Il fenomeno dei porti franchi ha conosciuto uno slancio grazie alla forte crescita dei mercati internazionali d’arte figurativa, alla quale è conseguita un incremento della domanda per il deposito di opere d’arte esenti da tasse, in particolar modo per quelle non destinate ad essere esposte in musei o spazi espositivi personali, ma che sono piuttosto considerati asset sui quali investire. Questo articolo esamina il contesto e le caratteristiche di due tra i più importanti porti franchi d’arte a livello globale, situati a Ginevra, Svizzera, e in Lussemburgo.
Il porto franco d’arte di Ginevra, Svizzera è stato il primo ad essere stato concepito e contiene la maggior concentrazione di opere d’arte al pari di tutte le altre simili infrastrutture progettate successivamente. Precedentemente gestito dalla compagnia di Yves Bouvier Natural La Coultre prima di essere venduta ad un’altra firma di trasporti francese, il porto franco è uno tra i più importanti e segreti ad oggi esistenti, casa di 1,2 milioni di opere d’arte dal valore stimato di $100 miliardi (Ebneter, 2023). Quello di Ginevra, come i porti franchi del Lussemburgo e di Singapore, prevede numerose misure di altissima sicurezza, rendendo queste tra le strutture più sicure mai esistite, designate per assicurare la migliori condizioni per la conservazione di beni da collezione, in particolar modo, opere d’arte.
Nasce come branca del complesso del porto franco di Ginevra, datato 1854. La ratio che sostiene la sua creazione è la medesima della struttura centrale: ovvero creare un luogo dove si potesse immagazzinare temporaneamente merce di scambio, esente da qualsiasi tipo di tassazione durante la permanenza nella struttura, facilitandone il trasporto tra diversi paesi. Il porto franco d’arte di Ginevra comincia a prendere forma dalla crescente necessità di trovare un deposito di opere d’arte. Qui, i collezionisti traggono vantaggio dallo stato in transito a tempo indeterminato che la struttura offre, permettendovi di conservare le opere senza limiti di tempo, sganciandosi totalmente dalla concezione originaria del porto franco come “deposito in transito” di beni.
Ad oggi, lo status del porto franco di Ginevra rimane invariato, le opere d’arte conservate in queste strutture sono detratte da imposte doganali, sui capital gains o sulle vendite finché permangono all’interno della struttura. Fino al momento della vendita, tuttavia, non vi sono limiti di compravendite. Inoltre, gli scambi commerciali non vengono tracciati da documentazione scritta, e per di più, non vi è nessun obbligo di comunicazione nei confronti delle autorità vigenti. Insomma, tutte queste premesse rendono i porti franchi strutture estremamente appetibili ai collezionisti, soprattutto ai proprietari di grandi collezioni d’arte. Questa fitta concentrazione di beni preziosi, tra i quali figurano, oltre alle opere d’arte, anche automobili, metalli preziosi e vini, costituisce la collezione mondiale di asset fisici di maggior valore ad oggi esistente. Tutta questa ricchezza accumulata innalza in modo sbalorditivo anche il tasso di rischio, concentrato in una porzione relativamente piccola di terreno.
Come si è visto, sono numerosi i vantaggi che spingono i collezionisti a depositare le proprie ricchezze in porti franchi come quello di Ginevra. Primo di tutti, il loro status di “terre di nessuno”. Analogamente alle ambasciate, determinate leggi della giurisdizione esterna ai porti franchi non si applicano. Quindi, in teoria, i beni in viaggio verso i porti franchi di Ginevra, Svizzera e Lussemburgo non attraversano i confini giurisdizionali di detti paesi (Zarobell, 2017), non sono considerati come zone territoriali regolari entro i confini geografici. Non sono aperti al pubblico e perciò forniscono ai venditori ed acquirenti la discrezione necessaria per condurre compravendite di grande spessore, traendo vantaggio di non dover subire alcuna tassazione (che in compravendite di opere d’arte può raggiungere anche il 25% in Italia).
Questa natura offshore dei porti franchi ha dato ai collezionisti numerosi vantaggi, soprattutto data la sostanziosa tassazione che Germania e Italia hanno, per l’appunto, apposto alle proprietà culturali. Promuovendo un’alta tassazione, tali legislazioni disincentivano o, addirittura, vietano l’esportazione delle opere d’arte dai confini nazionali per impedirne l’impoverimento culturale. Detta tassazione drena la potenziale liquidità di opere d’arte, motivo per il quale si sono verificati sostanziosi movimenti di beni culturali nei porti franchi lussemburghese e ginevrino.
Perché il primo porto franco è stato aperto in Svizzera?
Per lungo tempo le banche svizzere hanno attirato a sé numerosi investitori internazionali data l’opacità di talune leggi e procedure. Tuttavia, in seguito alla divulgazione dei Panama Papers1, è aumentata da parte delle autorità la richiesta di maggior trasparenza. In particolare, alle società offshore sono stati imposti maggiore scrutinio e trasparenza aziendale. Di conseguenza, asserisce Rémy Pagani, precedente sindaco di Ginevra, molti dei clienti che possedevano grandi quantità di denaro detassato presso istituzioni bancarie svizzere hanno optato per convertirle in opere d’arte, diamanti, ed oro. Ciò per sfuggire a tasse e variazioni aleatorie di valore del denaro (Pagani, 2022).
Sull’onda di quello ginevrino, di grande rilievo è il porto franco del Lussemburgo. Ampio 22.000 metri quadri e costituito da una struttura di cemento armato, è una roccaforte che nasconde al suo interno un’amplissima quantità e varietà di beni pregiati da collezione, tra cui opere d’arte, vini pregiati e metalli preziosi, come interi lingotti d’oro. Viene definito come un cluster d’arte e di finanza, in una nazione dove il mercato finanziario contribuisce per il 25% del prodotto interno lordo (LFF, 2023).
L’iniziativa del Granducato di far convergere arte e finanza nasce da un momento di difficoltà in seguito alla crisi economica del 1929. Come si sa, è da situazioni di dette crisi che si forma terreno fertile per soluzioni di rigenerazione economica. In questo contesto, il Lussemburgo ha adottato misure eccezionali per attrarre flussi economici internazionali e sviluppare un ambiente fiscale vantaggioso. Tale processo ha facilitato la creazione di un hub finanziario che capitalizza su regimi fiscali offshore ed attrae investimenti ed attività economiche globali (Ong 2006). Il Lussemburgo diventa quindi un’area nella quale, sostanzialmente, la mancanza di tassazione per grandi movimenti di capitale estero è radicata nella sua giurisdizione. Il binomio arte-finanza risulta particolarmente prolifico in quanto provvede grande aiuto alla diversificazione economica e promuove rinnovato interesse per l’arte, consolidando l’idea di paradiso fiscale lussemburghese.
Nel 2008, altro momento estremamente delicato per l’economia globale, matura l’idea di promozione dell’arte come vera e propria nicchia nel mercato finanziario lussemburghese. Il processo sarebbe consistito nel prendere vantaggio di un mercato, quello artistico, in continua crescita e sempre più remunerativo. La creazione di un porto franco avrebbe quindi promosso la conciliazione delle punte di diamante del paese, ovvero il settore logistico e del private banking, con l’arte.
Il progetto del porto franco lussemburghese sarebbe stato gestito dallo stesso Yves Bouvier. Ciò, data la sua familiarità nell’ambiente finanziario e la sua volontà e disponibilità nel lavorare con i pubblici ufficiali e legislatori lussemburghesi. Un ulteriore vantaggio che ha promosso l’apertura del porto franco in Lussemburgo piuttosto che in altri hub finanziari mondiali è dato dalla vicinanza di Cargolux, ovvero una tra le più importanti compagnie logistiche a livello mondiale, avente solida esperienza in campo di trasporto di opere d’arte, la cui sede principale è situata nelle adiacenze del porto franco (The Economist, 2013).
In aggiunta, per capire quanto fosse stata meticolosamente pianificata la costruzione di un porto franco nel Granducato, prima di avviare le costruzioni, gli ufficiali hanno redatto una specifica legislazione per definire le basi legali del porto franco, esente da IVA e dazi. Detta legislazione sarebbe stata ufficializzata da un atto parlamentare, che avrebbe finalizzato l’opera di un “universo fiscale parallelo”. Tuttavia, questa legislazione non prevede un programma di esaltazione dell’arte locale, tantomeno fornisce supporto finanziario alle gallerie d’arte del luogo, ma è territorialmente limitata alla struttura dei porti franchi. In seguito alla delicatissima situazione economica formatasi nel 2008, l’apertura del porto franco è stata compromessa dalle continue pressioni da autorità europee ed internazionali di maggior trasparenza delle operazioni e di ridimensionamento delle misure sulla segretezza bancaria per le quali il paese era da lungo tempo conosciuto.
La necessità di maggiore trasparenza proviene dal fatto che i beni da collezione quali opere d’arte, metalli preziosi, gioielli erano diventati sempre più remunerative fonti di ricchezza, conservati in porti franchi come Lussemburgo e Ginevra per evasione fiscale e riciclaggio di denaro, due fenomeni sempre più allarmanti.
Nonostante le avversità e le numerose complicazioni, tuttavia, il porto franco viene inaugurato nel settembre 2014, con la novità che la banca centrale del Lussemburgo avrebbe trasferito le sue riserve auree dalla Bank of England di Londra al porto franco. Nello stesso evento Pierre Gramegna, il Ministro della Finanza ai tempi dell’inaugurazione della struttura comunica […] sono convinto che questo progetto aggiungerà un’ulteriore branca di eccellenza al nostro settore finanziario ed esalterà le sue abilità di wealth management
.
Obiettivo di Bouvier consisteva nel realizzare il desiderio di visibilità dei clienti di fascia alta e rendere il porto franco la migliore alternativa ad un museo personale. Ad oggi, il porto franco lussemburghese è diventato un punto d’incontro dei super ricchi globali, la cui ricchezza ha continuato ad accumularsi nonostante la stagnazione e crisi economiche. Per evitare la volatilità nei mercati finanziari, infatti, lo 0,01 percento degli HNWI ha trasferito parte della sua ricchezza nelle opere artistiche di alto valore, acquistate all’asta, in fiere, in vendite private o gallerie, rendendoli beni rifugio non soggetti a devalorizzazione.
In questi contesti, l’arte viene totalmente snaturata e perde la sua funzione originale. Non viene più goduta per la sua bellezza, per i suoi significati profondi, o per i colori ed i tecnicismi che stimolano il bello nell’osservatore. Da oggetto spirituale, l’arte stoccata nei porti franchi diventa un veicolo per l’accumulo di denaro. Siamo arrivati ad un momento storico, dunque, nel quale l’arte è diventata un mero asset d’investimento o bene rifugio? O si ricerca ancora il bello quando si realizza, acquista e contempla un’opera d’arte?
1In breve, i Panama Papers consistono in un fascicolo riservato e digitalizzato divulgato nel 2016 e contenente una sbalorditiva quantità di documenti confidenziali di circa più di duecentomila società offshore a livello globale. Le conseguenze dell’emissione di tali documenti sono state molteplici e spaziano da dense indagini governative, recupero di imposte e riforme fiscali, procedimenti giudiziari, azioni contro intermediari finanziari e la perdita di fiducia del pubblico nei confronti di élite politiche ed aziendali.
Referenze
Ebneter, C. (2023). Unlocking the secrets of the Geneva Freeport: A haven for priceless art and tax evasion. [online] The Swiss Times.[Accessed 25 May 2024].
Fitzgibbon, W. (2021). Five years later, Panama Papers still having a big impact. [online] ICIJ. [Accessed 25 May 2024].
ICIJ (2016). The Panama Papers: Exposing the Rogue Offshore Finance Industry CIJ. [Accessed 25 May 2024].
LFF (2023). The state of the financial sector in Luxembourg 2023 - Luxembourg for Finance. [online] Luxembourg for Finance. Available at: [Accessed 25 May 2024].
Ong, A., 2006. Neoliberalism as Exception: Mutations in Citizenship and Sovereignty. Durham, NC: Duke University Press.
The Economist (2013). Über-warehouses for the ultra-rich . [online] The Economist. [Accessed 25 May 2024].
Weeks, S. (2020). A Freeport Comes to Luxembourg, or, Why Those Wishing to Hide Assets Purchase Fine Art. Arts, [online] 9(3), pp.87–87.
Wikipedia Contributors (2024). Geneva Freeport. [online] Wikipedia. [Accessed 25 May 2024].
wocomoDOCS (2023). Tax avoidance of the superrich - How freeports are used as a loophole (Documentary, 2022). YouTube. [Accessed 23 May 2024].
Zarobell, J., 2017. Art and the Global Economy. Oakland, CA: University of California Press.