Per voce creativa è un ciclo di interviste riservate – e dedicate – alle donne del panorama artistico italiano contemporaneo. Per questa occasione Giovanna Lacedra incontra Silvia Serenari (Piombino, 1974).
Dopo che abbiamo varcato una certa soglia è la natura stessa dell’infinito a porre un progetto davanti a noi.
(Carlos Castaneda)
Forse il primo vero passo verso se stessi è fermarsi. Fermarsi ad ascoltare. Ascoltare ed ascoltarsi. Non attendere, non pretendere, ma stare. Stare in ascolto e rallentare. Rallentare i pensieri, le paure, le aspettative. Porsi umilmente davanti al mare, come il monaco di tergo nel dipinto di Caspar David Friedrich: sentirsi così, minimi eppure parte di un tutto. Di fronte alla vastità di un cielo illimite, partecipi di questa eterna danza. Sentirsi così, minimi. E accogliere la propria finitezza per creare un dialogo con l’infinito.
Lo spazio del silenzio è uno spazio che si dilata per permettere alle idee scaturite da questo dialogo, di prendere forma. E la forma delle idee di Silvia spesso esiste già in natura. Nelle pietre di Odino, sulla pelle del mare, nella luce solare.
Silvia Serenari vive e lavora a Livorno. Questa è la sua voce creativa per voi.
Chi è sei?
Sono una visionaria, eterea, crepuscolare, apollinea, dionisiaca, amante della natura e alla ricerca dell’anima nel mondo visibile e invisibile.
Che cosa ti racconta il mare?
Mi racconta piccoli segreti che fanno bene all’anima, la sua saggezza abissale conosce bene ciò che il mio cuore desidera: movimento, tempesta, energia, vastità, calma e profondità.
Hai mai conosciuto la libertà?
La libertà, alla quale aspiro, risiede nell’hic et nunc nel vivere pienamente l’attimo presente, in questo modo penso di poter annullare l’effetto tumultuoso del pensiero che, radicato nel passato o proiettato nel futuro, modifica la realtà in favore di immagini animate dai fantasmi della mente. Mi è capitato di provare questa splendida sensazione mentre fotografo, perché fotografare è come fermare il tempo, è dividerlo in attimi scanditi da ogni scatto dove trattengo il respiro per non interferire sull'immagine, dove lo sguardo è fisso e la mente immobile.
Il colore che ti fa da amuleto?
Il verde dei boschi, rassicurante e meditativo, mi fa pensare all’abbraccio protettivo dei rami e rivivere la tranquillità che provo immersa nella natura e nella fitta vegetazione.
Un piccolo rituale al quale non rinunceresti mai?
Cercare una pietra forata ogni volta che vado a fare una passeggiata sul mare.
C’è qualcosa di scaramantico che fai, prima di iniziare un nuovo lavoro?
Prima di ogni progetto adoro comprare quaderni, penne e matite, (dove scrivere pensieri e concetti) in linea con il nuovo lavoro. Ho una bella collezione! Completo blu per il mare, verde per la natura, nero per la luna, floreale per i fiori, sfumature del cielo per le nuvole etc.
Cos’è l’attesa?
È il tempo che si trascorre come in una sorta di “sospensione”. “Il maggior ostacolo del vivere è l’attesa, che dipende dal domani ma spreca l’oggi” (Seneca).
La tua ricerca artistica è intrisa di magia spiritualità. Ce ne parli?
Il mio interesse per la ricerca spirituale è iniziato all’età di 20 anni, in quel periodo la lettura di Carlos Castaneda mi aveva aperto le porte al magico universo dello sciamanesimo e la mia visione del mondo cambiò profondamente. Una natura animata e, al di là della realtà ordinaria, una “realtà separata” invisibile, accessibile solo “agli uomini di potere”, divennero il centro della mia ricerca. Parallelamente ai primi esperimenti percettivi, iniziai a fotografare i luoghi che consideravo magici e carichi di energia, a frequentare centri per la meditazione, e a consolidare i miei studi iscrivendomi alla facoltà di Filosofia. In seguito, ho approfondito le filosofie orientali, l’esoterismo, il simbolismo alchemico e la magia con l’intento di avvicinare quel meraviglioso mondo visionario alla mia ricerca artistica, creando così un lavoro denso di spiritualità e richiami al sacro.
Le pietre di Odino sono protagoniste dei tuoi lavori più recenti, ce ne descrivi la valenza ed il potere?
Le pietre forate, chiamate “pietre di Odino” hanno uno o più fori naturali e, fin da tempi antichi, sono considerate dotate di poteri magici. La loro creazione è avvenuta grazie al lavoro dei piccoli microrganismi che le hanno abitate e al potere corrosivo dell’acqua. Il foro permette di “guardare dall’altra parte” per osservare ed entrare in comunicazione con il mondo invisibile, mondo degli spiriti o regno della magia. Hanno poteri spirituali e sciamanici, in epoca preistorica venivano esposte all’entrata delle camere funerarie, quale simbolo di passaggio; rappresentano un potente amuleto di protezione personale e, attraverso particolari rituali, fanno avverare i desideri.
Stellae Maris è un’opera che mi fa pensare alla vibrazione della luce sulla Senna nei quadri di Monet, ma con un’accezione ben più mistica. Sbaglio?
Stellae Maris e Lux Vivens fanno parte di una serie di lavori dove, attraverso la fotografia, ho fermato lo scintillio che si forma dal contatto del sole con la superficie del mare, creando piccole stelle e scie luminose, che trasformano il mare in una sorta di portale magico.
Quale credi sia il compito di una donna-artista, oggi?
Senza distinzione tra uomo e donna,“illuminare la profondità del cuore umano è il compito dell’artista” (Schumann).
È vero che la scaturigine di un’opera è sempre autobiografica?
Sì, in quanto prodotto del pensiero e del sentimento.
Un lavoro tuo che ti sta maggiormente a cuore e perché?
Il lavoro Rituale collettivo delle pietre di Odino realizzato per la mostra Alchymia Maris presso la galleria Gilda Contemporary Art, è stato un evento molto emozionante. Dalla galleria si entrava nella sala del rituale attraverso una porta chiusa che si apriva solo per far passare tre persone alla volta. Nella stanza, illuminata dalla calda luce delle candele, vi era un grande cerchio di “pietre di Odino” e in diffusione la risacca del mare registrata nella spiaggia dove ho trovato questi piccoli tesori. Il rituale consisteva nello scegliere una pietra, scrivere il proprio desiderio in un foglio di carta, arrotolarlo e inserirlo nel foro, se il desiderio rimaneva una notte all’interno della pietra si sarebbe avverato. Questo lavoro mi sta molto a cuore perché per me la ricerca di questi piccoli tesori è stata una sorta di meditazione.
Per due anni mi sono recata, incurante del freddo della pioggia e della neve, a cercale in una piccola spiaggia, un luogo magico, che per motivi a me ignoti è una miniera inesauribile. Ogni volta che trovavo una pietra mi sembrava di ricevere un regalo dall’anima del mondo. Ne ho trovate migliaia, alcune a forma di cuore, come il cuore che ho messo nella loro ricerca. Questa esperienza mi ha dato la piena sensazione di vivere in un mondo ordinato da leggi e legami invisibili che talvolta si rendono visibili a chi con pazienza e amore si abbandona al suo flusso e a chi riesce, con l’occhio incantato, a “vedere oltre”. Attraverso il rituale creato nella galleria, sono riuscita a rivivere l’emozione di quei momenti e a trasmetterla alle anime che, con grande sentimento, hanno preso parte all’evento.
Che ruolo ha la memoria nel tuo lavoro?
Lavorando sui simboli e sulla geometria sacra, la memoria che entra in scena nei miei lavori è quella “archetipica”. Ci sono alcune immagini che risvegliano un sapere antico che ci appartiene: il cerchio, il punto, la ruota e la stella ad otto punte innescano reazioni emotive, razionali e psicologiche, presenti da sempre nel cuore e nella mente di ognuno di noi.
Ad ispirarti, influenzarti, illuminarti ci sono letture particolari?
La lettura di libri “illuminanti” è il primo passo nella creazione di ogni nuovo progetto, tra i miei preferiti: L’anima dei luoghi, I simboli della scienza sacra, Il tao della fisica, Il simbolismo delle nuvole, Piccola filosofia del mare e tanti altri!!
Scegli tre delle tue opere da raccontarci!
Thesaurum Maris 2 (2019) è un lavoro sulla poetica dell’orizzonte, sull’invisibile, irraggiungibile linea, dove lo sguardo si perde e prende il volo, può tuffarsi nella profondità del mare o salire nel cielo. Come scrive G. Bachelard; “Prima di essere uno spettacolo cosciente ogni paesaggio è un’esperienza onirica”. Thesaurum Maris 2 è uno scrigno trasparente che contiene un tesoro particolare perché composto dai nostri voli pindarici evocati dalla distesa argentea a contatto con il cielo schiumoso. Per custodire i nostri pensieri basta alzare il coperchio e soffiarli dentro. De tranquillitate animi 5 (2018/2019) fa parte di una serie di lavori sul potere meditativo e rilassante del mare. Aurora Consurgens (video 2014) è un susseguirsi ipnotico di immagini simmetriche. È un lavoro sulla simbologia legata al mare, madre dell’universo, del cosmo e dell’umanità. Le sue acque sono simbolo di purificazione e rinascita, attraverso l’immersione in esse si compie il passaggio dal profano al sacro. In Aurora Consurgens ho trasformato il mare in stella ad otto punte, simbolo della Dea Madre, porta del cielo, fonte di luce e simbolo di rinascita spirituale.
L’opera d’arte che ti fa dire: “questa avrei davvero voluto realizzarla io!”?
La Nascita di Venere di Botticelli.
Un o una artista che avresti voluto esser tu.
Hildegard Von Bingen.
Tre aggettivi per definire il sistema dell’arte in Italia.
C’è una domanda di riserva?
No, ma sei libera di non rispondere. E l’assenza di risposte è già una risposta! In quale altro ambito sfoderi la tua creatività?
Suonare le percussioni, guardare ciò che mi circonda con occhio incantato e annullare la sensazione corporea mentre pratico yoga.
Work in progress e progetti per il futuro.
In questo periodo sto lavorando contemporaneamente ad un progetto sui simboli legati alla Luna: potere femminile, magia e oscurità, quest’ultima necessaria alla ricerca introspettiva e alla rigenerazione; e sul simbolismo del fiore, associato alla ruota e al cerchio. In futuro mi dedicherò alla “Terra”, ho già iniziato a leggere alcuni libri molto interessanti: La religiosità della Terra di Duccio Demetrio e Il vangelo secondo la natura di John Burroughs.
Il tuo motto in una citazione che ti sta a cuore.
“Se le porte della percezione fossero purificate, tutto apparirebbe all'uomo come in effetti è, infinito” (W. Blake).