Ora che è stato certificato il successo del Nosferatu di Robert Eggers, secondo remake del classico del cinema espressionista tedesco del 1922 Nosferatu- Eine Symphone des Grauens, si ripropone la classica domanda: quale differenza passa tra Dracula e Nosferatu, tra queste due letture del mito del vampiro?
La risposta che solitamente viene data è: nessuna. Nosferatu nasce come versione non autorizzata del romanzo Dracula di Bram Stoker, pubblicato nel 1897.
Tutto parte da Albin Grau ed Henrik Galeen, i due fondatori della casa di produzione Prana Film che intendono produrre film di argomento soprannaturale, cominciando proprio dal Dracula. Solo che, non riuscendo a ottenerne i diritti, Galeen scrive una sceneggiatura nella quale cambia i nomi dei personaggi, sposta l’ambientazione dall’Inghilterra del 1890 alla Germania del 1838 e dalla Transilvania ai Carpazi, e infine modifica parte della trama introducendo il tema della peste (molto sentito in quegli anni funestati dalla pandemia della febbre spagnola). Affidano la regia al promettente regista Friedrich Wilhelm Murnau e il ruolo principale a un allievo di Stanislavskij, Max Schreck, talmente convincente da far nascere la voce che fosse un reale vampiro.
Florence Balcombe, la vedova di Bram Stoker, fa causa alla Prana Film per plagio e condanna tutte le copie del Nosferatu alla distruzione. Se ne salverà una copia, nascosta in casa di Murnau e approdata negli Stati Uniti dove diverse leggi sul copyright legano le mani alla vedova Stoker. Questa è la storia che tutti conoscono ed è stata ripetuta sino alla noia, ma che farebbe pensare che le differenze tra Dracula e Nosferatu (vale a dire il conte Orlok) siano superficiali e dettate solo dalla furbata di eludere il pagamento dei diritti agli eredi Stoker.
Al massimo qualcuno nota come il vampiro della linea Nosferatu, interpretato prima da Max Schreck e in seguito da Klaus Kinski nel remake di Werner Herzog del 1979 e infine da Bill Skarsgard nel più recente rifacimento, sia un essere ripugnante e demoniaco, il vero non morto del folklore, mentre il Dracula interpretato dai vari Bela Lugosi e Christopher Lee sia un fascinoso e ipnotico aristocratico, per non parlare di Gary Oldman che nel film di Francis Ford Coppola dall’ingannevole titolo Bram Stoker’s Dracula, interpreta un eroe romantico. In realtà il vampiro originale di Stoker è più simile a “Nosferatu”. Non ha nulla di aristocratico e romantico, è il puro male, repellente fisicamente e moralmente, mentre i vari Dracula ricordano più il vampiro byroniano di John Polidori.
In realtà c’è una differenza importante, ed è la concezione del soprannaturale. Bram Stoker scrive un romanzo in cui è presente l’elemento cristiano, pur innestato in quel positivismo tanto di moda nell’era vittoriana. L’eroe del romanzo è il dottor Abraham Van Helsing. Quest’uomo è uno scienziato che accetta le teorie positiviste del suo tempo e spesso parla del Conte e della sua natura criminale usando termini ripresi da Lombroso. Ma è anche un devotissimo cattolico. Lui lotta contro Dracula facendo ampio uso di crocifissi e ostie consacrate, e in più di un’occasione mostra un’incrollabile fede cristiana. Nel rapporto con Mina Harker Van Helsing oscilla tra lo psicologo che orecchia le prime teorie di Freud e l’esorcista.
Nulla di tutto questo in Nosferatu. Già lo spostamento non solo geografico ma anche cronologico dell’ambientazione cambia il mood. La Germania del 1838 è lontanissima dallo spirito positivista e scientista di fine Ottocento: siamo in pieno romanticismo, e siamo nella Patria del romanticismo. Siamo più vicini ad una fiaba dei fratelli Grimm che non a Bram Stoker. Ma soprattutto, come nelle fiabe, l’elemento cristiano scompare del tutto. Mentre appare fortissimo un sottotesto esoterico.
Il contratto col quale Nosferatu acquista la casa a Wisborg è pieno di strani simboli: si tratta di linguaggio enochiano. E anche il tema del sole che uccide il vampiro, oramai diventato canonico, è assente non solo in Dracula ma proprio nel folklore riguardo questa figura che viene sì indebolita, ma non uccisa, dal sole. Il vampiro che svanisce al sole è un’allegoria fortemente esoterica, che richiama in parte il Sol Invictus. Invano si cercherà nel Nosferatu del 1922 un qualsiasi riferimento cristiano. Qualche elemento cristiano verrà recuperato da Werner Herzog, mentre Robert Eggers manterrà forte la componente romantico-esoterica.
Ma attenzione, come si chiamava la casa di produzione del primo Nosferatu? Era la Prana Film. Già nella parola “prana” vediamo un richiamo all’esoterismo indù. Albin Grau ed Henrik Galeen, produttore e sceneggiatore di Nosferatu, erano molto introdotti nell’ambiente esoterico della Germania di Weimar: Albin Grau era membro della Fraternitas Saturni, sotto lo pseudonimo "Magister Pacitius” e aveva avuto l’idea per un film di vampiri dopo aver udito i racconti di un contadino serbo riguardo il padre “non morto”. Henrik Galeen, di origine ebraico-ucraina, aveva già girato nel 1915 Der Golem, film ispirato ad una celebre figura esoterica della tradizione ebraica praghese.
Quindi la vedova Stoker ebbe torto: le somiglianze tra il Dracula del marito e il Nosferatu di Murnau sono molto superficiali. Lo spirito è totalmente diverso.