Benché il termine cyborg (dalla contrazione dell'inglese ‘cybernetic organism’, organismo cibernetico), cominci ad affermarsi negli anni ‘60 del secolo scorso, quando gli scienziati Manfred E. Clynes e Nathan S. Kline lo utilizzarono per definire la loro idea di un essere umano ‘potenziato’, di fatto l’idea di innestare sul corpo umano artefatti di vario genere è antichissima.
É di questi giorni la notizia del ritrovamento di una perfetta protesi in legno e cuoio di un alluce, risalente all’antico Egitto e datata oltre 3000 anni. La protesi, infatti, è il primo embrione del concetto di cyborg. Il suo scopo - che si tratti della gamba di legno di Long John Silver o dell’alluce egizio - è esattamente quello di (ri)potenziare il corpo, menomato da una qualche disabilità o amputazione. É, potremmo dire, lo stadio basico della pratica di innesto sul corpo, che risponde appunto all’esigenza di ripristinare una funzionalità persa o menomata.
Ma è nel XX secolo che questa pratica fa un balzo in avanti, quando - da un lato - vengono costruite protesi meccaniche assai evolute, e - dall’altro - la tecnica dei trapianti di organi diviene velocemente una comune prassi ospedaliera. E, in quest’ultimo caso, se pure si tratta di innesti organici (da umano a umano), dal punto di vista concettuale siamo sempre nell’ambito di una pratica che punta a recuperare uno ‘scadimento’ dell’abilità corporea, ripristinandone lo standard attraverso un innesto ‘esterno’.
É solo nel XXI secolo, invece, che l’idea di innesti extraorganici, in grado di espandere le potenzialità del corpo umano, diviene ‘reale’. Questo secondo stadio, quello del cyborg vero e proprio, quale ci è stato trasmesso dalla narrativa1, sta oggi giungendo a piena maturazione.
Il caso forse più famoso è quello dell’artista anglo-catalano Neil Harbisson, che nel 2003 si fa ‘innestare’ un’antenna capace di cogliere i colori e di convertirli in onde sonore in tempo reale, determinando quindi una espansione della percezione sensoriale dell’artista.
O, per altri versi, il ben più famoso Oscar Pistorius, lo sportivo sudafricano che - correndo con delle particolari protesi in fibra di carbonio - ha vinto una competizione per normodotati2.
Oggi la ricerca scientifica nel campo appare concentrata soprattutto in direzione di un superamento delle capacità percettive, piuttosto che delle potenzialità fisiche. In particolare, molta attenzione viene riservata alla percezione visiva.
L’obiettivo non è tanto quello di una ‘supervista’ (alla Superman, per intendersi), che punti ad aumentare le capacità dell’occhio umano, sostituito da una ‘camera’ digitale. Non semplicemente vedere più lontano, o con maggiore definizione, né ottenere una sensazionale capacità di zoom. La frontiera è quella di un’espansione percettiva molto più ampia e significativa.
Già oggi, grazie alla rivoluzione tecnologica digitale, è possibile avere micro camere capaci di ‘vedere’ ciò che l’occhio umano (da sé) non può, perché non è in grado di percepire autonomamente talune frequenze dello spettro elettromagnetico. Capaci, ad esempio, di vedere anche all’infrarosso (‘visione’ al buio, in base alla 'radiazione termica'3), di convertire in segnali visivi i rilevamenti di movimento (utilizzando le tecnologie a fasci DMT e quelle a microonda), e soprattutto di ‘sommare’ tutte queste informazioni visive in un’unica visione. Ovvero un dispositivo che ‘guarda’ in più modalità diverse, ma che le integra in una visione ambientale unica.
Inoltre, sempre in virtù della potenza implicita della tecnologia digitale, questa ‘visione’ può essere ulteriormente aumentata, attraverso la connessione in tempo reale ai big-data, attraverso la quale accede ad una serie di informazioni non presenti (nel tempo e nel luogo dove avviene l’osservazione), e che possono essere visualizzate in sovrimpressione.
Attualmente, ad esempio, in alcuni luoghi particolarmente sensibili, la polizia cinese dispone di visori in grado di effettuare il riconoscimento facciale nella folla, segnalando in tempo reale i soggetti ‘schedati’ a vario titolo (criminali o dissidenti politici) e fornendo contestualmente tutte le informazioni disponibili sullo stesso.
Naturalmente, stiamo parlando ancora di protesi ‘indossabili’, non di veri e propri innesti nel corpo umano. Ma, sotto il profilo tecnico, questi sarebbero di fatto già possibili. La piena conoscenza del funzionamento dell’occhio umano, così come l’elevata miniaturizzazione dei dispositivi ottici digitali, rendono l’ipotesi del collegamento diretto, ‘organico’, tra strumento di input e corpo umano, assolutamente ‘reale’.
Quale che sia l’opinione che ci si può formare, dinanzi a queste prospettive, è chiaro che dipende da fattori culturali. Oggi è ritenuto assolutamente normale farsi sostituire un organo, o farsi implementare un pacemaker. E domani?
L’evoluzione della specie umana è stata il frutto dell’interazione continua tra questa e l’ambiente circostante. Questi due fattori si sono vicendevolmente ‘plasmati’, e questo reciproco interscambio ha via via modificato sia l’una che l’altro; in particolare, la capacità umana di modificare l’ambiente è intimamente connessa con la percezione che - in quanto uomo - abbiamo del mondo circostante. É questa percezione che, in ultima analisi, forma la nostra cultura. L’antropocene4 è il prodotto di questa evoluzione culturale, e quindi, in qualche misura, anche della nostra percezione.
Il dato più affascinante, in questa galoppata tecnologica verso il futuro (sia pure al netto di tutte le complessità che implica e comporta), è proprio qui.
Se il primo stadio cyborg è stato quello che puntava al ripristino delle capacità corporee, ed il secondo quello che puntava alla loro espansione, il prossimo stadio promette di offrire molto di più: un profondo cambiamento di paradigma culturale, determinato da una straordinaria espansione della nostra capacità percettiva. Quali saranno le conseguenze sulla vita della nostra specie, sulla sua cultura, sul suo ambiente naturale?
La risposta è (ancora) nel cyberspazio.
1 Dai romanzi cyberpunk di William Gibson, al cinema: Blade Runner, Terminator, Io, Robot...
2 Mondiali di Taegu (Corea del Sud), medaglia d'argento con la staffetta 4×400m sudafricana.
3 Ogni oggetto con temperatura superiore allo zero assoluto (in pratica qualsiasi oggetto reale) emette spontaneamente radiazioni con banda di frequenza dello spettro elettromagnetico inferiore a quella della luce visibile.
4 L'epoca geologica attuale, nella quale all'essere umano e alla sua attività sono attribuite le cause principali delle modifiche territoriali, strutturali e climatiche. Il termine fu utilizzato per la prima volta nella voce The Anthropogenic System (Period) della Great Soviet Encyclopedia (1973).