Il focolare domestico è stato il primo altare. Un tempo ha rappresentato il simbolo della vitalità della polis, e prima ancora del clan famigliare: senza il fuoco non c’è vita, non c’è difesa dai rigori dell’inverno; le radici sono dure e indigeste sotto i denti, il cibo non può godere delle sue liturgie. Ma il focolare è da sempre anche lo spazio incantato del racconto, il tempio domestico preservato da sagge custodi: territorio di veglie, di leggende che spaventano i bambini, del lavoro alacre di dita femminili che si affaccendano al fuso o al telaio. Il luogo del filo, del tessere e del narrare. Il camino è una soglia magica che mette in comunicazione il mondo dei vivi con quello degli antenati, il reale con l’immaginario, il quotidiano con il soprannaturale. Il suo canale è un’apertura verso il trascendente, dove il fumo si incolonna e sale per raggiungere gli dèi: dopotutto è “per fumum”, attraverso il fumo, che l’uomo in origine ha dialogato con il divino. Ma da quel portale, nelle magiche notti del solstizio, anche gli spiriti trovano la strada per farci visita e lasciare i loro doni, a patto che si rispetti la discrezione che ci chiedono, che non si cerchi di “vedere” troppo.
La Befana è un’antica antenata totemica, che nel corso dei millenni ha mutato nome infinite volte. Antica custode del fuoco solstiziale, ha un volto antico dove riverbera quello di dee ancestrali. C’è in lei Hestia, dal sembiante igneo, mobile e baluginante come la fiamma, l’unica che non ha mai avuto simulacri; una dea che non ha vissuto nel mito, ma solo nel rito, permettendo al culto degli antenati domestici di inglobare la dimensione comunitaria, condividendone le liturgie. C’è in lei Ecate, che abitava e proteggeva i focolari. C’è Vesta; c’è la Demetra strega e sciamana, quando compie un rito del fuoco sul piccolo Demofonte, avvolgendolo ogni notte fra le fiamme per donargli l’immortalità; c’è la Baba Jaga del folklore russo, che giace sulla stufa e governa la fuliggine con scopa e attizzatoio. Il fuoco si rinnova anche nei suoi connotati: occhi di bragia, viso fuligginoso.
Intorno al fuoco del camino e alla sua cenere si sono raccolte mille narrazioni confluite nelle fiabe tradizionali. Quante streghe hanno dormito sopra la stufa, quante hanno preso i tizzoni ardenti con le mani o hanno raccolto la fuliggine con la lingua? E quante hanno fatto del camino o della stufa una porta per gli inferi, minacciando bambine e bambini innocenti di cucinarvi le loro carni? Qualche volta, in quella stessa stufa sono finite a loro volta, sconfitte da piccole eroine ed eroi più astuti di loro. Anche Cenerentola è figlia di quelle antiche protettrici del fuoco: un’erede gentile, che conserva l’antico splendore della dea sotto lo strato di cenere che ne annerisce il viso. Eppure, con la sua amabile delicatezza, anche lei è una vestale del focolare. E ogni mattina, dopo avere dormito nel camino ancora tiepido come in un letto di rigenerazione, mentre ravviva la fiamma rinasce con essa, in attesa che la magia di una trasformazione alchemica sublimi la cenere in cristallo, consentendo la metamorfosi.
Perché la cenere è materia fatata, è residuo del mistero della combustione. Così come è magico il carbone, e ancor più quello della notte di Natale o dell’Epifania, che ha poteri taumaturgici e può rendere fertile e vitale la terra inaridita dal gelo. La Befana lo sa bene quando ne nasconde un po’ nella calza dei bambini insieme agli altri doni. Lei che è minacciosa e benevola, mite e spaventosa, ma con i bambini ci parla. È per loro che torna a ogni solstizio la vecchia saggia tribale, loro che sono il futuro del clan, e che sotto la coltre della realtà ancora riescono a scorgere l’invisibile e comprendono la lingua antica che la babele del mondo adulto ha dimenticato.
Nei falò della notte dell’Epifania, il rito domestico del focolare si fa collettivo. E allora sulla catasta si lega un fantoccio della Befana, per cogliere in lei un riverbero dell’antica Hestia dalle fattezze ignee; ardendo sulla pira “la vecchia” sprigiona mille scintille, una divinazione per chi sa interpretarne i presagi per trarre auspici. Al termine di quella combustione l’antenata si dilegua in volo, portando con sé le entità malefiche, richiudendo su di sé lo squarcio fantastico delle dodici notti magiche. Ma forse, finché accanto a un camino una nonna leggerà una fiaba a un bambino, quel mondo non sarà inghiottito del tutto dall’oblio della modernità.