Anche le piante, gli alberi si ammalano. Non è certo una scoperta dell’acqua calda. Da sempre gli studiosi, gli scienziati, i ricercatori ma anche gli agricoltori tra i primi, sanno bene che il mondo verde è soggetto – come del resto tutti gli organismi viventi - all’attacco di parassiti, virus, funghi, batteri e così via. I trattati e gli studi di botanica da sempre contemplano questo ambito nel quale cercare di affrontare e se possibile risolvere ciò che attacca tronchi, rami e foglie. È negli occhi di tutti in questi ultimi anni la distruzione di centinaia di migliaia di palme alle nostre latitudini temperate a causa un piccolo insetto, come anche la strage degli ulivi in Puglia a causa del batterio chiamato xilella. Ma andando indietro nel tempo è facile ad esempio ricordare l’attacco della peronospera che quasi distrusse tutti i vitigni d’Europa.

Malattie endogene ovvero mutuate nel terreno e/o a causa di altre piante infestanti oppure esogene, spesso per contagi provenienti da specie da altri continenti. Vere e proprie epidemie per fermarsi solo a questi casi eclatanti. Ma la battaglia per conoscere, identificare e combattere il “nemico” non ha sosta.

Di recente uno studio condotto dall'Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio Nazionale delle Ricerche, in collaborazione con l'Università della Tuscia e l'Università di Sviluppo Sostenibile di Eberswalde in Germania, ha posto l’attenzione sulla diffusione della cosiddetta "malattia dell'inchiostro" nelle foreste di castagno e quercia da sughero. Lo studio ha anche considerato il ruolo determinante del telerilevamento satellitare nel monitorare la diffusione cercando quindi di impostare campagne di contenimento e se possibile di cura. Il risultato è stato pubblicato sulla rivista Remote Sensing Applications: Society and Environment. Secondo l’articolo apre nuove prospettive nella gestione della salute forestale.

La patologia, ampiamente diffusa nell'area mediterranea - sottolinea la ricerca - è causata da organismi patogeni del genere Phytophthora, principalmente Phytophthora cinnamomi. Questi microrganismi attaccano le radici e il colletto degli alberi di castagno e quercia da sughero, provocando un annerimento che ricorda le macchie d'inchiostro. Il risultato è un deperimento progressivo che si manifesta con ingiallimento delle foglie, disseccamento dei rami e, nei casi più gravi, morte della pianta.

In Italia, la malattia dell'inchiostro è diffusa in diverse regioni, in particolare nelle aree caratterizzate dalla presenza di castagno e quercia da sughero. I ricercatori hanno utilizzato dati di telerilevamento satellitare per monitorare la diffusione della malattia nelle foreste dell'Italia centrale, una zona già sotto osservazione per la presenza del patogeno Phytophthora. L'indagine ha impiegato i sensori multispettrali Sentinel 2 e PlanetScope, oltre al radar Sentinel 1, per distinguere tra alberi sani e malati.

Le bande del rosso e dell'infrarosso si sono dimostrate particolarmente efficaci nel rilevare la diffusione della malattia, poiché consentono di identificare sottili variazioni nella radiazione riflessa dalla vegetazione, fornendo indicazioni precise sullo stato di salute degli alberi.

Questa metodologia permette di mappare con notevole accuratezza le aree forestali colpite dalla patologia, facilitando una valutazione estensiva e tempestiva delle zone infette. Lo studio ha evidenziato che, sebbene sia possibile distinguere chiaramente gli alberi malati da quelli sani, la discriminazione tra i diversi livelli di gravità dell'infezione è meno accurata.

Monitorare lo stato di salute delle foreste è cruciale per contrastare gli effetti del cambiamento climatico.

Ha sottolineato Alessandro Sebastiani, primo autore dell’articolo e tecnologo presso Cnr-Iret.

L’aumento delle temperature, delle ondate di calore e dei periodi di siccità previsto per i prossimi anni probabilmente favorirà la diffusione di patogeni come Phytophthora. Il nostro approccio sperimentale permette di mappare le aree soggette ad infezione, fornendo uno strumento prezioso per azioni di contrasto tempestive ed efficaci.

La larga disponibilità di dati satellitari, acquisiti sull'area di studio ad intervalli regolari di pochi giorni, in sostanza, ci può aiutare a seguire l'espansione della malattia, aggiunge il ricercatore.

Sebbene ci sia margine di miglioramento nell'accuratezza delle previsioni, questo studio rappresenta un passo avanti nella gestione della salute forestale. Per il prossimo futuro, sarebbe interessante testare ulteriori dati satellitari, in particolare quelli iperspettrali, per identificare le aree infette con maggiore precisione.

Qualche ulteriore elemento sulla malattia può risultare utile. Essa è causata da due oomiceti (sono esseri viventi molto simili ad alcuni microrganismi unicellulari, definiti protisti una volta ritenuti dei funghi. Molte specie di oomiceti sono parassite delle colture agrarie, come la peronospora della vite)in questo caso si tratta di Phytophthora cambivora e Phytophthora cinnamomi. Quest’ultimo è molto più pericoloso in quanto, mentre la specie cambivora attacca solo il castagno, la specie cinnamomi attacca oltre 900 specie di piante appartenenti a più di 200 generi ed ha quindi un potenziale di propagazione più elevato.

La malattia si manifesta con l'annerimento delle radici e la comparsa di macchie scure simili a lingue di fuoco sui tessuti del cambio del fusto della pianta che partono dal colletto e si estendono verso l'alto fino ad un'altezza di 2 metri, si ha anche la formazione di un essudato nella parte colpita simile all'inchiostro (da cui il nome che contraddistingue questa patologia).

La malattia colpisce soprattutto in luoghi molto umidi e solitamente porta ad un indebolimento rapido della pianta interessata, con ingiallimento delle foglie e diminuzione della fioritura. La morte dell'albero sopraggiunge in un periodo di poche settimane per i casi più gravi mentre 3-4 anni sono la vita media della pianta malata. Il "trattamento" purtroppo consiste nel taglio netto dell'albero colpito e nell'eliminazione, meccanica o chimica, del ceppo; in alcuni casi si agisce con concimazioni azotate.

Dopo oltre mezzo secolo di ricerche e discussioni si è arrivati alla consapevolezza scientifica che sono suscettibili alla malattia i castagni europei e americani, mentre sono resistenti i castagni asiatici. Di qui la pratica ormai invalsa, non potendo curare le piante colpite, per ricostruire i castagneti nelle zone dove infierisce l'infezione, di procedere sempre più spesso all’impianto di castagno giapponese (Castanea crenata).

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Località di Canepina (Monti Cimini) e Monte San Biagio in Italia. Centro e destra: le aree di campionamento del terreno (in rosso) in ciascun sito.