L'assoluto non sta dietro, ma avanti.
(Julius Evola, Il problema dello spirito contemporaneo)
Le rivoluzioni in piazza le fai per conto della borghesia, che crea falsi miti di progresso.
(Franco Battiato, Up patriots to arms)
Siamo sicuri che Evola non sia stato ad oggi incompreso? Siamo sicuri che la sua opera possa ridursi ad un’esaltazione di una Tradizione universale, autosussistente, fine a se stessa? Dal punto di vista spirituale certamente il pensiero di Evola appare simile a quello di Guenon nel ritenere esistente una Tradizione vivente universale sovrastorica e sovraconfessionale, di cui Guenon esprime l'aspetto sacerdotale-contemplativo ed Evola l'anima eroica-aristocratica, il carisma guerresco. Ma questa non è un’idea tradizionalista, ma un'idea sì antica ma nomade e metamorfica, in quanto già gnostica, manichea, alessandrina.
Fu dentro l'Ellenismo che tradizioni ebraiche, culture greche neoplatoniche ed eresie cristiane si incrociarono e contaminarono, nella ricerca di una colta e raffinata compresenza che da un lato il Cattolicesimo romano e dall'altra l'Islam politico avversarono e spazzarono via nei secoli. La stessa idea tradizionale-antitradizionale la ritroviamo nell'opera I grandi iniziati di Edoardo Schurè e nella Filosofia perenne di Aldous Huxley, in Eliott e Joyce, nella Golden Dawn, nell'esoterismo volitivo e demiurgico di D'Annunzio, nei simbolismi evocativi di Ezra Pound. Non è una novità di Evola l'idea di una tradizione occulta che emerge fino a noi dalla notte dei tempi. È una mitologia che usarono gli stessi massoni settecenteschi per legittimare un'antichità che la massoneria moderna non possedeva. La novità di Evola, ancora oggi dirompente e originalissima è data da due fattori: l'aver sistematizzato a livello di teoria filosofica questa idea, esaurendo e superando ogni idealismo e convertendolo in un nuovo/antico “oggettivismo-realismo trascendentale” e l'aver spostato il baricentro sul singolo e sulla sua “autoevoluzione”. La componente tradizionale postula un rivivere di capacità mitopoietiche e proiettive dal gusto antico ma questa è solo una delle polarità di tale pensiero. La sua anima decisiva è un'anima irradiante tesa al futuro. Quello di Evola è un futurismo esoterico, spiritualista, dove la Tradizione è supporto ma non fine in quanto il fine è una vita superiore a cui attingere e da inverare per via sperimentale. L'aspetto automanipolativo e sperimentale rivela un'anima profondamente e spiritualmente rivoluzionaria, rispetto ad ogni precipitato storico, religioso e rituale. Rivoluzionaria in quanto teurgica, magica, demiurgico-prometeica. Il protagonista primo non è la Tradizione, termine neutro e tecnico, non direzionale, mero presupposto formativo-culturale, ma l'Individuo Assoluto, entità postulata quale indistruttibile, immortale, stabile e metamorfica come un Deus interior ancestrale, simile al daimon greco-romano. La Tradizione serve l'Individuo Assoluto quale Ideale, quale realtà latente da realizzare in modo totale, sia individualmente che socialmente. La Tradizione che Evola esalta è quella che ritualizza nei millenni le “uscite dal mondo” celebrate da Elemire Zolla. Una Tradizione non conservativa ma iniziatica dove l'eroe è l'illuminato, l'iniziato, non il difensore di un ordine politico precostituito. Una tradizione solare e teurgica che continua Plotino nel voler “attirare gli dei” all’individuo e non allontanare l'uomo da se stesso.
In questo Evola appare sommamente rivoluzionario e postmoderno nel recuperare dell'Antico quanto di più individuale vi sia: Plotino, la teologia negativa di Eckart e Silesius, l'aristotelismo sperimentale di Francesco Bacone, le forme e i miti della cavalleria ghibellina. Evola filosoficamente è l'ultimo pensatore integrale e totale dopo Schopenhauer e insieme ad Heidegger: unisce scienza e meditazione, filosofia della storia e valutazione teologica, estetica e iconologia, dottrina politica e ascesi interiore. Evola è un pensatore totale, che espone e sistematizza il suo pensiero, cioè la sua versione individuale di una Tradizione elitaria millenaria, in tutte le dimensioni dell'esistere: dal sesso alle scalate in montagna. Un pensatore che unisce i tempi e che possiamo considerare l'“Aristotele del Novecento”, tanto quanto Heidegger è stato ed è l'insuperato Platone del Novecento. Sono certo di non esagerare ma di voler affermare meri dati di fatto. Evola infatti è l'ultimo a recuperare il concetto, riformulandolo, di “causa formale” e di causa finale” nella sua profonda Teoria dell'Individuo Assoluto. Come per i filosofi antichi, Pitagora, Epimenide, Proclo, Anassimandro, così in Evola non si può separare il pensiero magico da quello scientifico, il ragionamento logico dallo slancio ideale. Tanto basti per incoraggiarne la (non facile) lettura, oggi assolutamente stimolante per il pensiero etico ed estetico. Può una società iper-individualistica (e anche ipo-individuale) non apprezzare il massimo teorico di un “Individuo Assoluto” nella storia del pensiero umano? Per questo semplice motivo il pensiero filosofico non cristiano è morto dopo il 1945: si è censurato e demonizzato Evola, la cui sperimentalità radicale appare ancora oggi attuale e creativa.
Da un certo punto di vista oggi chiunque abbia una sua ricerca spirituale libera e solitaria, non del tutto inclusa nel mondo cristiano, non può non fare i conti con il pensiero di Evola, non può non dirsi, anche se in parte e inconsapevolmente, evoliano. Dal punto di vista delle Religioni rivelate, delle Tradizioni religiose storiche il pensiero di Evola è un pensiero del tutto sovversivo in quanto pone un Infinito non personale, e lo pone non tanto fuori dall'individuo quanto sua radice interna. Evola quale il più grande anarchico, quale massimo sistematizzatore di un pensiero magico autarchico, libero dai limiti della “natura” e del “cosmo” presenti in Aristotele e nella cultura rinascimentale. Nessuna Tradizione religiosa potrebbe accettare la libera ed eroica sperimentabilità evoliana, neppure il Buddismo e il Taoismo di oggi. Questo perché per Evola la Tradizione è una prima via, non la destinazione finale. La Tradizione eroica e iniziatica serve per iniziare un viaggio che solo la propria volontà può decidere di continuare e di concludere attingendo alle profondità dell'Individuo assoluto quale status sovrapersonale e sovratemporale. In questo status il concetto di ordine e di tradizione sfuma, evapora, perde la propria dicibilità e definibilità. Come tutti i raggi convergono nell'unico centro della ruota così le vie delle Tradizioni in questa logica esoterica sono destinate ad essere superate e trascese in un Ordine superiore, trascendente, ma accessibile per via individuale, solitaria.
Oggi che ogni senso di qualsivoglia ordine sta venendo meno o è già smarrita l'epica della volontà propria di Evola quale sorta di “alchimia del Sé” mostra tutta la sua potenza sovversiva, insurrezionale e ribellistica, ergendosi mitogonicamente sul “nichilismo dell’indifferenziato” oggi dominante. Il porre l'Assoluto quale bersaglio e conquista, dentro e non fuori, vicino e non lontano, dinnanzi e non indietro, impersonale ma pure individuale, fa dell'asceta-eroe-iniziato il demiurgo della propria Via, l'araldo delle proprie vittorie, l'epifania dell'Assoluto quale singolarità e del singolo quale baconiana forma formante di assolutizzazione dell'esistere. L'ethos evoliano è una Via della scelta e della differenziazione, della responsabilità totale e dell'assunzione eroica e fatidica dell'hic et nunc. La singolarità irriducibile dalla radice dell'individuo è il centro del cosmo. “Teoria dell'Individuo Assoluto” ruota tutta attorno a questa antica intuizione romano-stoica rinnovata dal nostro pensatore: la scelta del singolo è matrice universale di valore in quanto perimetra l'a-peiron che si apre prima della scelta e l'indeterminato che si richiude dopo di essa. Ciò che è determinato si rivela superiore all'infinito quale indeterminatezza.
Quella di Evola è un'estrema filosofia del valore, che esaurisce ogni idealismo riportandolo nell'alveo di una metafisica oggettiva, sebbene impersonale, dove l'unico assoluto dinamico è quello delle possibilità del singolo. L'autarca al posto della monade vuota, il Limite contro la nullificazione del senso, la Forma quale via di autoascesi in opposizione alla morale della resa, l'eros del conflitto avverso la sterilità del neutrale. Nulla di più totalmente antropocentrico e protagoriano, e, quindi, dialetticamente a-tradizionale. Nulla di più contemporaneo e post-moderno. Ma se oggi tutto il mondo è pagano in cosa si differenzia il paganesimo evoliano? I criteri di differenziazione vengono chiaramente forniti dallo stesso filosofo che spesso chiarisce in tutte le sue opere come vi siano da sempre due tipi di “paganesimi”, cioè due tipi di matrici archetipali: una solare, attiva, virile, eroica e guerresca, che mira all'ascesi, di cui la sua vita e la sua opera sono espressione e una lunare, passiva, femminea, caotica, orgiastica e tribale, che mira alla dissoluzione e alla sovversione (potremmo ridefinirla oggi: pseudo-dionisiaca o ipo-dionisiaca), oggi predominante ma inconcludente e insoddisfacente. Anche in questo Julius ci riappare nostro contemporaneo nella sua essenza anti-ideologica, vitale, sperimentale. La Tradizione rilanciata da Evola è una tradizione di spiriti ed esperienze “antitradizionali” per i più: una tradizione minoritaria, occulta, elitaria, ereticale. Evola ha indicato e promosso l'unico modo reale per superare il concetto di Tradizione: assumerla integralmente, nella molteplicità delle sue anime, e viverla. Finché la Tradizione resta un feticcio, un simulacro, allora perdurerà come cristallizzazione totemica, immagine autoreferenziale. Elusa e continuamente ritornante. Nulla di più assiduo e prossimo dei fantasmi nel villaggio stupido dei simulacri visivi.