Dalen è un cantautore e polistrumentista calabrese, che ha nel suo curriculum esperienze importanti con Roberto Vecchioni, Alex Britti, Brunori Sas, Matia Bazar, Joe Bastianich, Raiz e Sud Sound System. Mentre sta preparando il suo primo album completo, è uscito Emigrato, il suo nuovo singolo che lui stesso definisce un’ibridazione fra il cantautorato e la techno, una sorta di cantautorave: “Quando ascolto musica, a volte succede che mi interessano i testi - ribadisce -però la musica magari mi annoia, oppure il contrario con testi banali, e bella musica, magari da ballare. Con Emigrato volevo entrambe le cose: è una canzone per il culo, e per il cuore. Si balla mentre si ascoltano versi importanti, e veri”.
Riepiloghiamo le varie fasi della sua gestazione...
Il singolo parte con una frase/sogno. Un ricordo della mia infanzia, che arriva ad oggi attraverso i molteplici piani di lettura della canzone È un brano stratificato sia nel tempo, che nelle argomentazioni, racconta le sfumature emotive di chi nasce al sud. Un sud che viene fatto odiare ai propri figli già in tenera età, da genitori che si assicurano che la prole vada via per realizzarsi altrove. Anche però, un sud che piange i propri figli partiti, che non torneranno mai più, se non pochi giorni all'anno. Altro sguardo, un sud che vive il territorio odiandolo, e uno che invece lo esalta, proprio perché è emigrato.
L'insieme di questi sguardi, osservano la rincorsa sfrenata di un uomo, insicuro, povero di strumenti, che scappa, disconoscendo il luogo natio, e che immola la propria vita, per il potere. Un potere economico, ignorante, anacronistico, che raggiunge senza mai porsi una domanda, o un dubbio, senza un briciolo d'etica, che lo porterà al suicidio. Mi sembra giusto parlare di quest'ultimo aspetto, visto che raggiungere il potere, a prescindere da quali siano i mezzi, e tralasciando l'etica, e il bene comune, sia diventato un must.
Quando e come ti sei scoperto musicista?
Nonostante io abbia deciso di fare questo mestiere da adulto, e abbia iniziato a scrivere canzoni poco più di due anni fa, il momento iniziatico alla musica risale alla mia infanzia. Ero con mio padre, insieme ad altre persone, in una sorta di giardino molto spartano, in una casa di mare in Calabria. Loro erano seduti in cerchio sulle sedie, cantavano canzoni con le chitarre, e battevano coperchi di pentole. Vedendoli, ho sentito una gioia dentro che ricordo ancora. Ho preso le ciabatte di mio padre, e ho iniziato a suonare seguendo il tempo. Quello è stato l'inizio di tutto.
Quali sono stati i tuoi principali riferimenti ed ispirazioni?
La buona musica! Sono un ascoltatore onnivoro, non ho limiti. Non ho mai avuto nessun tipo di difficoltà ad ascoltare uno dietro l'altro, un brano di John Coltrane, prima di uno di Lazza, e poi Tupac, Rachmaninov, Pino Daniele, Beyoncè, Sud Sound System, o Calcutta. Se mi fa vibrare, non mi importa cos'è, per me è semplicemente buona musica, e me la prendo!
Come riassumeresti la tua vita in poche righe?
Sono un ragazzo nato in Calabria, vissuto già da bambino nel nord Italia. Da adolescente ho trascorso diversi mesi negli U.S.A., e successivamente in diverse capitali europee, l'ultima Berlino per quattro anni. Dopo gli anni di vita all’estero sono rientrato nuovamente in Italia. Durante il Covid mi sono ritrovato per alcuni mesi da solo, in una casa vicino la Sila calabrese, lì ho iniziato a scrivere le mie prime canzoni. Così nasce il mio primo singolo, “Crotone”, grazie al quale sono iniziati il mio attuale percorso musicale, i tour nei club, teatri, e piazze e gli incontri con artisti italiani del panorama internazionale e nazionale. Alex Britti, Brunori Sas, Matia Bazar, Joe Bastianich, Sud Sound System. L’ultimo, in un senso cronologico, Roberto Vecchioni, con il quale ho presentato dal vivo Emigrato.
Hai spesso cantato della Calabria, per un lungo periodo della tua vita l'hai vissuta da lontano: che impressione ti faceva e come l'hai ritrovata adesso che ci sei tornato?
Fin da bambino, ho sempre vissuto la Calabria in maniera ciclica, e continuo a farlo tutt'ora. Io mi sento un figlio di questa terra, ma lei non è la mia unica madre. Sono nato per essere figlio del mondo. Ogni volta che ritorno, la trovo lì ad aspettarmi, nello stesso luogo. Anzi, a volte vedo che i suoi acciacchi peggiorano, invecchia, gli anni passano per tutti. Credo che la cosa che la faccia soffrire di più, sia la solitudine. Non deve essere facile per una madre perdere i suoi figli migliori, quelli nati sotto la stella del riscatto, del cambiamento, del sogno da realizzare altrove.
Credo di essere un buon figlio, non ho mai voluto salutarla definitivamente, e anche se non sto con lei tutti i giorni dell'anno, sia per indole, che per le regole del mio mestiere, trascorriamo in modo continuativo molto tempo insieme, e di ottima qualità. La qualità è più importante della quantità. Quando ritorno, le porto sempre in dono ciò di cui i miei occhi si sono nutriti altrove, così facendo le regalo un piccolo rinnovo. Probabilmente è più fruttuoso fare così che vivere in un solo luogo, smettendo di sognare.
Cito il paesologo Franco Arminio: “Qui se ne sono andati tutti, specialmente chi è rimasto”. Oggi per me la Calabria è la possibilità di vivere un pezzo di vita originale. In un certo qual modo, lontano dagli stereotipi materialisti di questo tempo. Un lento e semplice stile di vita, molto diverso dai luoghi che raggiungo per lavorare con i miei collaboratori. Qui riesco a creare le canzoni che sento di voler scrivere.
Quali ritieni sia stata la più grande soddisfazione artistica della tua carriera?
Condividere il palco con Roberto Vecchioni. Si, condividere il pacco con il Prof. Roberto. Prima di tutto per la circostanza, è stato tutto casuale, l'incontro, l'idea di salire su quel palco, tutto. E poi per il motivo scatenante. Per Vecchioni le mie canzoni hanno un valore che merita di essere mostrato al grande pubblico. Quando ad un emergente indipendente come me, accade questo... Gli altri motivi sono nella bellezza del luogo che abbiamo condiviso. Il Teatro Europauditorium di Bologna è uno dei teatri più grandi d’Italia, con una raffinatissima qualità acustica, e un impatto scenico da mozzare il fiato. L'emozione è stata tanta, mai così tanta per me. E poi per la magia che Roberto ha dentro. È una persona rara, lo capisci subito, basta incrociare il suo sguardo e la sua attenzione, magari succederà di scrivere qualcosa insieme.
Chi sta realizzando delle cose musicalmente interessanti in Italia in questo periodo?
Ho trovato belle alcune idee, nel nuovo lavoro di Calcutta. Un live che mi ha sorpreso, quello di Daniela Pes. In questo periodo il disco che ascolto di più è uno strumentale per sola chitarra, Vorrei bastasse di Giovanni Baglioni, e poi Rutti, il nuovo singolo di Morgan.
Cosa ti aspetta da qui al termine dell'estate?
In questo momento interviste e promozione per la nuova uscita. Tra qualche giorno uscirà anche il videoclip, altra promozione. Dal fine giugno a tutto ottobre, sarò in giro con Emigrato Tour in 18 regioni italiane, anfiteatri, festival, piazze, teatri, e club. Un Solo live show molto dinamico, con alcuni momenti di cantautorato intimo, e dei climax prorompenti, da ballare. Il set up sarà composto da quattro chitarre, due elettriche, due acustiche, 6 e 12 corde, drum machine, loop station, modulatori. Parallelamente ai miei live, salirò sui palchi di alcuni degli artisti italiani di cui vi parlavo prima, per fare da apertura ai loro concerti. Quest’estate aprirò anche i concerti a due nuovi artisti della scena nazionale. Non vi dico chi però, vi lascio la sorpresa che potrete scoprire sui miei social, quando saranno rese ufficiali le date.