Nell’arco di una settimana il Trieste Film Festival riesce a coprire un vasto campo di argomenti. Cominciamo dalla celebrazione di Fellini nel centenario della nascita con un film restaurato (E la nave va) e due interviste, del 1989, di Matej Mináčk e del 2020, Fantastic Mr Fellini del regista Francesco Zippel che intervista Wes Anderson su alcuni temi a lui cari e vicini alla poetica di Fellini. C’è poi una mostra fotografica dal titolo Federico Fellini: visioni dall’Est, corredata di manifesti di rinomati cartellonisti polacchi.
Vengono proiettati undici film, tutti in anteprima italiana, che partecipano al Concorso internazionale lungometraggi. La (im)mobilità sociale dell’Europa di oggi, fatta di migranti economici che attraversano il continente, è tra i temi centrali: dalla Brexit vissuta sulla propria pelle dai protagonisti bulgari di Kot w scianie (Un gatto nel muro) di Mina Mileva e Vesela Kazakova, già in concorso a Locarno, a Nech je svetlo (Che sia fatta luce) di Marko Škop, dove un muratore slovacco di ritorno a casa dalla Germania scopre l’affiliazione del figlio ad un gruppo paramilitare. In Oleg di Juris Kursietis, un macellaio lettone che a Bruxelles cerca un buon salario trova la criminalità polacca. In Ivana cea Groaznica (Ivana la Terribile), la regista e attrice Ivana Mladenović mette in scena – e in gioco – le proprie fragilità. I sentimenti sono al centro anche dell’emozionante trittico amoroso del serbo Maša Nešković, Asimetrija (Asimmetria). Il viaggio di un padre e di un figlio in lutto è l’argomento del bulgaro Bashtata (Il padre) di Kristina Grozeva e Petar Valchanov. Un matrimonio giunto (forse) al capolinea è in Monstri (Mostri) del rumeno Marius Olteanu; un amore clandestino è raccontato dalla russa Larisa Sadilova in Odnazdy v Trubčevske (C’era una volta a Trubčevsk); il dolore vissuto da un intero villaggio per la scomparsa di Oroslan è girato dallo sloveno Matjaž Ivanišin. Ecco poi due grandi ritratti femminili: Lillian dell’austriaco Andreas Horvath, racconta il lungo viaggio di un’emigrante bloccata a New York nel tornare in Russia, un road movie che si fa cronaca di una lenta sparizione; e Zana di Antoneta Kastrati, nel Kosovo di oggi riflette sui traumi della guerra e su una società patriarcale che ancora condiziona pesantemente la libertà delle donne.
Cè poi un concorso anche per i corti e una sezione documentari, in cui spicca VittorioVidali, che racconta uno dei personaggi più controversi del comunismo staliniano. Il Festival proietta i cortometraggi del laboratorio Eu ciak di cinematografia curato nelle scuole e apre una sezione dedicata ai kids per vincere il rifiuto giovanile della sala cinematografica. Far costruire a scuola un video come azione collettiva della classe ed abituare i piccoli a godersi un film dal grande schermo in una sala piena di pubblico sono offerte generose ed opportune, per far capire ai giovani quanto è più coinvolgente questa modalità rispetto alla visione solitaria del film sullo smartphone.
Anche la Virtual Art è rappresentata da tre opere: Mare Nostrum, Medusa Act II e The Key. In particolare, quest’anno al Festival si vuole discutere e capire il ruolo delle donne nei media immersivi, esplorare nuove tecnologie e nuove modalità di storytelling in un incontro dal titolo “Donne e Storytelling nella Realtà Virtuale”.
Altre mostre riguardano Architettura e Storia contemporanea: Modernistan: architettura modernista sovietica in Asia Centrale, in linea con notizie dall’Est dove il Festival da sempre guarda; Nati dopo l’89, continua i discorsi dello scorso anno relativi alla caduta del muro di Berlino.
La musica pure è protagonista. Al 2020 TSFF Party, Richard Dorfmeister si esibisce come dj, in un equilibrio perfetto tra raffinate atmosfere elettroniche e musica “colta”. Si ricorderà che questo artista austriaco ha raggiunto fama planetaria negli anni ‘90 reinventando le sonorità trip hop ed entrando di prepotenza in quello che oggi è definito il gotha della musica elettronica, un club ristretto di persone che ha impostato il suono e la musica di fine millennio, quella che ancor oggi, dopo vent’anni, è ineguagliabile per modernità e stile.
Ogni giorno alle 11 al Caffè San Marco avvengono incontri con i registi, gli attori e i produttori presenti al Festival. In contemporanea vengono organizzate anche passeggiate in itinerari alla scoperta delle bellezze della città di Trieste. Ma forse, data la grande varietà di proposte quotidiane, possono servire unicamente come notizia, da memorizzare per una visita alla città a Festival finito.