Non la sappiamo ancora, a cinque anni di distanza. Non la sappiamo tutta. Ma molte cose già le sappiamo a sufficienza. Una di queste la conosciamo perfettamente e possiamo documentarla: che la Commissione d’inchiesta ufficiale sulla tragedia, che ha sede in Olanda, ha mentito, ha truccato o ignorato le informazioni disponibili, ne ha nascosto di essenziali, ha svolto un ruolo politico vergognosamente di parte. Insomma non è una commissione d’inchiesta ma uno strumento di diversione, costruito per ingannare l’opinione pubblica internazionale. Vedremo più avanti a quali scopi.

Posso dirlo con cognizione di causa perché ciò che stava per accadere lo sapevo in anticipo, sulla base di documenti che non sono mai stati smentiti e che pubblicai insieme a Pino Cabras sul sito Megachip.info, e li replicai con un chiarissimo editoriale della web tv che dirigo, alla fine del mese di agosto del 2014.

Torniamo dunque a quei tempi, di cinque anni fa, che succedettero al disastro, avvenuto nei cieli dell’Ucraina in guerra contro i “ribelli” del Donbass, dopo il colpo di Stato di “Euromaidan” del febbraio di quello stesso anno, guidato dalla CIA e che portò alla destituzione del legittimo presidente ucraino, Viktro Janukovic.

Ricordiamo le date. Il Boeing MH17 della Malaysian Airlines fu abbattuto il 17 luglio 2014. L’intera stampa e tutte le televisioni occidentali — senza eccezione alcuna — non esitarono nemmeno un secondo a additare la Russia e, personalmente, Vladimir Putin, come autrice e/o mandante del massacro. Pochi giorni dopo l’Unione Europea e gli Stati Uniti fecero scattare le sanzioni economiche contro la Russia, proprio facendo leva sull’emozione internazionale, e solo su di essa. Non è un’esagerazione affermarlo, poiché a quel momento non potevano esservi prove conclusive: l’inchiesta sulle responsabilità dell’incidente, in cui persero la vita 298 persone, non era ancora nemmeno cominciata.

Noi, invece, eravamo giunti a conoscenza di singolari avvenimenti che, nelle settimane successive all’eccidio, si erano consumati nelle segrete stanze delle cancellerie occidentali. Ed è quindi opportuno che io riferisca, punto per punto, quello che rivelammo, documentandolo.

“La notizia — scrivevamo allora — è questa: l’Ucraina, l’Olanda, l’Australia, e il Belgio hanno firmato un “Non disclosure agreement”, ovvero un accordo per non rendere noti i risultati ottenuti fin qui dall’inchiesta del volo MH171. A parlarne è stato il portavoce del Procuratore Generale dell’Ucraina, Jurij Bojcenko, nel corso di un briefing tenutosi il 12 agosto.

Le fonti dalle quali avevo attinto la notizia erano l’Agenzia Interfax-Ucraina e l’agenzia filogovernativa UNIAN. Naturalmente ricavate dal web poichè nessun organo del mainstream occidentale le riprese. Per la verità sfuggirono anche a tutti i media russi. Torno alla citazione del pezzo “d’epoca”.

“L’esponente della magistratura ucraina ha definito questo accordo quadripartito “senza precedenti”. È stato infatti firmato, irritualmente, mentre stavano indagando le autorità competenti senza il coinvolgimento dei ministri degli esteri dei paesi coinvolti2. Pertanto il livello politico di governo è schermato, mentre la decisione formale sul segreto di Stato rimane in capo, in apparenza, solo a un livello “tecnico”. In realtà il peso politico dell’accordo internazionale è confermato da un passaggio successivo. Dopo la firma, la Verkhovna Rada, il parlamento dell’Ucraina, ha ratificato l’accordo e ha consentito la partecipazione aggiuntiva alle fasi tecniche dell’inchiesta da parte del personale specializzato della Malaysia, paese direttamente interessato e colpito dalla tragedia. La squadra dei firmatari (e decisori) comprende dunque, oltre all’Australia, due paesi della NATO, Belgio e Paesi Bassi, anche se il Belgio ha avuto solo quattro vittime (come, ad esempio, la Germania, che però in quell’accordo non figura, ndt 2019). Ma non comprende, in sede di decisioni, la Malaysia.

Ma il vero paese-chiave è l’Ucraina, cioè il primo responsabile del controllo del proprio spazio aereo, che ottieme una sorta di diritto agli “omissis” dai partner dell’inchiesta. I risultati dell'indagine saranno pubblicati una volta che essa sarà completata soltanto se prevale un accordo di consenso di tutte le parti che hanno firmato l'accordo. Cioè ognuna delle parti, se ha interesse, ha diritto di veto alla pubblicazione. Il tutto “senza dover offrire ulteriori spiegazioni”.

Quello qui riportato è, in parte, ciò che scrivemmo dopo poco più di un mese dalla tragedia. E tutto era già, come si può vedere, chiarissimo. Chi autorizzò quel patto scellerato tra quattro paesi non è mai stato rivelato. Ma il patto è documentato dalla votazione della Rada. La decisione era inspiegabile ed è rimasta tale. “Ulteriori spiegazioni” non saranno date. I criteri di quell’operazione non sono stati rivelati. Ma erano chiarissimi per chi voleva vederli. Nessuno volle vederli. La nostra pubblicazione fu ignorata.

I quattro paesi scelti erano tutti sotto il diretto controllo della Nato e degli Stati Uniti. Ed erano paesi apparentemente secondari, di secondo piano. Si noti che tutti i grandi protagonisti qui non appaiono. Non ci sono gli Stati Uniti, né Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia. Non c’è neanche l’Unione Europea. Obama, Merkel, Hollande, Cameron, Renzi, Barroso restano dietro le quinte. L’associazione a delinquere viene affidata ai comprimari. Il quarto è un convitato di pietra: l’Ucraina, appena uscita da un colpo di Stato sostenuto da nazisti (Settore Destro) e ultra nazionalisti di Svoboda, che portano in piazza i ritratti del loro eroe, il collaborazionista nazista Stepan Bandera. Un convitato inammissibile in quanto in pieno conflitto d’interessi, essendo il primo sospettabile e sospettato in quanto l’incidente era avvenuto nello spazio aereo sotto il suo controllo.

Al probabile co-organizzatore del delitto viene garantito in anticipo il diritto di vietare a tutti gli altri la possibilità di rivelare le verità che eventualmente (per caso o per imprudenza di qualcuno), emergessero. Doveva essere una bugia blindata, al riparo da ogni scoperta. L’obiettivo, evidente, era quello di mettere sotto accusa la Russia. Nell’immediato sottoponendola alle sanzioni. Nel lungo termine costringendola a difendersi dalle accuse fabbricate nel frattempo e fatte uscire con il contagocce, senza contraddittorio, negli anni successivi, da un presunto Joint Investigation Team, la cui legittimazione è interamente da definire. Ed è, tra l’altro, sbalorditivo che il governo della Russia non abbia sollevato ufficialmente questo problema fin dall’inizio della cosiddetta “inchiesta”.

È quello che è accaduto in questi cinque anni. Ci sono state, nel frattempo, diverse inchieste delle grandi televisioni occidentali. Nessuna delle quali, tuttavia, ha nemmeno preso in esame le controdeduzioni ufficiali russe, estremamente accurate e sicuramente importanti, visto che le forze armate russe stavano osservando la situazione molto da vicino e minuto per minuto. Comunque lo scopo di queste inchieste “giornalistiche” era un pleonasmo: ripetere in varia forma la “versione ufficiale”. Che, per altro, era solo uno stillicidio di dichiarazioni incomplete, reticenti, provvisorie. Né poteva essere altrimenti perché la cosiddetta JIT non risulta che si sia recata sul posto a raccogliere informazioni dirette, invocando — sbalorditivamente — la “pericolosità” dell’area.

La Malaysia, con i suoi 44 morti, fu ignorata totalmente. Fino a ieri. Ma la bandiera malaysiana appare alle spalle della presidenza del JIT, quando presenta le sue “conclusioni” alla stama mondiale, che fatica a raccapezzarsi. Ma anche questa è una falsificazione. La Malaysia non ha partecipato ufficialmente all’indagine. E a dirlo, a cinque anni di distanza è il presidente della Malaysia in persona, Mohammad Mahatir. Il quale, senza mezzi termini, denuncia l’esclusione della Malaysia dall’indagine (“mentre noi dovevamo essere i primi a prendervi parte”); afferma di non accettare” la versione offerta al mondo, perché “loro non hanno esaminato né le cause dell’incidente, né le responsabilità e hanno deciso che è stata la Russia”.

La formidabile inchiesta indipendente di Bonanza News, “Alla ricerca della Giustizia”, condotta dal team del gionalista olandese Max van der Verff rivela clamorosamente quante fake news — organizzate dai servizi segreti ucraini, con la complicità dei colleghi americani e con quella del mainstream occidentale — sono state somministrate in questi cinque anni ai pubblici già formattati dell’Occidente.

Cinque anni fa scrivevamo una facile profezia: “Il grande silenzio mediatico che ha ormai avvolto la vicenda fa presumere che i risultati dell’indagine siano effettivamente secretati e che la perizia finale non sarà diffusa (lo sarà solo dopo qualche anno)”. È andata peggio. Qualcosa è uscito, ma risulta clamorosamente falsificato. Ora bisognerà far tacere la Malaysia. Nel frattempo l’Occidente prosegue imperterrito ignorando la realtà effettuale delle cose. Fino al punto da emettere dichiarazioni come quella, recentissima, del Consiglio d’Europa, che intima alla Russia di “accettare le proprie responsabilità”. Siamo di fronte all’impudenza del lupo, che si appresta a mangiare l’agnello. Ovvero si parla con il linguaggio dell’Inquisizione: se non ti dichiarerai colpevole, ti puniremo. Il loro problema è che, per ora, non possono farlo. E non possono nemmeno impedirci di ricordarglielo.

1 Il corsivo è mio ed è dell’agosto 2019.
2 Di nuovo il corsivo è recente.