Riuscite ad immaginare un papà che la mattina, anziché recarsi al lavoro in giacca e cravatta conducendo con sé la sua valigetta, indossa una tuta da ginnastica, scarpe comode e si infila nel bosco alla ricerca degli Esseri Elementali del Piccolo Popolo con cui comunicare, portando con sé solo lo scrigno della sua Fantasia? Nel suo abito mentale più primitivo di un mondo arcaico ancora bambino? Quanti bimbi vorrebbero poter seguire ogni giorno un padre come questo?
La società dei ‘Cosiddetti sani’, potrebbe anche considerarlo un disadattato o addirittura un paziente psichiatrico, completamente estraneo al sistema e forse anche pericoloso per i possibili attentati che compie incessantemente contro quel ‘pensiero a una dimensione’ verso il quale è stata condotta la nostra Società.
Ma agli occhi di un figlio quale eroe potrebbe celarsi dietro questo padre che la società dei consumi non è riuscita a programmare? Sono certa che sarebbe il beniamino nelle vostre immense case del gioco, ma per vostra sventura questa fortuna è toccata solo a Francesco e ad Alessia, figli, per l’appunto di Mirco Maselli, fumettista, illustratore, sceneggiatore e autore umoristico nonché Fantasy. Un uomo bambino che costruisce Sogni per se stesso e per quelli che hanno perduto la capacità di sognare. Un antieroe che tutti i giorni entra nel bosco dei Colli Euganei - a sud di Padova dove abita da sempre - e ingaggia estenuanti battaglie contro gli omologati, i benpensanti e gli obesi del consumo. Un ecologista ante-litteram, nell’animo ancor prima che nel pensiero, capace di avere una visuale originale del mondo dal punto di vista privilegiato di chi guarda l’umanità in funzione della spazzatura che produce e riesce a sorriderne e a suscitare ilarità, con la compassione, però, di chi si preoccupa delle generazioni future e di quello che il nostro mondo si prepara a lasciare loro in eredità.
Da dove nasce il tuo interesse per l’Immondizia e perché è così importante per te e per la Casa Comune dove viviamo il tema dei rifiuti?
Il mio interesse per l'ecologia è nato nella metà degli anni ‘80, grazie a un gruppo di coetanei che già allora operava, teoricamente e praticamente, nel Paesino dove vivo tutt'ora, per contribuire a far nascere in Italia una cultura ambientalista. Mi unii a loro, all'epoca avevo tutto da imparare, e fondammo con le loro idee e i miei disegnini un giornalino locale, che poi divenne anche Associazione Culturale, la Vespa. Era soprattutto il problema dei rifiuti ad attirare la nostra attenzione e in particolare la consapevolezza che bisognava assolutamente ridimensionare la diffusione della plastica e il concetto di usa e getta dalle nostre vite. Eravamo dei veri antesignani in Italia. Ne sono fiero ancor oggi! Poi certo io trattai l'argomento attraverso la mia professione. Ho scritto anche qualche storia di Lupo Alberto incentrata sul problema rifiuti ed ecologico insieme. E il nero genio del Male, Cattivik, viveva letteralmente tra i rifiuti, quindi li disegnavo ogni giorno… ma questa è un'altra storia!
Oltre che per Cattivik - il nero mostricciatolo che vive tra i cassonetti - hai collaborato per una ventina d’anni con Silver alla sceneggiatura delle storie di Lupo Alberto, cosa ti ha insegnato questa simpatica Fattoria degli Animali?
Per la prima volta ho potuto costruire come sceneggiatore una narrativa corale. Gestire narrativamente una serie di caratteri psico-sociali e farli interagire costruendo una rete di situazioni comiche brillanti, ma qualche volte anche "drammatiche", è sicuramente più difficile che non elaborare le avventure di un solo personaggio, come era Cattivik appunto, ma anche altri miei che avevo in serbo prima e durante. Impari molto, perché ti abitui finalmente a vedere oltre, a contemplare punti di vista differenti. È una scuola di empatia se vogliamo. E da allora infatti è diventata una sorta di deformazione professionale per me. In ogni situazione immaginaria o reale sono abituato ora a chiedermi da quanti punti di vista la posso analizzare ed elaborare mentalmente e cercare di prevedere ogni dinamica causata dall'interazione di più soggetti, con personalità e istanze diverse e spesso contrastanti.
Lupo Alberto si ostina a voler stare nel bosco, anche tu vivi al limite del bosco, quanto tu somigli a lui?
Sì, lo ammetto, ci somiglio abbastanza. Anche se inizialmente ero più preso dall'intrigo dell'ombra rappresentata da Cattivik. Lo sentivo più mio all'epoca, forse perché, come tutti i giovani, ero un pizzico arrabbiato col mondo. Vedevo Lupo Alberto più mite e forse un po' codardo... una sorta di perfettino alla Topolino. Ma mi sbagliavo. Forse era solo invidia perché le sue performance economiche erano ‘moooolto’ più vistose di quelle della nostra puzzolente macchia di inchiostro (in redazione eravamo proprio due gruppi diversi ad occuparci dei due personaggi). Quando cominciai ad occuparmi del lupo mi resi conto, conoscendolo meglio, che invece era più simile a me, timido impacciato mite e perennemente innamorato, ma senza rinunciare a un pizzico di ironia e sarcasmo, che prima invece credevo appannaggio del solo Cattivik. Sì, decisamente sono più rilassato e mite Lupo che sfigato puzzone cattivone emarginato… In entrambi i casi li definiremmo perdenti, ma non lo sono affatto! A loro proprio non interessa minimamente vincere o perdere, sono cazzat… ehm... sovrastrutture borghesi.
Hai svolto il ruolo del fumettista come disegnatore e come sceneggiatore, che relazione esiste tra questi due ruoli?
Ho fatto entrambe le cose, ma con Lupo e Cattivik sceneggiatore. Per il semplice fatto che il Silver notò che avevo una certa destrezza e velocità nello scrivere storie e inventare gag, mentre ero molto lento a realizzare i disegni con uno stile che non poteva scostarsi troppo da quello suo originale (sono sempre stato molto restio ad adottare stili grafici diversi dal mio), quindi pensò bene di propormi di iniziare come autore dei testi. C'era sempre una gran fame di testi, divertenti o anche di riflessione, e nel mondo dei fumetti era ed è sempre stato più facile trovare abili disegnatori che non abili scrittori. Quindi ascoltai il consiglio, gli sfornai dalle due alle tre storie ogni mese per circa vent'anni e relegai la mia attività grafica ad altre esperienze personali. Feci bene perché ora devo a quel prolificissimo periodo la mia elasticità nell'inventare storie oltre che nel disegnarle. Con i disegnatori di entrambi i personaggi ebbi una collaborazione che definirei idilliaca, non ci furono mai incomprensioni e screzi tra noi. Apprezzavano le mie sceneggiature, che comunque fornivo "disegnate" non dattiloscritte: i cosiddetti layout, ovvero una sceneggiatura disegnata spesso ricca di dettagli grafici che agevolano la trasformazione definitiva dei disegnatori. E io sono sempre stato contentissimo della loro interpretazione grafica della storia. Deve esserci una relazione armonica tra le due figure professionali, quasi come se fosse uno solo a scrivere e disegnare la storia a fumetti. Quello che mi è capitato sempre di fare invece nelle mie storie personali. E giuro che il disegnatore che è in me non ha mai litigato con lo sceneggiatore che è in me…
Preferisci la figura dell’eroe o quella dell’antieroe, e perché?
L'Antieroe mille e mille volte. Quando vado nelle scuole a parlare di fiabe, prendendo a pretesto il mio ‘Hogard Faccia di Drago’, parlo proprio ai bambini di questa differenza: l'eroe bello forte e coraggioso, che equiparo al Supereroe ovviamente, e poi l'antieroe, sfigato e magari debole e bruttarello, che è chiamato dalla situazione a farsi forza e sfidare potenze più grandi di lui intervenute nella storia a minacciare e perseguitare la sua esistenza e/o quella della sua comunità. Io questi li chiamo EROI PER CASO. Nel senso che non nascono eroi dall'inizio della storia, è il caso a determinare la loro evoluzione in eroi, da semplici comparse quali erano in principio. Il fato interviene a destabilizzare una situazione di partenza neutra o idilliaca, o comunque pacifica, inserendo la categoria del male che, come il Nulla che avanza della Storia Infinita, interviene contro gli altri soggetti presenti nella storia e lo stesso protagonista. Qualcuno si deve far carico di escogitare qualcosa per ostacolare i piani malvagi e deve trovare il coraggio di combattere il male, anche quando invece se ne sarebbe stato volentieri a ciondolare nel suo giardino osservando le nuvolette di fumo uscire dalla sua pipa, come Bilbo Baggins. Ecco, questi omini qualunque che sono costretti dalla vita a guardarsi dentro e scoprire la forza che pensavano di non avere, questi sono gli eroi che preferisco, perché mi ricordano molto qualcuno da vicino. Io, tu, noi, che lottiamo ogni giorno per la nostra parte di felicità senza sottrarla a nessun altro, anzi, lieti di offrirne una fetta ai nostri simili quando li vediamo in difficoltà.
Quanto è importante l’ironia e la leggerezza nella tua vita?
Fondamentale direi. E questo da sempre. Anche nel periodo dei miei trent'anni in cui inconsciamente facevo prove di alienazione dal mio sé interiore. Anche allora ero comunque ironico e leggero. Non è che non mi prenda sul serio, è che le maschere pesano e soffocano e rendono i rapporti umani una farsa, un patetico balletto di Corte. E io questo lo detesto! Preferisco mostrarmi per quello che sono e indurre gli altri ad alleggerirsi, se possono. Solleticare, come facevano le pulci nel Settecento, forse induce a togliere cerone e parrucca in modo naturale, come una liberazione. Ecco, faccio la pulce, magari non nell'orecchio ma nell'occhio…
Cosa farai quando diventerai davvero grande?
Viaggerò! E vi manderò tante cartoline, disegnate da me!
Grazie infinite cara Patrizia!