggiata dalla madre e dalla sorella, e dalle persone a lei più vicine, a perseguire le sue attitudini fin da molto giovane quando il suo desiderio, benché figlia di aristocratici assai facoltosi, era quello di dedicarsi alla cura dei bisognosi, dei malati e degli ultimi. Considerate delle “vivandiere”, le infermiere erano all’epoca donne considerate di scarso valore, e per quanto importante fosse il loro ruolo non ricevevano una formazione vera e propria, sebbene fossero fondamentali in un’epoca in cui le malattie erano un flagello e la percentuale di mortalità infantile in Inghilterra e Galles raggiungeva il culmine, nel 1890, con circa 150 decessi ogni 1000 nascite, mentre le guerre facevano il resto. La Nightingale nel 1860 pubblica Note sull'infermieristica, in cui dettaglia la sua comprensione dello stato di salute e l'intera gamma di fattori che la determina. Tratta la materia in modo coinvolgente partendo da fattori fondamentali come igiene e alimentazione, aspetti generali come il rituale ancora comune degli amici che visitano i malati, considerazioni economiche tra cui l'influenza della classe sociale su alloggi e salute e attenzioni ambientali che comprendono la pulizia di tutto, dalla biancheria dei letti, delle pareti e degli strumenti di lavoro.
Di questa donna, che grazie alla sua condizione economica e all’appoggio di un padre benevolo nei suoi confronti, che era un pioniere dell’epidemiologia e le versava il corrispettivo di circa 40.000 euro all’anno, per la sua formazione e per condurre vita autonoma, riuscì a rompere il famoso soffitto di cristallo che le sue coetanee potevano solo vedere da lontano.
Se della sua vita si è scritto molto ed esiste una bibliografia sterminata, è passata alla storia come “la donna della lanterna”, per la sua abnegazione nel vegliare sui malati anche durante la notte; è di recentissima uscita la traduzione di alcune sue missive, a cura di Mariangela Lando per i tipi di Ventura Edizioni con il titolo Every Yours. Florence Nightingale e le altre. Attraverso una quarantina di lettere per lo più inviate a familiari, il padre in primis, e a persone amiche con cui instaura anche relazioni importanti per la sua professione, si riesce già a comprendere un percorso di vita, dal 1839 al 1856, estremamente articolato e significativo per l’epoca in cui si colloca. Grazie al commento critico della curatrice, si può facilmente entrare nel vivo della storia di genere, negli anfratti di quei perversi universi di consuetudini, usanze radicate da cui sembra impossibile svincolarsi e affrancarsi soprattutto per una donna dell’alta società.
La sottomissione alla patria potestà era ancora un atto dovuto per una ragazza che anche alla soglia dei trentadue anni deve chiedere l’autorizzazione a espatriare per una missione umanitaria come infermiera volontaria a Scutari, quartiere di Istanbul, durante la guerra di Crimea tra Francia, Inghilterra e Impero Ottomano contro la Russia tra il 1853 e il 1856. Sebbene avesse intrapreso una scelta radicale fin da giovane per dedicarsi allo studio teologico e fuggire da un’infanzia, definita da lei stessa “servile”, e prima si fosse dedicata all’arte e agli studi classici oltre che alle lingue, la sua aspirazione era quella della vita “attiva”, il prendersi cura per mettere in pratica le sue ipotesi sulle possibilità di miglioramento di qualità della vita dei malati. “Legge, studia ed esamina in modo approfondito, saggi sulla pazzia e riguardo ai metodi di guarigione – innovativi come la cura morale di Pinel - trova responsi positivi sull’efficacia di una vita condotta all’aria aperta” commenta Lando nel testo. Questa una delle tante misure, quella del giardinaggio per i malati, che la neoinfermiera indicherà nel suo testo sulla cura del malato, oltre ad una innovativa elencazione di punti chiave per poter mettere a punto un efficiente ospedale da campo, un reparto per malati gravi, l’allestimento di un ambulatorio per le urgenze e le gravi ferite di guerra, ustioni, amputazioni e traumi importanti. Ma il grande apporto della Nightingale sta anche nel formulare, per la prima volta nella storia, una sorta di manuale per migliorare anche le stesse condizioni di lavoro delle infermiere affinché non perdano energie per fare lavori pesanti e non vengano sottoposte a ritmi di lavoro estenuanti e inadeguati. Diventa lei stessa una sorta di manager della sanità quando dispone l’organizzazione anche degli spazi delle degenze, impone acqua calda a tutti i piani degli ospedali, impedisce alle infermiere di dedicarsi a compiti che non le competono, ma è severa con loro in termini di comportamenti, abitudini di vita.
È esigente con se stessa come con gli altri e nel lavoro di organizzazione si rivela inattaccabile anche sul piano morale. Rimanderà in patria due delle 35 infermiere per comportamenti non consoni, come l’ubriachezza, crederà fermamente nella solidarietà tra colleghe ma anche quella tra degenti, si occuperà del clima e dell’igiene delle stanze dei ricoveri come delle relazioni umane che a suo vedere influenzano fortemente la velocità di recupero dei malati. Quello che in seguito sarà chiamato comfort del paziente, pulizia dei letti, arieggiamento delle stanze, pasti adeguati e caldi per ogni caso clinico. Florence fu l’inventrice della struttura nosocomiale “a padiglioni”, rimasta in auge fino a pochi decenni fa in alcune realtà ospedaliere e porterà avanti importanti studi sulla statistica inerenti soprattutto allo studio delle guarigioni in rapporto alle modalità di cura. La sua palestra sul fronte, dove dovrà allestire un ospedale vero e proprio e dirigerlo giorno e notte con migliaia di feriti, le servirà in futuro al rientro in Inghilterra per porre le basi di una scuola per infermiere; con lei, l’infermieristica diventò autonoma disciplina di studio e ricerca. Le Nightingale Training Schools ebbero un approccio globale, aprendosi a probationers provenienti anche da altri Paesi e diffondendosi in tutto il mondo, con una numerosa serie di succursali, presenti anche in Italia, a Firenze, Roma, Napoli.
Ma non è sufficiente soffermarsi solo su questo aspetto della personalità della protagonista del volume, la seconda parte del libro riporta invece le lettere di Clarissa Harlowe Barton (1825-1912) fondatrice della Croce Rossa Americana nel 1881, in quanto la biografia invita alla discussione di almeno altri due aspetti importanti sul lascito culturale della Nightingale. Ha combattuto strenuamente sostenendo le necessità delle giovani donne nell’accedere con egual diritto dei colleghi maschi alla formazione nel campo medico non più come “angeli del focolare” bensì come vere professioniste in grado di dirigere, anche in tempi di guerra e di grandi disagi economici, un reparto ospedaliero, prendere decisioni autonomamente e relazionarsi anche a livello politico con i referenti per la sanità di quell’epoca. A questo riguardo la storia riporta al lavoro svolto, con egual tenacia molti anni dopo, da Virginia Woolf nell’ambito delle scrittrici professioniste, nel testo più originale tra i suoi, Le tre ghinee. Possiamo dire che Florence in questo anticipa molti concetti che ritroveremo nel circolo culturale femminista di Bloomsbury. Quando afferma nel 1846 scrivendo al padre sulle aspirazioni delle donne esprime una sorta di denuncia: “Perché una donna non può seguire le astrazioni come un uomo? Ha ella meno immaginazione, meno intelletto, meno autodevozione, meno religione di un uomo? Penso di no”. E la denuncia è anche verso la Chiesa d’Inghilterra che “lascia fuori le donne”, il suo disappunto per quanto cattolica fervente è radicale quando ritiene inaccettabile la posizione stessa della Chiesa “verso le donne perché vengono lasciate completamente incolte dalla Chiesa d’Inghilterra, quasi completamente lasciate a se stesse, senza assistenza, senza cura”.
Allo stesso tempo è una donna che non trascura la sfera della riflessione filosofica sulla vita spirituale, per quanto laica decide di rinunciare alla famiglia e discetta a lungo sulla mancanza di volontà di molti giovani, della sua generazione, a fare delle rinunce per mettere in pratica aspirazioni di pensiero e di intelletto che in tal modo rimangono un puro esercizio “teorico”: Florence appare infastidita dalla disgiunzione tra pensiero e azione. In un’età definita troppo colta in cui prevale l’eccesso di cultura “troppo elevata e così poco attiva”, non esiste equilibrio tra Teoria e Pratica. Qui ci fa viaggiare con il pensiero alle idee di Simone Weil Riflessioni sulle cause della libertà e dell’oppressione sociale: “La libertà autentica non è definita tra un rapporto tra desiderio e soddisfazione, ma da un rapporto tra il pensiero e l’azione” (1983, Adelphi).
Insomma, una vera “donna nuova” in un secolo ancora ostile al “pensiero” della donna a cui, come lei rivendica, le vengono tarpate le ali e paralizzati i muscoli “per il raggiungimento di un’atmosfera più chiara e più acuta in cui ella non ha i mezzi fisici per vivere e non può più vivere”.
Rileggere queste lettere è come ripercorrere una storia privata di emancipazione che però è stata un volano, un tracciato preziosissimo per condurre molte “altre” sulla via della conquista dei propri ideali di vita. Per trovare ancora un volto verosimile di Florence basterebbe entrare nella chiesa di Santa Croce a Firenze dove rimane una statua in sua memoria, nella città che la vide nascere per caso durante un piacevole gran tour tutto anglosassone dei suoi genitori.
L'epigrafia alla base della statua, opera dello scultore inglese Francis William Sargant (1870-1960) del 1913 recita: “Florence Nightingale – The Heroine of Crimea – The Lady with the Lamp, as the soldiers called her, having in her such a wonderful nurse, in the painful hospital nights, and since then a guiding spirit with the virtue of the example to that voluntary work of international pity, that became the Red Cross, has in her Florence, where she was born and of which carried the kind name, this memory and of affection.”