La Fondazione Modena Arti Visive in collaborazione con il Festival di Filosofia ha proposto dal 13 al 15 settembre una serie di mostre e iniziative sul tema designato di questa diciannovesima edizione: "Persona".
Ho intervistato il fotografo napoletano Vittorio Guida, in mostra con Where Are We Now?.
Partiamo dal titolo del tuo lavoro: Where Are We Now? Una domanda che colpisce per l'immediatezza con cui introduce la tematica universale del tempo, inteso in senso esistenziale. È una sfida a cercarsi dentro o una provocazione rivolta a un mondo fuori controllo?
Il titolo viene da un brano di David Bowie, in cui tra l’altro canta:
Twenty thousand people
Cross Böse Brücke
Fingers are crossed
Just in case
Walking the dead.
Penso che Bowie sia sempre stato un po’ più avanti di molti suoi contemporanei e che abbia prodotto brani che erano imbevuti di poetiche esistenziali e allo tesso tempo di denuncia sottile di un mondo in disfacimento. E forse inconsciamente mi sono in parte ispirato al suo modus operandi nel mio lavoro che poi è anche un “work in regress”.
Hai viaggiato tanto. È forse per questa ragione che hai deciso di esprimerti con una serie di opere multimediali? Quanto, questo tuo spostarti, ha influito?
Viaggiare serve a guardare fuori e dentro di sé. In Cina, dove ho “passato" 4 anni, sono stato affascinato dalle varie culture locali di quella sterminata nazione e sono stato colpito dal “culto” del grande Timoniere che viene ancora sfruttato in varie salse e, quindi, ho prodotto oltre a varie fotografie anche una scultura semovente di Mao Zedong, anche per inserire un po’ di ironia in una dittatura che ovviamente ne è completamente priva. Ovviamente non ho mai potuto esporre le sculture in Cina per motivi di censura, e sono contento che qualcuno ora possa finalmente vederle. Immodestamente penso che quest’allestimento di sculture sia pura Pop Art.
Daniele Pitteri, oltre a scrivere l'introduzione del primo volume dell'opera, edito da FrancoAngeli, aveva colto già nel 2014, quando è stato Commissario del Forum universale delle culture a Napoli, che le tue installazioni erano un potente mezzo espressivo di raccontare il mondo contemporaneo con un linguaggio universale. Come è nata l'idea della mostra alla Fondazione Modena Arti Visive in occasione del Festival della Filosofia a Modena?
Daniele Pitteri conosceva parte del mio secondo volume di questa possibile trilogia che è Where Are We Now?, ha presentato al direttore del Festival della Filosofia 2019 il mio lavoro del primo volume che è apparso perfetto per il Festival, il cui tema è “Persona”, declinato con molte sfumature diverse, fra cui quelle dell’identità, della maschera, del doppio, dell’altro da sé, etc. Pitteri, parla di un Primitivo Digitale. Uno alberga nell'altro o il digitale si sta lentamente discollegando dalla parte più sensibile, quella del contatto emotivo, lasciando solo l'impronta come segno di qualcosa che c'è stato? Il digitale, così come è sfruttato, ci allontana volutamente dal reale e penso che le nuove solitudini delle nuove generazioni potranno essere nel breve futuro un problema universale. Forse gli hikikomori in Giappone rappresentano in parte il concetto di primitivo digitale.
Il percorso espositivo si apriva con l’installazione scultorea che presenta un esercito di statuine di Mao Zedong rappresentato come “gatto della fortuna” (in cinese Zhao Cai Mao), seguita dalle due serie fotografiche che vedono, invece, protagonisti: un robot di ultima generazione, capace di movimenti autonomi e un grillo “metallizzato”, insetto tenuto comunemente in cattività in Cina come animale da compagnia o da combattimento. Infine, i due video Where Are We Now? Volume 1 e Volume 2 (di cui il secondo inedito e prodotto appositamente per questa mostra) che contengono una serie di immagini che fanno coesistere temi e generi, fotografia diretta e montaggi digitali, rispecchiando la mutabilità del mondo contemporaneo. Come pensi che abbiano dialogato le tue opere con quelle degli altri artisti in mostra Luisa Menazzi Moretti e Tommaso Mori?
Non ho visto le opere dei due artisti, ma penso che il dialogo a distanza sia possibile e facile, vista l’ampiezza del tema “Persona” del Festival a cui sono collegate le mostre.
Su quello che è stato un centro sociale e d'arte contemporanea a Berlino c'è ancora la scritta "How long is now". Quando quest'estate ci sono passata davanti mi ha ricordato Where Are We Now? Cosa ne pensi? Potrebbero avere un destino in comune?
Penso di sì, nel senso che ora più che mai sia il momento di farsi delle domande anche se molta arte contemporanea è ancora ripiegata sul decorativo e sul formale. Nascono sempre tendenze e mai Movimenti artistici come nel passato, ma è ovvio in un mondo omologato che vuol dare un’immagine di sé rassicurante e politically correct. Ma il discorso sarebbe molto lungo...