Un incontro dibattito dal titolo Psichiatria e Arte: una nuova estetica? si è svolto nel periodo natalizio negli stessi locali che ospitavano una mostra d’Arte, le ex Leopoldine a Firenze, sala comunale di notevoli proporzioni architettoniche. Ambientare l’incontro entro la mostra sottolinea la non banale ricerca di un confronto fra due mondi, psichiatria e arte, entrambi collegati al pensiero umano non cosciente. Tanto più che chi esponeva e ha curato l’incontro, Domenico Fargnoli, è uno psichiatra, oltre che psicoterapeuta, in grado quindi di avere conoscenza diretta dei due campi di indagine.
Si può anche ridefinire, in questo contesto, la Psichiatria come fisiologia della mente, conoscenza profonda del pensiero umano sano, non, come viene generalmente considerata, solo di quello collegato alla malattia mentale. Ovvio che, per curare la malattia, occorre sapere che cos’è la sanità mentale. Ingrediente necessario per fare Arte, come ben spiegato all’incontro dalla psichiatra e psicoterapeuta Paola Bisconti. Uno psichiatra può esprimersi in Arte, proprio come lo può fare uno che si definisce artista. Il primo sarà in grado, molto più del secondo, di spiegare la genesi del fare artistico, di trattare un concetto sfuggente come la creatività, di vedere implicazioni in ciò che viene definito arte, quando arte non è.
Afferma Fargnoli che il mondo della psichiatria e quello dell’arte condividono un interesse per l’uomo nell’espressione della sua parte irrazionale. Lo psichiatra esplora la realtà non cosciente per scopi terapeutici, mentre l’artista attinge ad essa per le sue creazioni.
I quadri, disegni e sculture di Domenico, esposti in mostra, sono frutto di un’interazione, di tipo fortuito perché non rispondeva ad una richiesta di cura, con un gruppo, che ha poi permesso di praticare una modalità fuori del comune finalizzata a produrre arte, da cui sono scaturite interessanti elaborazioni. Afferma Fargnoli - e con lui l’altra psichiatra-artista relatrice all’incontro, Eva Gebhardt - che è stata l’elaborazione di una nuova psichiatria, e quindi di una nuova antropologia attraverso l’analisi collettiva tenuta dallo psichiatra Massimo Fagioli, scomparso di recente, a produrre nuove esigenze espressive nei partecipanti. Chi si è dato alla pittura, chi al giornalismo, chi alla musica. Il linguaggio figurativo, in aggiunta al linguaggio articolato utilizzato in psicoterapia, permetteva al Fargnoli di elaborare complesse narrazioni che derivavano da collettivi di persone impegnate nella cura e nella ricerca relativamente alla propria realtà psichica.
Fargnoli dichiara di sentirsi uno psichiatra, non un artista, ma muoversi in mezzo alle opere in questa mostra dà un piacere che deriva dalla grande vitalità piena di colore e di movimento che ci rimandano gli oggetti esposti. Le sculture, a parte Immagine Originaria, una terracotta invetriata, sono, definizione di un visitatore, sculture lineari. Infatti, sono quasi sempre realizzazioni in metallo di schizzi, anch’essi presenti in mostra, che Domenico faceva, e poi trasformava in strutture metalliche insieme con il gruppo.
Un modo di concepire il fare che diventa creativo: niente di concettuale che, generato da schemi razionali, impedisce la libera espressione. Un incontro, a livello inconscio, di modalità espressive non coscienti di varie persone, accomunate dalla voglia di dialogare con nuovi mezzi.
Questo incontro è stato in grado di accelerare il processo creativo a livelli impensati, testimone la grande produzione nell’arco di poco tempo e soprattutto il profilo artistico dello psichiatra, cimentatosi anche in un copione teatrale, in alcune videoinstallazioni e coreografie, in musica e poesia, sempre in risposta a sollecitazioni di un collettivo.
L’invenzione dell’analisi collettiva di Massimo Fagioli, modalità collettiva di cura, formazione e ricerca, gli ha ispirato altri campi di applicazione come, ad esempio, la redazione di articoli di argomento psichiatrico, a partire dai contributi individuali di un gruppo di psichiatri che, pur non essendosi distribuiti i compiti, confrontandosi in gruppo con Fargnoli. costruivano un testo fluido ed esaustivo.
All’affollato incontro, svoltosi il 29 dicembre ed ora visibile su YouTube, la psichiatra Paola Bisconti ha fatto un excursus storico sulle varie teorie psichiatriche nate nell’Ottocento, che definivano l’arte dei folli. Ha così svelato l’origine di ideologie che ancora oggi pervadono la critica d’arte, quando definisce come arte opere fatte nel disagio mentale. La giornalista Simona Maggiorelli ha parlato di errori commessi dalla critica, ad esempio, nel definire l’arte preistorica.
Questa mostra è stata per i visitatori un’esperienza di immersione in una nuova estetica, frutto di una nuova sensibilità artistica che cambia la concezione della bellezza e la rende fonte di grande benessere. La formula? Usando parole di Massimo Fagioli: “...rendere la ragione serva dell’irrazionale”. Ovviamente dell’irrazionale sano.