La storia insegna che dopo lunghi periodi in cui i popoli sono stati oscurati da regimi oppressivi, questi poi con moti naturali sentono l'esigenza di un risveglio delle libertà di pensiero e di azione. Ci è noto come dal Medioevo siamo passati al Rinascimento, crogiolo di menti attive, di arti, di ingegni, di scoperte, a cui ha fatto seguito un Barocco pesante e scuro, fino al ritorno di un Illuminismo che, come indica il termine stesso, portò luce di nuove ideologie, di menti fresche e lungimiranti. Illuminismo schiacciato poi dall'Ottocento vittoriano, di un rigore soffocante che fortunatamente si apre di nuovo con l'era della Rivoluzione Industriale, la scoperta del vapore e di tutte le applicazioni tecnologiche che questa nuova energia andò ad alimentare, energia che si allargò al quotidiano, all'arte, allo stile di vita frizzante della Belle Époque prima e del Liberty dopo, che solo il crollo di Wall Street fece di nuovo piombare nel proibizionismo totale, descritto anche nelle forme dell'architettura dello streamline, e poi del razionalismo parallelo alla dittatura fascista e nazista.
Il mondo uscì dalla guerra con una voglia di vita e vitalità senza pari e il fine pareva essere la speranza di un benessere diffuso, una rinascita economica e sociale. Come possiamo notare l'andamento che la storia disegna è una sinusoide di fasi positive e negative alternanti. Il nostro Paese si dota al nascere della Repubblica, di una Costituzione forte, strutturata da coprire ogni esigenza per un Paese libero, democratico, accogliente e rispettoso. Grazie a questa nostra Costituzione, guida chiara e precisa, il Paese ha superato crisi profonde della società. Ma la democrazia, strumento meraviglioso, poiché consente a ciascuno di esprimere le proprie attitudini, concetti, religiosità, ha un limite che è la sua estrema elasticità e libertà, che da strumento neutro qual è, può trasformarsi, se usata in modo costruttivo o distruttivo a seconda dell'intento con il quale la si usa. Così periodi di libero pensiero si alternarono nella storia a periodi di chiusura.
Sinusoidi che vengono chiamati corsi e ricorsi della storia, che definirei la resilienza di un governo che dallo stato di patologia recupera uno stato di benessere.
Lo abbiamo notato nei 14 mesi del governo della XVIII legislatura, che è stata cassa di espansione di un fenomeno di produzione di un crescente sovranismo di una forza di governo che, poco alla volta, ha fagocitato l'altra parte, populista, che lo componeva. Fenomeno che dapprima è stato osservato con sospetto ma consentito; poi con la crescita esponenziale di infiltrazione in ambiti di competenze diverse, soppiantandole e sovvertendone le priorità, ha spaventato per la similitudine a processi storici recenti e dolorosi. Ecco che alla richiesta “dei pieni poteri” si è costituito un fronte compatto ed inatteso tra forze politiche molto diverse, unite nell'arginare la deriva in cui il nostro Paese stava pericolosamente andando.
Ed ecco gli attori di questo percorso storico a cui abbiamo assistito: il Movimento 5 stelle, nato per raccogliere i malumori dei cittadini, per fare da catalizzatore della rabbia degli italiani che non trovavano più sponda ai loro problemi, bravissimi a fare opposizione in parlamento, a gridare, a voler aprirlo come una scatoletta di tonno, giunti sui banchi delle due camere con tanto di apriscatole, persecutori della casta e nemici giurati della Lega e del Partito Democratico; poi abbiamo la Lega di Salvini, arrivata al Governo provenendo dalla alleanza con Forza Italia e Fratelli d'Italia, coalizione che alle elezioni del 4 marzo 2018 arrivò al primo posto nelle preferenze degli italiani (attenzione, badiamo bene, come coalizione), come partito, invece, salì sul podio del terzo classificato. Lega che dopo averne dette di tutti i colori a quella metà d'Italia che si trova sotto il tropico del Po, che era ladrona, perditempo e truffaldina, improvvisamente divenne paladina dei problemi di tutti, ma proprio tutti, gli italiani; infine arriva il PD, partito che origina da una sinistra “nobile”, che ha lottato per abbattere le disuguaglianze sociali, per i diritti primari per tutti i cittadini, per una equa tassazione sulla base di chi ha e di chi non ha, un partito strutturato con una segreteria e articolazioni nei territori con sezioni quasi per ogni quartiere, partito che però ha smarrito la sua origine, sgretolato da un numero imprecisato di correnti ciascuna col suo rappresentante, perdendo di vista l'imprescindibile contatto con la gente ed i suoi problemi. Fatto che ha portato le persone verso il Movimento 5 stelle improvvisamente reclutatore di insoddisfatti, di anime senza più una casa, da destra e da sinistra.
Quello a cui abbiamo assistito nel ribaltone di un giorno di mezza estate, è stato foriero di una innumerevole serie di considerazioni, ha dato luogo a speculazioni, supposizioni e fantapolitica ed ha stravolto i palinsesti della televisione italiana, con maratone televisive e imbuzzate di politica a tutte le ore, attraverso le quali abbiamo capito che la politica non segue oramai logiche comprensibili ma bioritmi legati alla caratterialità dei singoli.
La relazione tra i due sottoscrittori del contratto di governo, tra alti e bassi, nella compatibilità di intenti e provvedimenti, si è di fatto arenata nella scissione dichiarata alla votazione europea per nominare il presidente della Commissione; ma già il solco tra i due si era scavato allo spoglio delle schede delle elezioni per le europee, dove la Lega sbancò a discapito dei compagni di governo ormai indeboliti da una politica più di assecondamento che di principi pentastellati. Dalle elezioni primaverili in poi, la Lega ha cominciato a pensare alla possibilità di governare con i compagni della destra della storica coalizione scrollandosi di dosso il traino dei sostenitori, come ha affermato più volte Salvini, dei no, di coloro che impedivano all'Italia di crescere per colpa della politica della decrescita felice.
Le percentuali di consensi in favore della Lega erano costantemente in crescita anche in virtù della propaganda anti migranti che ha costituito la forza del partito, ossia combattere il nemico, un nemico che era stato focalizzato nello straniero, nella pseudo invasione, nella inverosimile sostituzione etnica , emergenza che ha portato alla deliberazione dei due decreti sicurezza, emergenza incoerentemente poi sostenuta anche a fronte di dati fieramente dichiarati in diminuzione del 94 % degli sbarchi rispetto al 2017.
By the way! Direbbero gli americani, ma quale sarebbe stato il momento giusto per staccare la spina al governo, andare alle elezioni e fare cappotto di voti per governare sotto l'egida del sovranismo tanto caro a Salvini? Il gioco è stato al rilancio, mettere sul tavolo quante più carte a favore per arrivare alla più alta previsione di consenso di voti che gli avrebbe consentito di guidare l'Italia con tutte e due le mani anziché con una sola, e dopo le spiaggiate estive, ed i “bagni” di folla, il signore dalla cravatta verde credeva di avere in pugno la vittoria. Annuncia la crisi di governo, propone la sfiducia al presidente del Consiglio e si pregusta il progetto di una destra al potere, se non fosse stato per la mossa a sorpresa del cavallo, fatta da Renzi, che con una inaspettata offerta di sostegno agli abbandonati 5 stelle, diviene da nemico acerrimo, da diavolo per l'acqua santa, il salvatore della patria, garantendo una nuova maggioranza e scongiurando l'avanzata della destra, scongiurando anche il bagno di sangue economico per l'Italia, oltre al danno arrecato dalle manovre conseguenti alle misure di infrazione conseguenti dalla impossibilità di votare la legge di bilancio non potendo approntarla per ottobre con la formazione di un governo delle urne.
Il PD salva quindi capra e cavoli, in una seduta di aula a Palazzo Madama, animata da risentimenti, da proteste e da nuovi accordi prima impensabili tra partiti.
L'intervento di Salvini, durato 20 minuti, è stato un proclama accusatorio senza sconti e senza misura, che ha alla fine fatto sicuramente cambiare volontà di voto a qualcuno, per cui è stato meglio votare a favore del nuovo governo, per evitare una deriva di destra, piuttosto che per una piena fiducia in uno composto da due nemici storici.
Poco importa cosa si sono gettati addosso di parole il Movimento 5 stelle ed il Partito democratico in passato, ricordiamoci comunque che qualcuno, parecchi decenni fa, disse: “Se il tuo nemico non puoi combatterlo, allora diventane alleato”.