Cesare Brandi (Siena, 1906 – Vignano, 1988) conosce Giorgio Morandi (Bologna, 1890 - 1964) nel 1933. Per un giovane critico agli esordi della propria carriera, l'incontro con un artista “umile e altissimo” come Morandi, che sente affine per matrice umana e formazione culturale, benché di sedici anni più vecchio, è foriero di ʻgrandi coseʼ: un rapporto di amicizia solido, duraturo e vivificante; l'elaborazione di una teoria estetica della “fenomenologia della creazione artistica” che costituirà il nucleo, rivisto e aggiornato nel tempo, della sua riflessione sull'Arte. Da quel momento Brandi si fa per l'opera di Morandi instancabile divulgatore, scrivendo articoli per riviste, cataloghi, quotidiani, e sollecito promotore presso importanti collezionisti.
Il pittore e il critico si frequentano regolarmente per via epistolare, dal momento che spesso mancano le occasioni per vedersi: Morandi non ama viaggiare e preferisce lavorare in tranquillità nella sua Bologna o a Grizzana, mentre per Brandi la vita è una continua peregrinazione per piacere e per mestiere. Personalità schiva e riservata la prima, più aperta e conviviale la seconda. Il loro carteggio, ricostruito e pubblicato da Marilena Pasquali (2008), offre interessanti scorci sulla vicenda di questa amicizia.
La fine degli anni Trenta li sorprende impegnati in un dialogo che riguarda principalmente la pubblicazione di un saggio sull'artista sulla rivista Le Arti e la partecipazione di Morandi alla Terza Quadriennale romana (1939). Morandi ha un'intera sala personale con 42 oli, 2 disegni e 12 acqueforti, ma riesce a guadagnarsi solo il secondo premio. Brandi ne è rammaricato perché considera l'amico come il vertice assoluto della pittura a lui contemporanea. L'artista lo ripaga del suo sostegno realizzando l'immagine di copertina del primo libro di poesie di Brandi.
La corrispondenza si intensifica a partire dagli anni Quaranta e registra piccole cose, appuntamenti, raccomandazioni, problemi di salute. Morandi conosce, attraverso la mediazione di Brandi, un celebre musicologo e grande amatore d'arte, Luigi Magnani, che raccoglierà una rimarchevole collezione dei suoi quadri. Si apre la Quadriennale nel maggio del 1943, così scrive Brandi: “Sono stato alla Quadriennale. (…) Lei è al primo posto, nella pittura. Con viva commozione, ma non con meraviglia, ho notato come il Suo livello resti inarrivabile dagli altri”.
La guerra rimane una presenza in sordina fino a quello stesso 1943 quando aumentano i disagi, Morandi è incarcerato e poi sfollato a Grizzana, Brandi è costretto a Vignano dopo aver sospeso il suo lavoro presso l'Istituto Centrale del Restauro per non collaborare con i tedeschi. Il biennio 1946-1948 li vede impegnati a discutere, in particolare, sulla pubblicazione della rivista di Brandi L'immagine. Il critico insiste tenacemente perché Morandi realizzi una nuova incisione che dia lustro all'edizione speciale del numero di apertura. L'acquaforte, realizzata dopo lunghe trattative, viene data alle stampe nell'agosto del 1947 per il terzo fascicolo della rivista, interamente dedicato al pittore bolognese. Vi compare inoltre l'ultima parte del saggio di Brandi sulla pittura italiana moderna, Europeismo e autonomia di cultura nella pittura moderna italiana, in cui il critico riafferma il ruolo di primo di piano dell'arte di Morandi in ambito nazionale e internazionale. La vittoria di Morandi del Primo Premio per la Pittura alla XXIV Biennale di Venezia del 1948 giunge a darne conferma.
Verso la metà degli anni Cinquanta (1956-57) Morandi richiede la collaborazione di Brandi per ottenere la pensione dopo vent’anni di insegnamento all'Accademia di Belle Arti di Bologna. È invecchiato e stanco e vuole allontanarsi dalla vita pubblica per ritrovare nella solitudine un po' di serenità e potersi dedicare esclusivamente alla sua pittura. Intercedendo per l'amico, Brandi, in quest'occasione, lancerà la proposta di nominare Morandi senatore a vita per i suoi meriti nei confronti dell'arte italiana.
Dal settembre del 1957 l'artista è presente con trenta dipinti alla Biennale di San Paolo del Brasile. Gli viene assegnato il Grand Prix per la pittura e affida a Brandi l'incarico di seguire la premiazione all'Ambasciata brasiliana e di pronunciare al suo posto il discorso di ringraziamento.
Gli anni Sessanta sono testimoni, anche più fedeli dei decenni precedenti, della solidità del legame di amicizia che si è instaurato tra i due uomini che continuano a scambiarsi brevi messaggi, auguri per le festività, cartoline, nonostante nessun impegno comune li chiami a confrontarsi.
Morandi muore nel giugno del 1964 e Brandi gli dedica queste parole:
La scomparsa di un grande artista lascia come una radura nel bosco, dove fu una pianta secolare: non si riempirà mai, se non con un sottobosco che stenta a ricrescere. Così è di Morandi. Quel che resta di lui è di tale qualità che gli assicura un nome imperituro e assicura all'Italia un vanto perenne. Ma chi lo conobbe, chi l'ebbe amico, chi fruì dello straordinario privilegio di essere stato vicino al suo lavoro illuminante, che ha continuato fino alle soglie della morte, in questa sua scomparsa sente un impoverimento subitaneo e fatale, a cui la vitalità dell'opera non può essere che di lontano ausilio.