Conoscere il cuore in modo diffuso, non limitato alla classe medico-infermieristica, è salvavita. Non solo per il malato, ma anche per quelli che vivono con lui o in cui si imbatte. All’insorgere di certi sintomi, infatti, tutti costoro sono in grado di richiedere tempestivamente l’intervento medico.
C’è poi un altro motivo per istruirsi. Nell’Arte Medica “illuminata” si fa strada il concetto che il medico deve fare cura personalizzata. Questo richiede un paziente che sappia descrivere i sintomi in modo appropriato e ne monitorizzi l’entità e la frequenza. È arrivata l’ora del cambiamento. Per anni infatti molti medici seguivano un protocollo standardizzato e i pazienti mettevano il proprio corpo nelle mani dell’esperto, quasi che non appartenesse a loro.
Il Convegno annuale “Conoscere e curare il cuore” che si è tenuto in marzo per la quarantunesima volta alla Fortezza da Basso a Firenze, è aperto alla stampa proprio perché, sostenendo le cure personalizzate, sa quanto è importante che siano pubblicizzati gli ultimi metodi di approccio ai disturbi cardiaci. Non solo per rendere il paziente edotto sul significato dei sintomi, ma anche per renderlo attivo nel processo di cura. La divulgazione gli fa capire dove e come agisce la malattia da curare.
La Fondazione continua a centrare il proprio dibattito interno sull’innovazione delle tecnologie e della ricerca. Quest’anno il fil rouge, attraverso il quale sono stati selezionati gli interventi più preziosi ruota attorno ad alcune parole chiave: tempo, medicina personalizzata, gestione in remoto, obesità e cuore, linee guida cardiache (ESC). Temi che disegnano fin da ora la cardiologia del futuro.
Grazie al noto giornalista scientifico e divulgatore Luciano Onder, la conferenza stampa è stata condotta alternando dichiarazioni sulle ultime novità a domande e risposte. Erano presenti, oltre al Prof. Francesco Prati, presidente della Fondazione “Centro Lotta contro l’Infarto” e organizzatore del congresso, la dottoressa Piera Crapanzano, esperta di cardiomiopatia e la Dottoressa Laura Gotto, esperta di shock cardiogeno.
Screening della cardiomiopatia dilatativa (DCM) nei familiari stretti. Quando, come e dove?
È cruciale estendere le indagini per la salute del cuore alla famiglia, il prima possibile. Questo l’argomento trattato dalla dottoressa Piera Crapanzano. L’analisi genetica è raccomandata nei familiari di I grado dei pazienti con DCM che presentino una variante patogenetica o verosimilmente patogenetica. Lo screening dei familiari di primo grado dovrebbe essere eseguito presso Unità per lo studio e la cura delle Cardiomiopatie come definite dalle recenti Linee Guida Cardiache. Serve esperienza nella valutazione clinico-anamnestica e nell’esecuzione ed interpretazione degli esami di imaging multimodale e dell’analisi genetica. Lo screening dei familiari è un importante strumento per la diagnosi precoce ed eventualmente per il trattamento dei parenti affetti da DCM.
Classificazione delle cardiomiopatie
Finalmente ci sono le nuove Linee Guida ESC 2023 che classificano le cardiomiopatie per la loro gestione. Sono frutto di 15 anni di intensa collaborazione scientifica della comunità cardiologica. È opportuno che in ambito sportivo vengano studiate attentamente, visti i casi non infrequenti di morte di giovani atleti in campo. Infatti alcune cardiomiopatie sono asintomatiche, ma il cuore dell’atleta non è in grado di superare indenne una soglia di sforzo, il cui valore va determinato fin dall’inizio della sua carriera, con accurati esami clinici ravvicinati.
Cosa fare nella gestione dello shock cardiogeno?
La risposta di Laura Gotto affronta, dopo la definizione, le ultime conclusioni degli studi al riguardo. Lo shock cardiogeno è definito come uno stato di inadeguata perfusione d’organo dovuto primariamente ad una disfunzione di pompa cardiaca. Nonostante i numerosi progressi nella terapia di riperfusione e di supporto al circolo, la mortalità rimane elevata, dal 25% al 70% a seconda dei casi. La terapia dello shock cardiogeno si basa su due punti: il trattamento della causa sottostante, ad esempio la rivascolarizzazione miocardica in caso di infarto acuto e la terapia di supporto della perfusione e l’ossigenazione con farmaci vasoattivi e dispositivi di supporto meccanico al circolo. La presenza di un team multidisciplinare è essenziale, data la varietà dello shock cardiogeno, la gravità e le potenziali cause. Un team multidisciplinare è composto da cardiologo interventista, urgentista, cardiochirurgo e specialista in scompenso avanzato.
Risposta ai farmaci antipertensivi
L’ipertensione arteriosa rappresenta il più importante fattore di rischio di mortalità e morbosità cardiovascolare nel mondo. Circa 1,28 miliardi di persone nella fascia di età 30-79 anni hanno, secondo l’OMS, tale disturbo. Nel 2019 si calcolava che ne soffrisse il 34% degli uomini e il 32% delle donne in quella fascia di età. Una sorta di epidemia di grande impatto clinico e socioeconomico per l’aumento del rischio di malattie cardio-cerebrovascolari e renali che gli aumentati livelli pressori causano.
La resa terapeutica della terapia antipertensiva sta nella possibilità di dare ad ogni paziente una specifica classe di farmaci piuttosto che impostare un trattamento empirico con scelta casuale di farmaci. Ad oggi c’è scarsa disponibilità di indicatori fenotipici di riposta ad un farmaco. È ipotizzabile che un importante impulso agli studi sull’approccio personalizzato al trattamento dell’ipertensione possa derivare nel prossimo futuro dall’individuazione di nuovi biomarker di ipertensione resistente, dagli studi di genomica dell’ipertensione, dallo sviluppo di modelli matematici e dall’intelligenza artificiale, allo scopo di personalizzare la scelta dei farmaci più opportuni per ciascun paziente.
Patologie complesse in telemedicina
La tecnologia digitale può essere di grande aiuto nello scompenso cardiaco avanzato, grazie al controllo remoto, reso possibile con l’uso di strumenti indossabili o impiantabili, generalmente inseriti all’interno dei defibrillatori o dei sistemi di resincronizzazione. Sono controllabili a distanza parametri come l’impedenza toracica, l’attività fisica, la variabilità della frequenza cardiaca, le aritmie atriali e ventricolari, la pressione arteriosa, la saturazione di O2. Dal punto di vista organizzativo l’assistenza, erogata sotto forma di televisita, richiede una rimodulazione del sistema, personale formato, una rete ben strutturata, tecnologie digitali (piattaforme, fascicolo sanitario elettronico) ancora non perfettamente messe a punto. È necessario prevedere un gruppo di lavoro integrato, comprendente professionisti sanitari (medici, infermieri e tecnici) con ruoli complementari e responsabilità ben definiti, con tempo, spazio e attrezzature dedicati. La transizione verso l’integrazione dell’assistenza tradizionale con la tecnologia digitale è in atto e subirà un’inevitabile accelerazione nei prossimi anni, con l’ausilio dell’intelligenza artificiale e con il cambio generazionale del personale sanitario e dei pazienti.
Obesità e cuore: percorsi di cura innovativi
L’obesità è uno dei più importanti fattori di rischio, modificabili, dello scompenso cardiaco. Tuttavia, è necessario lavorare molto per comprendere veramente i fattori chiave che determinano l’infiammazione. Recentemente, il semaglutide è stato approvato da FDA (Food and DrudAdministration) ed EMA (European Medicines Agency) come trattamento farmacologico per l’obesità. I risultati finali dello studio “Semaglutide Effects on Cardiovascolar Outcomes in People with Overweight or Obesity” hanno dimostrato che il farmaco antiobesità ha prodotto una riduzione consistente di circa il 20%, rispetto al placebo, degli eventi cardiovascolari nel corso di circa 3 anni di follow-up nei pazienti con comorbidità, ma non malati di diabete. Sebbene qui finisca il réportage sul convegno, si capisce che, essendo 100 le relazioni prodotte, solo una parte è stata qui relazionata. Tuttavia Il libro annuale dedicato al Convegno permette di conoscere tutti gli argomenti non descritti qui.