Se la musica è l'arte della Musa, allora non può autovalutarsi, cioè non è possibile comprenderla solo musicalmente. Già Carmelo Bene riprese più volte una frase di Tommaso Landolfi secondo cui “non si può far letteratura con la letteratura né musica con la musica...”, nel senso che l'arte è tale se trascende la tecnica, i limiti di una specifica disciplina, pur agendo ed emergendo dentro un'abilità, dentro un linguaggio. Accade qualcosa di simile nella musica di Nicoletta Filella, che amo definire “musica visiva, visibile”, nel senso che se ne apprezza una vigorosa fisicità, un vibrante ritmo portante, coniugato ad un senso di immediatezza evocativa, come risuonasse per generare immagini in movimento. Una musica sempre circolare, il cui tempo include la propria dinamica senza risoluzione che non sia il perpetuarsi. Una musica popolare nel senso che assorbe ed educa chi ascolta alla propria tavola di colori conducendolo dentro con slancio e vigore. Una musica che resta aperta semanticamente come l'inizio di un fenomeno onirico: presente ma non ancora perimetrabile.
È sempre un paradosso autodefinirsi. Specie per artisti camaleontici come appari tu. Interprete, compositrice, pianista, psicologa. Quale Nicoletta prevale?
Nicoletta è l'insieme di tutti i sostantivi che hai usato, più tante altre cose, ma innanzitutto è una persona innamorata della vita e dell'arte, specialmente della musica. A tal riguardo mi sento una sua servitrice. Sento che le devo molto, che devo molto alla musica classica, dalla quale provengo come formazione e studio: senza comporre, studiare, scrivere, non posso davvero vivere. La musica è l'aria che respiro e l'acqua che bevo per sopravvivere. È il mio conforto, il mio rifugio, il mio presente, il mio passato, il mio futuro, ma anche il mio tormento, soprattutto quando devo esercitarmi per ore ed ore o scrivere brani durante interminabili giornate. Concludo dicendo che sono ciò che ho imparato a fare, prima ancora di essere. Sono il risultato di studio, passione, dedizione, vocazione, esercizio, ricerca del perfezionismo. Il tutto sin da quando ero in grembo materno, anche mia madre è un'ottima pianista classica ed è a lei che devo molto, oltre che alla mia talentuosa insegnante di pianoforte, Graziella Sbarrato.
Riguardo alla parte da psicologa è assolutamente importante e a pari merito con quella della musica. Amo le mie professioni e specializzazioni e non voglio assolutamente rinunciare a nessuna delle mie risorse e competenze. Tra le altre cose, sto iniziando a studiare violoncello. È come se mi mettessi costantemente alla prova, entusiasta della vita e di conoscere, avvicinarmi anche alle cose a me sconosciute, felice di farlo, pronta ad accogliere sempre realtà nuove e diverse dalla mia come fonte di ispirazione e confronto costanti.
Nelle tue creazioni musicali si coglie una basa tecnica solida, tradizionale, sulla quale sembri poi prendere il volo giocando, sperimentando, incrociando culture differenti, come quando reinventi Amara terra mia di Modugno con toni e ritmi balcanici, non poche volte da te valorizzati, e inserendo anche strumenti non facili da orchestrare, come la tuba.
Tutto nasce solo e sempre dalle mie radici classiche. Come sai mi sono diplomata in pianoforte molto giovane, all'età di 18 anni. Ho trovato la mia fonte di ispirazione primaria nei compositori romantici, classici e nel periodo barocco. A pari merito ad oggi metto anche la natura, con i suoi colori e le passeggiate sui colli piemontesi, dai quali provengo ed il silenzio, la solitudine nel senso di ritiro spirituale e contemplativo. Non è in compagnia e circondata dal caos che riesco a comporre, ma solo dopo ore di concentrazione, in cui mi allontano da tutto e da tutti, seppur io resti sempre con i piedi per terra, connessa con il mondo. Certamente mi sforzo anche nel prendere del tempo per me, per sedermi al pianoforte e far nascere qualcosa di nuovo, di vero, di creativo, come dici tu. Più che interpretazione direi che si tratta dell'arrangiamento del brano di Modugno, nato dalla collaborazione con il musicista e produttore sudafricano Bruce Stevens e con la meravigliosa orchestra balcanica macedone, la Kocani Orkestar, che come sai lavora da anni con il noto musicista Goran Bregovic. L'arrangiamento parte dalla identificazione assoluta con le mie origini calabresi, da parte di padre, con la nostalgia di terre lontane e sofferenti, con il riconoscimento del dolore che accomuna tutti i migranti: i vari passaggi sonori procedevano nel video con le immagini di personaggi semplici, reali di lavoratori della terra, del mare, delle tradizioni locali del sud, della natura umana e animale, del folclore religioso.
Nel tuo video del tuo tango ambienti a New York, dove suoni il pianoforte per le strade affollate della metropoli, si coglie una profonda sensibilità visiva, un'attenzione ritmica e performativa anche per la dimensione video della tua musica, che spesso avverto contenere un'efficace capacità immaginativa. Una musica che produce visioni...
New York è una città che colpisce, che ti entra nel cuore come un colpo di fulmine e così è stato per me. In realtà ho scritto Verso-Tango a New York tra l'Italia e l'Inghilterra dove lo registrai, a Brighton, nel 2015. Oggi il brano fa parte del mio secondo disco ALTRE ME e si trova su Spotify e rappresenta il "doppio" come alterità come molteplice sfaccettatura della personalità come metafora dello scavo interiore. Nell'estate 2016 poi decisi di andare in America per la prima volta, per trascorrere un po' di tempo con me stessa, in cerca di ispirazione compositiva, per incontrare nuovi mondi e culture: avevo voglia di andare da sola in un posto in cui non ero mai stata, in cui non conoscevo nessuno, anche per mettermi alla prova. Non appena misi piede a New York, subito dopo l'atterraggio presso l'aeroporto John Kennedy, ebbi la sensazione che quella fosse la mia città? Andai a vivere nel quartiere di Brooklyn, prima in quello latino, poi in quello multietnico di Williamsburg e lì conobbi un sacco di persone, specialmente artisti grazie ai quali ho potuto conoscere la vera New York, o meglio quella più vicina a me in termini di interessi e di arte, musica, pittura, sogni, sperimentazioni. A questo punto della storia, decisi di chiamare dall'Italia il regista con cui collaboravo già Stefano Poletti e da lui son sbocciate altre idee. Abbiamo girato praticamente il video noi due da soli senza l'aiuto di nessuno, con le nostre forze e la passione del mio brano, del mio Tango. Un tango appassionato e ritmico, forte e melodico: un doppio.
Mi ha colpito anche la tua comunicatività nel volto e nello sguardo. Spesso mentre suoni e canti guardi chi ti ascolta e guarda, come a voler comunicare in modo intensivo, sinestetico, traboccante.
Se intendi che mentre suono e canto i miei pezzi, le mie creazioni artistiche, cerco lo sguardo delle persone che sono al mio concerto per me, allora sono d'accordo. Pienamente d'accordo. Cerco il loro sguardo, seppur io riesca a non deconcentrarmi, per capire come reagiscono alla mia musica, alla mia personalità sul palco, se sono partecipativi ed in che modo. Hai inoltre notato che guardo anche molto il pianoforte, che mi appartiene, mentre suono, che sono concentrata e ho tutto sotto controllo, miei musicisti inclusi? Guardo molto anche loro!